Riconoscimento Continuazione: No se i Reati Sono Eterogenei e Lontani nel Tempo
L’istituto della continuazione nel reato rappresenta un pilastro del nostro sistema penale, finalizzato a mitigare la pena per chi commette più violazioni di legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini per il riconoscimento continuazione, negandolo in un caso di reati molto diversi tra loro e commessi su un lungo arco temporale. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti alla Base del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con diverse sentenze definitive per una serie di reati. La richiesta, presentata in sede di esecuzione, mirava a ottenere il riconoscimento continuazione tra questi reati ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale. I reati in questione erano di natura molto diversa, spaziando dal porto e detenzione di armi al furto, dalla ricettazione alla rapina, fino al danneggiamento seguito da incendio. Inoltre, i fatti erano stati commessi in un periodo di tempo piuttosto esteso, tra il 2011 e il 2016. La Corte d’Appello di Bari aveva già respinto la richiesta, spingendo il condannato a rivolgersi alla Suprema Corte.
I Limiti del Riconoscimento della Continuazione
La Corte di Cassazione, esaminando il ricorso, ha confermato la decisione della Corte territoriale, dichiarando l’appello inammissibile. Il fulcro del ragionamento dei giudici risiede nell’assenza di una ‘preordinazione’ unitaria che potesse legare i diversi episodi criminosi. Per poter applicare il beneficio della continuazione, non è sufficiente che i reati siano commessi dalla stessa persona, ma è necessario dimostrare che essi siano stati concepiti sin dall’inizio come parte di un unico progetto criminale.
Disomogeneità Esecutiva e Arco Temporale
Due elementi sono stati decisivi per escludere la continuazione:
1. L’incontroversa disomogeneità esecutiva: i reati erano troppo diversi tra loro. La Corte ha sottolineato come la natura eterogenea dei delitti (armi, reati contro il patrimonio di diversa gravità) rendesse improbabile una programmazione unitaria.
2. L’ampiezza dell’arco temporale: un periodo di cinque anni tra il primo e l’ultimo reato è stato considerato troppo lungo per sostenere l’ipotesi di un progetto criminoso originario e mai modificato.
Le Motivazioni sul mancato Riconoscimento della Continuazione
La Suprema Corte ha elaborato una distinzione fondamentale: quella tra ‘medesimo disegno criminoso’ e ‘programma di vita improntato al crimine’. L’istituto della continuazione è preordinato al favor rei, ovvero a beneficiare chi, pur commettendo più reati, lo fa all’interno di un’unica deliberazione iniziale. Al contrario, la reiterazione di condotte illecite slegate da un piano comune non può essere premiata con un trattamento sanzionatorio più mite. Questa condotta, che denota una scelta di vita criminale, viene già sanzionata da altri istituti del diritto penale, come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato, i quali hanno una finalità opposta a quella della continuazione, ovvero un inasprimento della risposta sanzionatoria.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: per il riconoscimento continuazione non basta una generica ‘vocazione’ a delinquere. È indispensabile provare, anche a livello astratto, che i vari reati siano tappe di un unico, deliberato e preordinato progetto criminoso. L’eterogeneità dei reati e la distanza temporale tra essi sono indici potenti che giocano a sfavore di tale riconoscimento. La decisione serve come monito: la scelta di un ‘programma di vita’ criminale, caratterizzato da reati occasionali e diversi, non beneficia del trattamento di favore previsto per la continuazione, ma al contrario può portare all’applicazione di istituti che aggravano la posizione del reo.
Quando può essere riconosciuta la continuazione tra più reati?
La continuazione può essere riconosciuta solo quando si dimostra che i diversi reati sono stati commessi in esecuzione di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero che sono stati preordinati e pianificati come parte di un unico progetto fin dall’inizio.
Perché in questo caso specifico è stata negata la continuazione?
È stata negata perché i reati erano troppo diversi tra loro (porto d’armi, furto, rapina, danneggiamento) e commessi in un arco temporale molto lungo (cinque anni). Questi elementi, secondo la Corte, escludono l’esistenza di un’unica pianificazione iniziale.
Qual è la differenza tra ‘disegno criminoso’ e ‘programma di vita criminale’ per la legge?
Il ‘disegno criminoso’ è un piano specifico e unitario per commettere una serie di reati e dà diritto a un trattamento sanzionatorio più favorevole (continuazione). Un ‘programma di vita criminale’ indica una scelta generica di delinquere, senza un piano unitario, e viene sanzionato più severamente attraverso istituti come la recidiva o l’abitualità nel reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13489 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NOME il 29/03/1978
avverso l’ordinanza del 11/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso, così come integrato dalle memorie difensive versate in atti, proposto avverso l’ordinanza dell’il novembre 2024, con la quale la Corte di appello di Bari rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti A-E del provvedimento impugnato.
Ritenuto che i reati di cui si assumeva la continuazione non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’incontroversa disomogeneità esecutiva dei delitti commessi da COGNOME e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 2011 e il 2016, che impediva di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio, riguardanti i reati di porto e detenzione di armi, furto, ricettazione, rapina, danneggiamento seguito da incendio.
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01)
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che si determina in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.