Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6977 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6977 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 27/12/1977
avverso l’ordinanza del 22/07/2024 del TRIBUNALE di SALERNO, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 22 luglio 2024 il Tribunale di Salerno, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, previa riqualificazione della condotta di cui all’art. 2 del d. Igs. n. 74/2000, descritta al capo 12) dell’imputazione, in quella di concorso nel reato di cui all’art. 8 del citato decreto legislativo, rigettava la richiesta di riesame proposta da COGNOME avverso il provvedimento emesso in data 1 gennaio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno che aveva applicato al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari.
All’imputato erano stati contestati i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv., 648 bis e 61 bis cod. pen. (capo 10) e 81 cpv. cod. pen., 2 del d. Igs. n. 74/2000 e
61 bis cod. pen., come sopra riqualificato (capo 12), e, in particolare, al capo 10), era stato contestato al COGNOME di avere, in qualità di gestore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, ricevuto da COGNOME e COGNOME Ferdinando periodiche e consistenti somme di denaro contante sine titulo, dunque di provenienza illecita, e successivamente di avere effettuato bonifici di pari importo in favore della società RAGIONE_SOCIALE a fronte di fatture per operazioni inesistenti emesse da quest’ultima società, così trasferendo di fatto le somme ricevute in contanti in modo tale da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il COGNOME per il tramite del suo difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo con il quale deduceva vizio di motivazione e violazione di legge in relazione ai gravi indizi di colpevolezza relativi al contestato delitto di riciclaggio, alla sussistenza di riscontri ex art. 192 comma 3 cod. proc. pen. alle dichiarazioni accusatorie rese dai fratelli COGNOME nonché alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Assumeva in particolare che le dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME NOME e le risultanze delle attività di captazione non consentivano di ritenere che il ricorrente fosse consapevole dell’intento dei COGNOME di porre in essere un meccanismo finalizzato a ostacolare la provenienza delittuosa di ingenti somme di denaro.
Deduceva, per altro verso, che le dichiarazioni rese da COGNOME Ferdinando erano inattendibili e prive di riscontri esterni idonei a conferire alle stesse la valenza di gravi indizi di colpevolezza, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare personale.
Assumeva che, al più, la condotta contestata poteva essere riqualificata nel delitto di ricettazione.
Quanto alla configurabilità del delitto di cui all’art. 2 del I. Igs n. 74/2000, la difesa contestava la riqualificazione effettuata dal Tribunale, affermando che a tale riqualificazione era ostativo il disposto di cui all’art. 9 del citato decret legislativo che, in deroga all’art. 110 cod. pen., affermava che l’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti non era punibile a titolo di concorso nel reato previsto dal precedente art. 8, che puniva la condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Infine, la difesa deduceva il vizio di mancanza di motivazione riguardo alla ritenuta esistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza del delitto di riciclaggio, ritiene il Collegio che il giudice della cautela abbia, in maniera del tutto congrua, evidenziato la molteplicità dei riscontri alle dichiarazioni accusatorie dei fratelli COGNOME, costituiti dal contenuto delle molteplici conversazioni intercettate, ma soprattutto dalla documentazione esaminata, che dà conto del passaggio di denaro negli esatti termini indicati nell’imputazione; la motivazione sul punto appare pertanto immune da vizi – peraltro denunciati dal ricorrente in maniera del tutto generica – e comunque di certo non emergono vizi risultanti prima facie dal testo del provvedimento impugnati
Deve, invero, osservarsi, in argomento, che, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (v. Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, COGNOME Rv. 251761 – 01; nello stesso senso Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME e altri, Rv. 265244 – 01, secondo cui la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura).
Del resto appare del tutto incongruo, una volta accertato il fatto nella sua materialità, ritenere nel Filetti l’assenza del dolo di riciclaggio, quantomeno sotto il profilo del dolo eventuale, e ciò a fronte del fatto che l’operazione attraverso la quale veniva occultata la provenienza illecita del denaro (concretatasi, come detto, nella consegna di denaro contante e nella
restituzione dello stesso mediante bonifici effettuati a fronte dell’emissione di fatture di vendita per operazioni inesistenti) risulta ripetuta nel tempo e avente ad oggetto somme di denaro assai ingenti; tale argomentazione è stata correttamente sviluppata in seno alla motivazione del provvedimento impugnato, che, anche sotto tale profilo, appare, pertanto, immune da vizi.
Quanto alla riqualificazione del reato di cui al capo 12), si deve evidenziare che il Tribunale, dopo aver considerato l’assenza di elementi allo stato indicativi dell’utilizzazione da parte del Filetti delle fatture nelle dichiarazioni fiscali dell società (v. pag. 46 del provvedimento impugnato), ha fatto corretta applicazione del principio – rappresentativo di un orientamento di questa Corte che il Collegio condivide – secondo il quale il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti, che non abbia effettivamente utilizzato tali documenti nelle dichiarazioni fiscali, può concorrere, ove ne sussistono i presupposti, con l’emittente, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’art. 110 cod. pen., non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (in tal senso Sez. 3 n. 41124 del 22/05/2019, COGNOME Marina, Rv. 277978 – 01; in motivazione, la Corte ha osservato che la norma appena richiamata mira ad evitare che la sola utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nella emissione delle stesse così come, all’inverso, il solo fatto dell’emissione possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che abbia ad indicarle in dichiarazione, delle medesime, determinandosi, altrimenti, la sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto, che, invece, non può verificarsi allorquando il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infine, quanto all’esigenza cautelare del pericolo di recidiva, deve ritenersi ancora una volta che il Tribunale abbia reso sul punto una motivazione immune da vizi, avendo fatto congruamente riferimento alla intrinseca gravità del reato di riciclaggio, alle modalità allarmanti della condotta e alla sua sistematicità, e inoltre alla natura elevata degli importi oggetto del reato.
Da quanto sopra esposto deriva l’infondatezza del ricorso che, pertanto, deve essere rigettato; per l’effetto il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 07/11/2024