Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4998 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4998 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Castellammare di Stabia il 23/3/1984 avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno del 30/7/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; sentito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 30.7.2024, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame, ha provveduto su una istanza di riesame avverso un’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Salerno che ha applicato la misura degli arresti domiciliari a COGNOME NOME per i reati di cui ai capi 13 (art. 648bis cod. pen.) e 15 (art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000) della provvisoria imputazione.
L’ordinanza ricostruisce inizialmente le risultanze investigative, relative ad una ipotesi di associazione a delinquere, che, attraverso l’inoltro di istanze di ingresso in Italia di cittadini extracomunitari sostenute da falsa documentazione relativa ai datori di lavoro, procurava il rilascio di nulla osta e di permessi di soggiorno a soggetti che in realtà non avevano alcuna prospettiva reale di lavoro nel nostro Paese.
L’associazione ruotava intorno alla figura di tale COGNOME mentre il riciclaggio dei proventi illeciti derivanti dall’attività associativa veniva effettuato, secondo l’ipotesi investigativa, dal nucleo familiare di tale COGNOME attraverso canali apparentemente leciti.
In particolare, la polizia giudiziaria individuava due distinte modalità di riciclaggio: 1) la prima consisteva in versamenti diretti, da parte dei COGNOME, dei contanti ricevuti su propri conti correnti societari, che poi venivano bonificati su conti correnti societari riconducibili a COGNOME, il quale ne rientrava così in possesso; 2) la seconda consisteva in un meccanismo più articolato, fondato sul coinvolgimento di altri soggetti che bonificavano sui conti dei COGNOME le somme in contanti da riciclare, successivamente convogliate su conti riconducibili a NOME.
Più precisamente, le indagini davano conto del fatto che, ad un certo punto della vicenda investigata, fosse emerso per gli associati il pericolo collegato alla prima modalità di riciclaggio, ovvero il versamento sui conti di COGNOME di tutto il contante ricevuto da NOME, e che si fosse reso necessario pertanto il passaggio ad un ulteriore meccanismo illecito, il quale prevedeva lo spacchettamento delle somme, la consegna del denaro in contanti a soggetti terzi e infine la restituzione a COGNOME di tali somme da parte dei terzi attraverso bonifici per operazioni commerciali fittizie attestate da false fatture.
In questo contesto, si inserisce la posizione di COGNOME NOME, perché, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, avrebbe appunto ricevuto somme di denaro da COGNOME e COGNOME NOME, per bonificarle nuovamente sui conti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, a fronte di fatture per operazioni inesistenti emesse dagli stessi COGNOME.
Il Tribunale dà atto che, a seguito dell’esecuzione della misura cautelare, l’indagato , in sede di interrogatorio di garanzia, ha riferito di avere effettuato diversi lavori con i COGNOME, titolari di pompe di benzina, i quali gli rifornivano direttamente sui cantieri il carburante per i mezzi noleggiati dalla sua azienda. Dà atto, altresì, che la difesa di Solimene ha depositato documentazione relativa alle movimentazioni e ai crediti della RAGIONE_SOCIALE.
Tuttavia, il Tribunale ritiene integrati i gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME NOMECOGNOME richiamando dapprima alcune conversazioni intercettate tra l’agosto e il dicembre 2023, l’ultima delle quali riscontrata, secondo la polizia
giudiziaria, dalle immagini riprese presso uno dei distributori dei COGNOME, in cui viene documentato un incontro tra COGNOME NOME e COGNOME COGNOME, in occasione del quale si verifica il passaggio tra i due di un involucro che contiene verosimilmente contanti. Più in generale, dalle conversazioni emerge che COGNOME chieda a COGNOME di bonificargli del denaro, senza fare alcun riferimento a operazioni commerciali sottostanti e a fatture: si tratta di un elemento che, ove inserito nel contesto generale in cui COGNOME ricicla i proventi dell’attività ille cita di COGNOME, è -secondo i giudici del riesame -assai significativo.
