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Riciclaggio tentato: sequestro senza reato presupposto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto indagato per riciclaggio tentato, a cui erano stati sequestrati quasi 28.000 euro in contanti e un orologio di valore. La Corte ha stabilito che, ai fini del sequestro preventivo, non è necessaria l’individuazione specifica del reato presupposto, essendo sufficiente la presenza di gravi indizi (come le modalità del trasporto, l’assenza di redditi e il possesso di altri elementi sospetti) che facciano ragionevolmente presumere l’origine illecita dei beni.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio tentato: quando il sequestro è legittimo anche senza l’indicazione del reato presupposto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di riciclaggio tentato: la legittimità del sequestro preventivo di beni di presunta origine illecita anche quando non sia stato ancora individuato con precisione il reato da cui tali beni provengono. La Corte ha ribadito che un solido quadro indiziario, basato su elementi di fatto concreti, è sufficiente a giustificare la misura cautelare, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un controllo effettuato nei pressi di un aeroporto, durante il quale un soggetto è stato trovato in possesso di una somma di denaro contante di quasi 28.000 euro, un orologio di notevole valore commerciale, un passaporto intestato a un’altra persona, un telefono cellulare e diverse SIM card. L’indagato, risultato privo di redditi dichiarati, non è stato in grado di fornire una giustificazione plausibile sulla provenienza dei beni.

Sulla base di questi elementi, la Procura ha ipotizzato il reato di riciclaggio tentato e il Giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo del denaro e dell’orologio. La difesa dell’indagato ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, sostenendo la mancanza del cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero la prova, anche solo indiziaria, del reato. In particolare, la difesa lamentava che l’accusa non avesse indicato quale fosse il ‘delitto presupposto’ da cui i beni sarebbero derivati.

Il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro, ritenendo che le circostanze di fatto (le modalità clandestine del trasporto, la totale assenza di redditi dell’indagato, ecc.) fossero sufficienti a far presumere l’origine illecita dei valori. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul Riciclaggio Tentato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la piena legittimità del sequestro. La sentenza si basa su un principio fondamentale che regola i ricorsi in materia di misure cautelari reali: il giudizio di legittimità è limitato alla sola ‘violazione di legge’ e non può entrare nel merito delle valutazioni di fatto compiute dal giudice del riesame.

Le Motivazioni

I giudici hanno chiarito che per ‘violazione di legge’ si intende la mancanza totale di motivazione o una motivazione puramente apparente, che non consente di comprendere il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione. Nel caso specifico, invece, il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione concreta e non illogica.

La Corte ha specificato che il Tribunale ha correttamente valorizzato una serie di elementi fattuali per fondare il proprio convincimento sull’origine illecita dei beni. Questi elementi includevano:

* Le modalità clandestine del trasporto.
* Il taglio delle banconote.
* Il luogo del controllo (vicino a un hub internazionale).
* L’assenza totale di redditi leciti da parte del detentore.
* Il possesso di altri documenti e strumenti (passaporto altrui, SIM multiple) che indicavano la volontà di agire in modo non trasparente.

Secondo la Cassazione, questo insieme di indizi costituisce un percorso logico coerente e sufficiente per ritenere sussistente il fumus commissi delicti del reato di riciclaggio tentato. Ai fini del sequestro preventivo, non è indispensabile individuare con certezza il delitto presupposto, essendo sufficiente che gli elementi a disposizione rendano altamente probabile che i beni derivino da un’attività criminale di qualsiasi tipo. La motivazione del Tribunale, dunque, non era né mancante né apparente, ma fondata su una valutazione concreta del patrimonio informativo disponibile.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica nella lotta al riciclaggio. Se per la condanna definitiva è necessaria la prova oltre ogni ragionevole dubbio, per l’applicazione di una misura cautelare come il sequestro preventivo è sufficiente un quadro indiziario grave, preciso e concordante. La decisione conferma che la valutazione di tale quadro spetta al giudice di merito (in questo caso il Tribunale del Riesame) e non può essere messa in discussione in sede di Cassazione, se non per una manifesta violazione di legge, come una motivazione assente o meramente apparente. Pertanto, chi viene trovato in possesso di ingenti somme di denaro o beni di valore senza una giustificazione lecita, in circostanze anomale, rischia concretamente il sequestro, anche se non è stato ancora individuato il reato specifico che ha generato quella ricchezza.

È necessario individuare il reato specifico da cui provengono i soldi per disporre un sequestro per riciclaggio tentato?
No, secondo la sentenza, ai fini del sequestro preventivo non è indispensabile l’individuazione specifica del delitto presupposto. È sufficiente che un insieme di elementi di fatto (indizi) renda ragionevolmente presumibile l’origine illecita dei beni.

Quali elementi possono giustificare un sequestro per riciclaggio tentato in assenza di prove dirette sull’origine del denaro?
La Corte ha ritenuto sufficienti elementi come le modalità clandestine del trasporto, il luogo del controllo, l’assenza di redditi leciti dell’indagato e il possesso di altri strumenti sospetti (come un passaporto intestato ad altri o numerose SIM card).

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso per Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo può essere proposto solo per ‘violazione di legge’. Ciò include la mancanza assoluta di motivazione o una motivazione meramente apparente, ma non la contraddittorietà o l’illogicità manifesta della stessa, che attengono a una valutazione di merito non consentita in quella sede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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