Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17472 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17472 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Manfredonia il 3/11/1970 avverso la sentenza resa il 23 novembre 2023 dalla CORTE di APPELLO di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Foggia il 18/11/2021, che aveva condannato COGNOME NOME per il delitto di riciclaggio di un autocarro di provenienza delittuosa.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo:
2.1Violazione dell’art.192 cod.proc.pen. e vizio della motivazione, anche sotto forma del travisamento della prova, in ordine all’affermazione di responsabilità, poiché non è stata adeguatamente verificata l’attendibilità della persona offesa del reato di furto presupposto, che non aveva tempestivamente denunziato la sottrazione del veicolo, che si presentava munito delle chiavi e non era stato oggetto di effrazione, e non è stato considerato il tenore della testimonianza di NOME COGNOME, dipendente del COGNOME, che aveva assistito alla trattativa diretta all’acquisto del mezzo da parte di un soggetto
sconosciuto di nome NOME, quando ancora non era stata presentata la denunzia di furto.
2.2 Violazione degli artt. 42 comma 2 e 648 bis cod.pen. poiché la mera asportazione delle targhe dal mezzo rinvenuto nella disponibilità del ricorrente non è condotta idonea ad ostacolare l’identificazione del mezzo, e l’imputato ha spiegato di avere tolto le targhe del veicolo per impedirne il furto.
2.3 Violazione degli artt. 56 cod.pen. e 521 comma 1 e 598 cod.proc.pen. poiché la Corte ha affermato che, non essendo stato devoluto con i motivi di appello, non poteva applicare la diminuzione di pena ex art. 56 cod.pen. ma , a giudizio del ricorrente, la Corte poteva d’ufficio riconoscere il tentativo di riciclaggio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Occorre premettere che in tema di ricorso per cassazione, le doglianze relative alla violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l’attendibilità dei testimoni dell’accus non essendo l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma soltanto nei limiti indica dalla lett. e) della medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame. (Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016 – dep. 15/09/2017, COGNOME e altro, Rv. 27129401)
Ciò posto, il primo motivo di ricorso non è consentito poiché formalmente ipotizza violazioni dei criteri di valutazione delle prove ma non deduce manifeste illogicità o contraddizioni della sentenza impugnata, e nella sostanza invoca una diversa ricostruzione della vicenda, avanzando censure di merito generiche in ordine all’attendibilità della persona offesa.
Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni.
Tanto basta a rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare la valutazione dei fatti compiuta dal giudic di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente, logicamente coerente e plausibile. Esula, infatti, dai poteri della Suprema Corte quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr., Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv.
214794; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
E’ certo che l’imputato ha ricevuto da un perfetto sconosciuto, di cui non è stato in grado di fornire elementi idonei all’identificazione, un furgone attrezzato di apprezzabile valore economico, pagando in contanti la somma di 2500 euro nell’immediatezza e ponendo in essere, subito dopo l’acquisto, condotte all’evidenza finalizzate ad ostacolare l’identificazione del veicolo.
Le considerazioni del ricorrente in ordine al ritardo nella presentazione della denunzia non inficiano la prospettazione accusatoria e non incidono sulle circostanze di fatto emerse in maniera incontroversa, che sono state oggetto di condivisibile valutazione logica da parte dei giudici di merito, i quali hanno valorizzato l’evidente intento dell’imputato di non rivelare l’identità del soggetto da cui aveva ricevuto il possesso del veicolo, le modalità di pagamento del corrispettivo e di custodia del mezzo, privato delle targhe per ostacolarne l’identificazione, quali sintomi della sua consapevolezza della provenienza delittuosa del veicolo.
Tra le righe, la difesa sembra adombrare l’ipotesi di un accordo tra il venditore del veicolo e la persona offesa, che avrebbe forse addirittura simulato la denunzia di furto del mezzo, al fine di consentire il raggiro in danno dell’imputato, acquirente in buona fede del veicolo, ma si tratta di congetture che non hanno trovato nessun appiglio nelle emergenze processuali e nell’atteggiamento dell’imputato, che non ha fornito elementi utili all’identificazione del suo dante causa.