Peraltro, l’ordinanza impugnata rileva che, ad onta della documentazione prodotta, la RAGIONE_SOCIALE fino al 20.9.2023 non si occupava affatto della distribuzione di carburante al dettaglio, bensì di prodotti ortofrutticoli conservati, che non hanno alcuna attinenza con l’attività della RAGIONE_SOCIALE, società di costruzioni. Di conseguenza, resta indimostrata l’operazione commerciale sottostante alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Sotto questo profilo, il Tribunale richiama anche la conversazione del 10.7.2023, in cui il padre di COGNOME NOME ammette sostanzialmente il riciclaggio: nel colloquio intercettato, COGNOME NOME, infatti, dice che NOME COGNOME gli ha dato i soldi e che lui glieli ha poi restituiti, affermando che le fatture erano inesistenti.
Riguardo a questi fatti, hanno reso dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie COGNOME e COGNOME Ferdinando. Il primo, ammettendo il meccanismo in questione e facendo il nome di diversi soggetti resisi disponibili a ricevere il denaro in contanti e a restituirglielo con bonifico, ha tuttavia escluso COGNOME NOME, indicato come soggetto con cui aveva reali rapporti commerciali; non ha chiarito però, a specifica domanda del g.i.p., come mai risultava la vendita di carburante alla RAGIONE_SOCIALE anche in un periodo antecedente a quello in cui la sua società aveva esteso la propria attività alla vendita di carburante. Ha dichiarato di aver prestato denaro a Solimene, che glielo aveva restituito. Analoghe dichiarazioni ha reso COGNOME NOME.
Il Tribunale ritiene le dichiarazioni dei COGNOME smentite dai dati investigativi, e cioè: 1) le intercettazioni; 2) l’incompatibilità dell’o ggetto sociale delle due società; 3) la sostanziale inoperatività della RAGIONE_SOCIALE; 4) i bonifici aventi modalità del tutto analoghe a quelli effettuati nei casi riconosciuti dai COGNOME come casi di riciclaggio; 5) le ammissioni di NOME nel luglio 2023.
La condotta conseguentemente attribuibile a COGNOME NOME ha integrato il reato di cui all’art. 648 -bis c.p. contestato al capo 13), mentre il fatto di cui al capo 15) viene riqualificato come integrante il reato di cui all’art. 8 D.Lvo 74/2000.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale, premesso che la incensuratezza dell’indagato ha una valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità
sociale, considera che nella specie il reato di riciclaggio sia stato commesso con modalità rese particolarmente allarmanti dalla sistematicità delle operazioni, dalla natura elevata degli importi, dalla piena disponibilità offerta da Solimene e peraltro nel quadro di un contesto generale anch’esso di particolare allarme, ovvero quello di un’a ssociazione con collegamenti di carattere transnazionale, che strumentalizza il sistema normativo vigente in un’ottica di profitto criminale. Si tratta di un contesto che -secondo l’ordinanza non può considerarsi sopito per effetto delle misure cautelari, perché, come tutti i fenomeni delittuosi associativi, prescinde dai singoli. Il collegamento di Solimene con tale contesto, pertanto, induce a ritenere necessaria la misura disposta dal g.i.p.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME NOMECOGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in riferimento alla memoria difensiva depositata ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione in riferimento alla gravità indiziaria per i delitti contestati a Solimene con travisamento delle emergenze investigative e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla veridicità del rapporto commerciale tra le imprese di Solimene e Cascone.
Il ricorso evidenzia che la difesa, con memoria ritualmente depositata, comprovava la imponente domanda di gasolio di trazione da parte di Solimene, connessa all’utilizzo dei mezzi da cantiere, producendo document azione attestante centinaia di noleggi dalla RAGIONE_SOCIALE nel periodo 2021-2023 e i consumi dei diversi mezzi, quantificati anche in centocinquanta litri di carburante al giorno. Tuttavia, tale documentazione non è stata in alcun modo valutata dal Tribunale.
Ciò detto, la motivazione -secondo il ricorso -è manifestamente illogica quando ritiene che per Solimene si fosse verificato lo schema illecito accertato in altre occasioni: in realtà, nel caso del ricorrente prima si sarebbero verificati i bonifici ad agosto-settembre 2023 e poi la consegna di denaro a dicembre 2023. E’ manifestamente illogica anche quando ritiene che la prova dei reati derivi dal fatto che nelle intercettazioni non si faccia mai riferimento alle fatture, perché non si confronta con la massima d’esperienza secondo cui, nell’ambito di un rapporto commerciale di fornitura continuativo, è ragionevole chiedere un pagamento in acconto prima dell’emissione della fattura: assumendo la falsità della fattura come premessa dell’incedere ar gomentativo, la motivazione non si confronta con la documentazione contabile e con le dichiarazioni convergenti che escludono la riconducibilità dei pagamenti allo schema del meccanismo illecito.
