Riciclaggio reato presupposto: i limiti dello scudo fiscale secondo la Cassazione
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19130 del 2024, offre un importante chiarimento sui confini di applicabilità delle cause di non punibilità legate alla cosiddetta ‘voluntary disclosure’ (collaborazione volontaria) in relazione al grave delitto di riciclaggio. La Corte ha stabilito che se il denaro riciclato proviene da una pluralità di delitti, la presenza di un solo riciclaggio reato presupposto non coperto dallo scudo fiscale è sufficiente a rendere inapplicabile il beneficio e a confermare la condanna. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di riciclaggio, avendo compiuto operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita di una somma di denaro pari a 495.000 euro. La Corte di appello di Brescia, pur riformando parzialmente la prima sentenza, aveva confermato la condanna e la confisca della somma.
Contro tale decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un’unica, ma cruciale, argomentazione legale.
Il Motivo del Ricorso: Pluralità di reati presupposto e voluntary disclosure
La difesa del ricorrente sosteneva che il reato presupposto, da cui provenivano i fondi, dovesse essere identificato nella dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del D.Lgs. 74/2000). Secondo questa tesi, poiché l’imputato si era avvalso della procedura di collaborazione volontaria per il rientro dei capitali dall’estero, la condotta di riciclaggio non sarebbe stata punibile per espressa previsione normativa (art. 5-quinquies del D.L. 167/1990).
Invocando il principio del favor rei, l’imputato chiedeva quindi l’assoluzione e la revoca della confisca, ritenendo che la legge speciale sulla voluntary disclosure dovesse prevalere e scriminare la sua condotta.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Il fulcro della decisione risiede nella corretta individuazione del riciclaggio reato presupposto. La Corte ha sottolineato che, sulla base degli accertamenti di merito (non sindacabili in sede di legittimità), il capo di imputazione e le sentenze precedenti avevano identificato una pluralità di reati presupposto. Tra questi, figurava non solo il reato di dichiarazione fraudolenta, ma anche quello, ben distinto, di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000.
Quest’ultimo delitto, a differenza del primo, non rientra nell’elenco dei reati fiscali per i quali la procedura di voluntary disclosure prevede la non punibilità. Di conseguenza, la presenza di almeno un reato presupposto non ‘coperto’ dallo scudo fiscale è sufficiente a far sì che il successivo reato di riciclaggio rimanga pienamente punibile.
La Corte ha concluso che l’integrazione del reato di riciclaggio è rimasta impregiudicata, così come la legittimità della confisca disposta ai sensi dell’art. 648-quater del codice penale. Ogni altra considerazione difensiva è stata ritenuta assorbita da questa motivazione centrale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: le cause di non punibilità, come quelle legate agli scudi fiscali, hanno un’applicazione tassativa e limitata ai reati specificamente indicati dal legislatore. Non possono essere estese per analogia né possono ‘sterilizzare’ il denaro di provenienza illecita se questo deriva anche da altri delitti non inclusi nel beneficio.
In pratica, chi si avvale della voluntary disclosure non ottiene un’immunità totale. Se le somme rimpatriate sono il frutto non solo di evasione fiscale ‘scudabile’, ma anche di altri delitti (come in questo caso l’emissione di fatture false), il rischio di essere perseguiti per riciclaggio rimane concreto e la confisca dei beni pienamente applicabile. Un monito importante sulla necessità di analizzare con precisione l’origine dei capitali prima di intraprendere qualsiasi procedura di regolarizzazione.
La procedura di ‘voluntary disclosure’ (rientro dei capitali) esclude sempre la punibilità per il reato di riciclaggio?
No, non sempre. La non punibilità opera solo se il reato presupposto (cioè il delitto da cui provengono i soldi) è uno di quelli specificamente elencati dalla norma sulla voluntary disclosure. Se il denaro proviene anche da altri reati non inclusi, il riciclaggio resta punibile.
Cosa succede se i proventi illeciti derivano da più reati presupposto?
Se anche uno solo dei reati presupposto non è coperto dalla causa di non punibilità (come lo scudo fiscale), la condotta di riciclaggio è perseguibile. La presenza di un reato ‘scudato’ non assorbe né cancella la rilevanza penale degli altri.
Perché la Corte di Cassazione ha confermato la condanna in questo specifico caso?
La Corte ha confermato la condanna perché ha accertato che, oltre a un reato fiscale potenzialmente coperto dalla voluntary disclosure, i soldi provenivano anche dal reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000), che non rientra tra quelli ‘scudati’. Questa circostanza è stata sufficiente a rendere legittima la condanna per riciclaggio e la confisca.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19130 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19130 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Brescia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 13/09/2023 della Corte di appello di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Brescia, emessa il 27 settembre 2022, ha confermato la condanna del ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di riciclaggio di una somma di danaro pari ad euro 495.000, oggetto di confisca.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo, con unico motivo, violazione di legge in relazione alla ritenuta responsabilità.
La Corte, applicando il principio del favor rei, avrebbe dovuto ritenere che il reato presupposto a quello contestato fosse da identificare in quello di cui all’art. 2 d.l.vo n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e che, pertanto, la condotta non poteva integrare il reato di riciclaggio per espressa previsione dell’art. 5-quinquies lett. a) del d.l. n. 167 del 1990, trattandosi di un caso di cosiddetta volontaria collaborazione al rientro in Italia di somme dall’estero; dal che ne conseguirebbe l’assoluzione dell’imputato e la revoca della confisca.
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente è stata depositata una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto per motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato. 1. La Corte ha ritenuto, per ragioni di merito non rivedibili e non intaccate dal ricorso, che tra i reati presupposto rispetto al contestato vi fosse anche quello di cui all’art. 8 d.l.vo n. 74 del 2000 (come già prevedeva il capo di imputazione) non compreso tra quelli previsti dalla norma richiamata dal ricorrente e, pertanto, non idoneo a scriminare la condotta ascrittagli.
Per tale ragione, l’integrazione del reato di riciclaggio è rimasta impregiudicata, così come la confisca disposta ai sensi dell’art. 648-quater cod.pen..
Tanto assorbe ogni altra considerazione difensiva.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 12.03.2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME