Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13489 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13489 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso, così come integrato dalle memorie difensive versate in atti, proposto avverso l’ordinanza dell’il novembre 2024, con la quale la Corte di appello di Bari rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti A-E del provvedimento impugnato.
Ritenuto che i reati di cui si assumeva la continuazione non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’incontroversa disomogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 2011 e il 2016, che impediva di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio, riguardanti i reati di porto e detenzione di armi, furto, ricettazione, rapina, danneggiamento seguito da incendio.
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098 – 01)
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che si determina in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.