La motivazione -prosegue il ricorso -è viziata anche quando, valorizzando la circostanza che l’oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE non comprendesse il commercio di carburanti, non si confronta con l’argomentazione contenuta nella memoria, che segnalava la coincidenza della sede della RAGIONE_SOCIALE con quella del distributore di carburante dei Cascone.
Si censura, ancora, che l’ordinanza impugnata faccia erronea applicazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. e sia manifestamente illogica quando, ritenute attendibili le dichiarazioni dei COGNOME in ordine alla prova del meccanismo di riciclaggio, non si confronta, nella valutazione delle dichiarazioni di COGNOME relative a Solimene, con la documentazione prodotta, che dimostra la difficoltà economica del ricorrente, attestata dalla esposizione debitoria e dalla contestuale posizione creditoria verso l’Erario, e che comprova il rilevante consumo di carburante, ciò che avrebbe consentito di riscontrare la concordanza tra quanto dichiarato da COGNOME in ordine ai prestiti fatti a Solimene e l’intercettazion e del luglio 2023 in cui COGNOME NOME parla proprio dei prestiti di COGNOME.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla scelta della misura cautelare.
Si lamenta la violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza della misura cautelare, perché non si è tenuto conto che gli importi riferibili a Solimene costituivano solo un sesto della somma complessivamente oggetto di riciclaggio e si è omesso il confronto con la espressa richiesta difensiva di una misura meno afflittiva (anche interdittiva cumulata con una misura coercitiva non custodiale).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo, deve premettersi che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non anche il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Rv. 276976 -01; Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, Rv. 270628 -01).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge ovvero nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori (Sez. F, n. 47748 del 11/8/2014, Rv. 261400 -01). Alla Corte spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della relativa motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Rv. 215828 -01; Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460 -01).
E ‘ proprio alla luce di questo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che si è ritenuto in precedenza di riportare piuttosto analiticamente sia i passaggi dell’ordinanza impugnata riguardanti i gravi indizi di colpevolezza, sia le censure mosse nel ricorso alla motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria.
Dal loro raffronto, emerge che, in sostanza, il ricorso contenga non più che la prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito in modo non manifestamente illogico né contraddittorio.
1.1 Il primo motivo di ricorso censura essenzialmente il provvedimento impugnato per non avere preso in considerazione la documentazione prodotta nell’interesse del ricorrente, la quale sarebbe stata idonea a comprovare i rapporti imprenditoriali giustificativi delle dazioni economiche tra le parti.
In particolare, si trattava -secondo il ricorso -di documentazione attestante che l’impresa del ricorrente avesse un imponente fabbisogno di gasolio da trazione e che, alla luce di tale circostanza, trovassero spiegazione i rapporti commerciali di Solimene con i Cascone, distributori di carburante.
Ebbene, il Tribunale ha dato invece atto, in primo luogo, di avere preso visione della documenta zione in questione (p. 44 dell’ordinanza) e di non averla ritenuta decisiva per depotenziare di plausibilità la prospettazione accusatoria (p. 46 dell’ordinanza).
Questa conclusione si fonda innanzitutto sulla nient’affatto illogica considerazione che alla gran parte dei trasferimenti di denaro Solimene ha provveduto con bonifici in favore della RAGIONE_SOCIALE, ovvero di una società che si occupava del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli e che a fronte di una contestazione formulata a carico dell’odierno indagato, riguardante
versamenti effettuati negli anni 2022 e 2023 -solo dal 20.9.2023 ha aggiunto al proprio oggetto sociale il commercio di carburante.
