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Riciclaggio e Usura: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per riciclaggio e usura. Un imputato è stato condannato per aver aiutato a nascondere i proventi di prestiti usurai attraverso un’agenzia di scommesse. L’altro imputato, padre dell’usuraio principale, è stato condannato per concorso in usura per aver pressato le vittime a pagare. La Corte ha chiarito la distinzione tra riciclaggio e ricettazione e confermato l’aggravante dello stato di bisogno.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio e Usura: la Cassazione conferma le condanne e chiarisce i confini tra i reati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di riciclaggio e usura, offrendo importanti chiarimenti sulla distinzione tra il reato di riciclaggio e quello di ricettazione, nonché sui criteri per determinare il concorso di persone nel delitto di usura. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando principi giuridici di grande rilevanza pratica.

I Fatti del Caso

La vicenda vedeva coinvolti due soggetti principali. Il primo era stato condannato per riciclaggio (art. 648-bis c.p.) per aver sistematicamente aiutato a “ripulire” i proventi derivanti da un’attività di usura. Gestore di un’agenzia di scommesse, faceva confluire gli assegni consegnati dalle vittime dell’usura sul conto gioco, simulando che si trattasse di puntate mai avvenute o di pagamenti per forniture fittizie. In questo modo, ostacolava attivamente l’identificazione della provenienza illecita del denaro.

Il secondo imputato, padre della persona che materialmente erogava i prestiti a tassi usurari (giudicata separatamente), era stato condannato per concorso in usura (artt. 110 e 644 c.p.). Il suo ruolo non era stato quello di pattuire i prestiti, ma di intervenire successivamente, esercitando pressioni sulle vittime per garantire che pagassero le rate degli interessi illeciti. Le vittime, due imprenditori in grave difficoltà economica, erano state costrette ad accettare tassi di interesse mensili del 3% e 4%.

La Decisione della Corte di Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte di Appello aveva riformato solo parzialmente la sentenza di primo grado, riducendo lievemente la pena per il concorrente nel reato di usura, ma confermando in toto l’impianto accusatorio. Entrambi gli imputati avevano quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche.

L’imputato per riciclaggio sosteneva di non essere consapevole dell’origine illecita del denaro o, in alternativa, che il suo reato dovesse essere riqualificato come semplice ricettazione, meno grave. L’imputato per concorso in usura lamentava, tra le altre cose, una scorretta applicazione delle norme sul concorso di persone e contestava la sussistenza dell’aggravante dello stato di bisogno delle vittime.

Le Motivazioni della Cassazione sul Riciclaggio e Usura

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, definendoli inammissibili e manifestamente infondati. Le motivazioni della Suprema Corte sono cruciali per comprendere i confini di questi reati.

La distinzione tra Riciclaggio e Ricettazione

I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il delitto di riciclaggio si distingue dalla ricettazione per un elemento specifico. Non basta ricevere denaro di provenienza illecita (condotta tipica della ricettazione), ma è necessario compiere operazioni attive e concrete finalizzate a “ripulire” quel denaro, ovvero a ostacolare l’identificazione della sua origine criminale. Nel caso di specie, l’utilizzo del conto scommesse per monetizzare gli assegni e farli apparire come giocate lecite è stata considerata una tipica condotta di sostituzione e mascheramento, integrando pienamente il reato di riciclaggio.

Il Concorso nel Reato di Usura

Per quanto riguarda il concorso in usura, la Corte ha chiarito che l’usura è un reato a “consumazione prolungata”. Ciò significa che il reato non si esaurisce con la pattuizione iniziale del prestito, ma perdura per tutto il tempo in cui vengono pagate le rate di interessi illecite. Di conseguenza, chiunque intervenga in questa fase, fornendo un contributo causale alla riscossione dei pagamenti – come nel caso dell’imputato che sollecitava le vittime – diventa a tutti gli effetti un concorrente nel reato. Il suo intervento, infatti, contribuisce a protrarre la consumazione del delitto, inducendo le vittime a versare gli interessi pattuiti.

L’Aggravante dello Stato di Bisogno

Infine, la Corte ha confermato la corretta applicazione dell’aggravante dello stato di bisogno. I giudici hanno specificato che tale stato non si limita alla mera indigenza, ma include qualsiasi condizione di grave difficoltà economica che determini una particolare condizione psicologica di vulnerabilità. Questa condizione limita la libertà di autodeterminazione della vittima, inducendola a ricorrere al credito usuraio e ad accettare condizioni altrimenti inaccettabili. Nel caso in esame, lo stato di “dissesto” e “tracollo” delle aziende delle vittime era stato ampiamente provato.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza alcuni pilastri della giurisprudenza in materia di riciclaggio e usura. In primo luogo, traccia una linea netta tra ricettazione e riciclaggio, legando quest’ultimo a condotte attive di “ripulitura” del denaro sporco. In secondo luogo, estende la responsabilità per il reato di usura a chi, pur non avendo pattuito il prestito, interviene per garantirne la riscossione, riconoscendo la natura continuata del reato. Questa decisione rappresenta un monito severo per chiunque, a vario titolo, faciliti o partecipi a tali attività criminali, sottolineando come anche un contributo apparentemente secondario possa integrare una piena responsabilità penale.

Qual è la differenza chiave tra riciclaggio e ricettazione secondo la Corte?
La ricettazione consiste nel semplice ricevere o nascondere beni di provenienza illecita. Il riciclaggio, invece, richiede una condotta attiva e specifica, finalizzata a ostacolare concretamente l’identificazione dell’origine criminale del denaro o dei beni, come ad esempio farli transitare su conti di gioco per mascherarne la provenienza.

Si può essere condannati per concorso in usura anche senza aver pattuito il prestito iniziale?
Sì. Poiché l’usura è un reato a consumazione prolungata che dura fino al pagamento dell’ultima rata di interessi illeciti, chiunque intervenga fornendo un contributo attivo alla riscossione di tali interessi (ad esempio, sollecitando o minacciando la vittima) è considerato un concorrente nel reato, anche se non ha partecipato alla stipula originaria del prestito.

Cosa si intende per “stato di bisogno” come aggravante del reato di usura?
Lo “stato di bisogno” non si limita a una condizione di povertà assoluta, ma comprende qualsiasi situazione di grave difficoltà economica che generi nella vittima un forte assillo e una pressione psicologica. Questa condizione limita la sua libertà di scelta e la rende particolarmente vulnerabile, inducendola ad accettare le condizioni usurarie come unica via d’uscita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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