Riciclaggio e furto: quando l’autore del reato non è punibile due volte?
Un principio cardine del nostro ordinamento penale stabilisce che chi commette un reato (il cosiddetto reato presupposto, come un furto) non può essere punito anche per le condotte successive di ricettazione o riciclaggio dello stesso bene. Ma cosa accade se l’imputato si limita ad affermare di essere l’autore del furto per sfuggire a una condanna per riciclaggio? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione del confine tra riciclaggio e furto, chiarendo quali prove sono necessarie per sostenere una simile linea difensiva.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di riciclaggio di un’autovettura. La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo provato che l’imputato avesse compiuto operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del veicolo.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’unica tesi: egli stesso era l’autore del furto dell’auto. Di conseguenza, secondo la difesa, non poteva essere condannato per il successivo delitto di riciclaggio. A sostegno di questa affermazione, venivano portate le dichiarazioni di un altro soggetto coinvolto e una conversazione registrata, dalle quali, a dire della difesa, emergeva la sua responsabilità esclusiva nel reato presupposto.
La questione giuridica e la distinzione tra riciclaggio e furto
Il nucleo del problema legale verte sulla non punibilità dell’autore del reato presupposto per i reati successivi di gestione del provento illecito. In parole semplici, se una persona ruba un’auto, la sua condotta illecita si esaurisce con il furto. Non può essere condannato una seconda volta per aver poi nascosto, venduto (ricettazione) o modificato (riciclaggio) la stessa auto.
Tuttavia, per beneficiare di questa esclusione di punibilità, è necessario che sia accertato, o quantomeno plausibile sulla base di elementi concreti, che l’imputato di riciclaggio sia effettivamente la stessa persona che ha commesso il furto. La difesa, in questo caso, ha cercato di dimostrare proprio questa coincidenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la tesi difensiva non fosse supportata da prove adeguate, ma si basasse su una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e disattesi dalla Corte di Appello.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha spiegato in modo chiaro perché la difesa non è risultata convincente. In primo luogo, l’argomentazione si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni di un correo, il quale aveva un evidente interesse ad addossare all’imputato la responsabilità del furto per alleggerire la propria posizione. Tali dichiarazioni, quindi, sono state ritenute inattendibili.
In secondo luogo, dalla conversazione registrata non emergeva una confessione del furto, ma piuttosto un accordo tra i due soggetti per compiere le operazioni di ‘ripulitura’ dell’auto, rafforzando quindi l’accusa di riciclaggio.
Infine, e questo è il punto cruciale, l’imputato non ha mai reso dichiarazioni confessorie riguardo al furto. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sent. n. 20193/2017 e n. 43849/2023), secondo cui una generica deduzione difensiva, avanzata per la prima volta in appello, non è sufficiente a ottenere una riqualificazione del fatto da riciclaggio a furto. In assenza di indicazioni concrete fornite dall’imputato stesso o di altre prove solide, il giudice può legittimamente confermare la condanna per riciclaggio.
Le conclusioni
La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per evitare una condanna per riciclaggio sostenendo di essere l’autore del furto, non basta una semplice affermazione. È necessario fornire elementi di prova concreti, credibili e non basati unicamente su dichiarazioni auto-interessate di altri coimputati. Questa decisione sottolinea come il tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti davanti alla Corte di Cassazione sia destinato all’insuccesso, poiché il suo compito è vigilare sulla corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito delle prove. Di conseguenza, chi è accusato di riciclaggio e intende sostenere di essere l’autore del reato presupposto deve costruire una linea difensiva solida fin dai primi gradi di giudizio.
Chi commette un furto può essere condannato anche per il riciclaggio dello stesso bene?
No, in linea di principio, chi commette il reato presupposto (il furto) non può essere condannato anche per il riciclaggio del bene rubato. Tuttavia, la sua qualità di autore del furto deve essere provata o quantomeno supportata da elementi concreti.
Quali prove sono state considerate insufficienti dalla Corte per dimostrare che l’imputato era l’autore del furto?
La Corte ha ritenuto insufficienti le sole dichiarazioni di un concorrente nel reato di riciclaggio, considerate un tentativo di addossare la responsabilità. Inoltre, ha giudicato irrilevante una generica affermazione difensiva in assenza di una confessione dell’imputato o di altre prove concrete.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva le stesse argomentazioni già respinte in appello e chiedeva alla Corte una nuova valutazione dei fatti, un compito che non rientra nelle sue funzioni di giudice di legittimità.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27373 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27373 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 7/11/2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020, convertito nella L. 18/12/2020 n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dall’art. 16 del D.L. 30/12/2021, n.228, convertito nella L. 25/02/2022 n. 15); udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con sentenza emessa il 7/11/2023 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del GIP del Tribunale di Palermo che aveva condannato l’odierno ricorrente alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di riciclaggi
un’autovettura.
GLYPH Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME, per mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza in ragione del seguente motivo: violazione di legge e illogicità manifesta della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, non avendo il giudice di merito tenuto conto degli elementi di prova ( dichiarazioni del teste COGNOME e conversazione registrata) dai quali si evinceva che autore del delitto presupposto era proprio il ricorrente di tal che sarebbe inconfigurabile, a suo carico, il delitto di riciclaggio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso inammissibile perché proposto per motivo che reitera doglianze prospettate in appello adeguatamente superate dal giudice di secondo grado.
Nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcuna violazione di legge né sussistono i denunciati vizi della motivazione.
Il ricorrente ha, in larga parte riproposto, anche testualmente, i motivi di appello, disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti giuridici, in esi ad una incensurabile ricostruzione del fatto operata da entrambi i giudici di merito, peraltro sulla base di alcune pacifiche e non contestate circostanze.
3.1. In particolare la Corte d’appello ha evidenziato come la prospettazione difensiva circa la disponibilità del mezzo da parte di COGNOME per essere egli l’autore del furto, non potesse trovare accoglimento perché affidata solo alle dichiarazioni del COGNOME, concorrente nel delitto di riciclaggio, nel tentativo addossare al COGNOME la responsabilità esclusiva del delitto laddove invece dalla conversazione registrata emergeva l’accordo dei due nell’esecuzione di operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza furtiva dell’auto mentre l’imputato non ha reso dichiarazioni confessorie in ordine al fatto avere posto in essere il furto del mezzo, circostanza prospettata dal difensore, in limine, con l’atto di appello.
Ebbene detta generica deduzione svolta dal difensore solo con l’atto di appello non è idonea per riconoscere la richiesta riqualificazione, considerato che il giudice di merito,con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità, può contrapporre, ai fini della qualificazione giuridica del fatto come ricettazione ( l stesso vale per il riciclaggio) (e non come furto), l’assenza di indicazioni sul punto da parte dell’imputato» (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe , n.m. ; Sez. 2, n. 43849 del 29/09/2023, Rv. 285313)
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/5/2024