Peraltro, tale apprezzamento probatorio si inserisce in un complessivo quadro investigat ivo, in cui l’ipotesi secondo cui Solimene si prestasse ad operazioni di riciclaggio di denaro di provenienza illecita dietro lo schermo di fatture per operazioni inesistenti è -secondo l’ordinanza adeguatamente corroborata da altri elementi che il tribunale individua nel modo che segue: 1) le intercettazioni telefoniche, che rivelano richieste di bonifici di Cascone a Solimene, prive di qualsivoglia riferimento alle operazioni e alle sottostanti fatture di riferimento; 2) la video-registrazione di un incontro tra COGNOME e COGNOME, in occasione del quale quest ‘ ultimo consegna al primo un involucro verosimilmente contenente denaro in contanti; 3) una specifica intercettazione del 10.7.2023, nella quale COGNOME NOME, padre di NOME, ammette che COGNOME gli ha rimesso del denaro e che le fatture in base alle quali lui stesso aveva poi emesso i bonifici per la ‘restituzione’ d i quel denaro fossero inesistenti; 4) il contesto generale, ben comprovato dalle indagini e ammesso dagli stessi COGNOME, di instaurazione di un meccanismo di riciclaggio del denaro proveniente dalle attività illecite di immigrazione clandestina, che coinvolgeva diversi imprenditori ai quali veniva consegnato il denaro liquido che essi poi restituivano attraverso bonifici per coprire fatture per operazioni inesistenti.
Di conseguenza, il Tribunale in modo congruo e rispondente a logica, sia pure allo stato attuale del procedimento, attribuisce agli elementi di fatto presi complessivamente in considerazione un significato coerente e fornisce adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la sussistenza di una qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato.
Il ricorso, invece, procede in sostanza a contestare l’interpretazione che i giudici del riesame hanno attribuito a determinate risultanze investigative, senza dimostrare specificamente che la motivazione del provvedimento si basi in modo determinante su prova insussistente agli atti, o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero sia contrastata insuperabilmente da prova presente agli atti ma ignorata, sì che eliminata – o inserita, secondo i casi – quella prova l’intera ricostruzione fattuale sia vanificata (Sez. 6, n. 18491 del 24/2/2010, Rv. 246916 -01).
Pertanto, si deve ritenere -in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono -che l’ordinanza impugnata abbia adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, li abbia ricondotti ad unità e, con motivazione né contraddittoria né manifestamente illogica, abbia ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.
Con il secondo motivo, relativo al profilo delle esigenze cautelari, è stato denunciato solo un vizio di motivazione, sicché opera il principio secondo cui, in sede di giudizio di legittimità, sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Rv. 265244 -01). Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione dello spessore delle esigenze cautelari (Sez. 1, n. 1083 del 20/2/1998, Rv. 210019 -01).
Ora, il ricorrente eccepisce sostanzialmente che la corretta valutazione del ruolo marginale di Solimene nel meccanismo di riciclaggio avrebbe quantomeno consentito l’applicazione di una misura cautelare meno afflittiva di quella degli arresti domiciliari e, comunque, più rispondente ai principi di proporzionalità e adeguatezza delle misure.
Su questo punto, tuttavia, la motivazione del Tribunale non depone affatto per il riconoscimento del carattere secondario del contributo arrecato da Solimene, avendo al contrario i giudici del riesame considerato che il riciclaggio -reato già di per sé di spiccata gravità -si sia connotato nel caso di specie per le modalità allarmanti, per la natura elevata degli importi che ne hanno costituito l’oggetto, per la piena e immediata disponibilità a prestarsi al meccanismo illecito dimostrata da Solimene, per la riconducibilità del predetto meccanismo a un contesto delittuoso di carattere associativo (anche con collegamenti di carattere transnazionale legati al fenomeno dell’immigrazione cla ndestina).
Tali preoccupanti modalità e circostanze del fatto, unite alla considerazione della sostanziale impermeabilità delle associazioni a delinquere rispetto alle vicende cautelari dei singoli associati (motivo per cui il fenomeno non può ritenersi sopito), lasciano concludere il Tribunale nel senso che le sussistenti esigenze cautelari possano essere fronteggiate con la misura di carattere detentivo già applicata dal giudice delle indagini preliminari.
Si tratta di una motivazione provvista di indubbi requisiti di logicità, che in sede di legittimità non sono suscettibili di revisione o di rivisitazione ove, come nel caso di specie, l’iter argomentativo del provvedimento impugnato proceda in modo comprensibile e coordinato, così da far risultare accessibili i necessari passaggi che hanno giustificato la scelta della misura cautelare.
A quanto fin qui complessivamente osservato, consegue, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6/11/2024