Ed invero la Corte a pagina 7 ha sottolineato l’incongruenza della versione offerta dall’imputato, il quale avrebbe ricevuto un furgone di notevole valore da uno sconosciuto, senza preoccuparsi di farsi consegnare quantomeno la copia del documento di identità del venditore e neppure le sue generalità complete o il numero di telefono e neppure i documenti del veicolo. La Corte di merito ha altresì considerato sintomatico della inverosimiglianza della versione difensiva la circostanza che dopo il sequestro del mezzo, COGNOME non abbia mai detto di avere incontrato il fantomatico NOMECOGNOME a conferma del diverso tipo di accordo che era intercorso tra i due e della perfetta consapevolezza da parte dell’imputato che si trattasse di un veicolo di provenienza illecita.
1.2 Il secondo motivo relativo all’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio è manifestamente infondato.
Il riciclaggio è un reato a forma libera che non richiede necessariamente che l’attività abbia comunque comportato una trasformazione del bene o dei suoi elementi identificativi tipici, potendo la condotta punibile anche essere posta in essere attraverso azioni dirette ad ostacolare l’origine delittuosa del bene senza la modificazione dello stesso. La sostanziale modificazione degli elementi identificativi dell’oggetto materiale del reato non si appalesa, pertanto, quale elemento ineludibile per la punibilità dell’azione delittuosa di riciclaggio, potendo configurarsi la condotta punibile anche in
presenza di attività che, pur non mutando l’essenza del bene di provenienza delittuosa, costituiscano pur sempre un quid pluris rispetto alla semplice ricezione del bene e siano però caratterizzate dal frapporre ostacoli concreti alla identificazione del bene quale provento di precedente delitto (cfr., Sez. 2, n. 46754 del 26/09/2018, D., Rv. 274081, in motivazione; nello stesso senso, Sez. 2, n. 47088 del 14/10/2003, Di Capua, Rv.227731).
In conclusione per realizzare la condotta di riciclaggio, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, COGNOME, Rv. 264369).
E’ stata accertata nel caso in esame la rimozione da parte dell’imputato delle targhe del furgone che risultavano occultate in altro veicolo nella sua disponibilità. La rimozione dei segni identificativi del veicolo è stata correttamente considerata la preliminare operazione di ripulitura del veicolo di provenienza illecita.
La Corte ha motivato in ordine alla consapevolezza dell’imputato di acquisire un bene di provenienza delittuosa e la volontà di ostacolarne l’identificazione, osservando, a pagina 8 della sentenza, che l’assunto difensivo di avere rimosso le targhe al fine di impedire la eventuale sottrazione del mezzo risulta smentito dalle modalità di custodia del furgone, all’interno di un cortile recintato, che rendevano improbabile l’ipotesi di una sua sottrazione.
1.3 Il terzo motivo in ordine alla configurabilità del tentativo non è consentito, poiché non è stato dedotto con l’appello, ed è comunque manifestamente infondato.
Questa Corte ha di recente precisato che è configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di reato di cui all’art. 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata. (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, Pepe, Rv. 285909 – 01) Nella motivazione il relatore dopo avere offerto una pregevole ricostruzione dell’istituto ha ritenuto corretta la qualificazione del delitto nella forma consumata, posto che i pezzi del veicolo di provenienza furtiva erano stati disassemblati, trasferiti da un furgone a un autoarticolato e confusi con beni di origine lecita da destinare alla rivendita all’estero, di tal che risultava ostacolata l’identificazion della loro provenienza delittuosa.
Nel caso in esame la condotta è stata correttamente ritenuta consumata, in quanto l’avere asportato le targhe identificative riponendole all’interno di altro veicolo è comportamento idoneo ad ostacolare l’identificazione del veicolo, privato dei dati identificativi riportati sulle targhe, a prescindere dalla loro sostituzione, che si sarebbe resa necessaria solo nel momento in cui il mezzo fosse stato utilizzato per circolare.
Ed invero a conferma di questo discrimen va osservato che anche in passato questa Corte ha riconosciuto la fattispecie del tentativo quando le operazioni di smontaggio delle diverse componenti del veicolo erano state interrotte prima che si determinasse la
perdita della connessione con i dati identificativi del mezzo. (Sez. 2 , n. 55416 del
30/10/2018, Rv. 274254 – 01).
2. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare in euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso, il 5 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
La Presidente