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Riciclaggio e concorso in truffa: la distinzione

La Cassazione ha annullato una sentenza che riqualificava il riciclaggio in concorso in truffa. Il caso riguardava la monetizzazione di assegni provenienti da una truffa ai danni di un ente pubblico. La Corte ha stabilito che se l’azione di ‘pulizia’ del denaro è successiva alla consumazione della truffa, si configura il reato di riciclaggio e non il concorso, con importanti conseguenze sulla responsabilità civile.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio e Concorso in Truffa: la Linea Sottile Tracciata dalla Cassazione

La distinzione tra riciclaggio e concorso in truffa è un tema giuridico cruciale con profonde implicazioni pratiche, specialmente per quanto riguarda la responsabilità penale e civile. Con la sentenza n. 9917 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo argomento, offrendo un chiarimento fondamentale sul criterio temporale che separa le due fattispecie. La decisione sottolinea come un’azione di ‘pulizia’ del denaro, se posta in essere dopo che il reato presupposto si è perfezionato, non possa essere considerata un contributo al reato stesso, ma configuri l’autonomo delitto di riciclaggio.

Il Caso in Esame: Dalla Truffa alla Monetizzazione

I fatti alla base della sentenza riguardano una complessa operazione illecita. Un imprenditore aveva ottenuto fraudolentemente ingenti contributi pubblici da un’agenzia nazionale per gli investimenti. Successivamente, per occultare la provenienza del denaro, aveva emesso tre assegni bancari intestati a un terzo soggetto, il quale, a sua volta, li aveva girati a un secondo imputato. Quest’ultimo si era poi recato presso un ufficio postale per incassare gli assegni in contanti, restituendo successivamente la somma al primo imprenditore.

In primo grado, questo secondo soggetto era stato condannato per il reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.), in quanto la sua condotta era stata ritenuta finalizzata a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme.

La Riqualificazione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha ribaltato la qualificazione giuridica del fatto. Ha sostenuto che l’azione di monetizzazione degli assegni non fosse un reato autonomo di riciclaggio, ma un contributo materiale al perfezionamento della truffa aggravata originaria. Di conseguenza, ha riqualificato il reato in concorso in truffa aggravata (artt. 110 e 640-bis c.p.). Poiché, tuttavia, il reato di truffa era già estinto per prescrizione, la Corte d’Appello ha dichiarato il non doversi procedere, revocando le statuizioni civili, ovvero la condanna al risarcimento del danno in favore dell’agenzia pubblica truffata.

L’analisi sul riciclaggio e concorso in truffa della Cassazione

L’agenzia pubblica, in qualità di parte civile, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la logicità della riqualificazione operata dai giudici di secondo grado. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello meramente apparente e viziata.

Le Motivazioni

Il punto centrale della decisione della Cassazione risiede nel criterio cronologico. La Corte ha evidenziato come la truffa si fosse già consumata nel momento in cui l’imprenditore aveva ricevuto i fondi pubblici sul proprio conto. L’attività successiva, ovvero l’emissione e la monetizzazione degli assegni, costituiva una condotta posta in essere dopo il perfezionamento del reato presupposto.

Secondo la Cassazione, la condotta di impiego, sostituzione o trasferimento di beni di provenienza illecita, tipica del riciclaggio, è per sua natura successiva al delitto che ha generato tali beni. L’azione del secondo imputato non ha contribuito a realizzare la truffa, ma a ‘ripulire’ i proventi che da essa erano già derivati. Di conseguenza, la corretta qualificazione giuridica era quella di riciclaggio, come stabilito dal giudice di primo grado, e non di concorso in truffa. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva definito la monetizzazione come un ‘concorso al perfezionamento’ della truffa, è stata giudicata illogica perché la truffa era, appunto, già perfetta.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato la sentenza d’appello limitatamente agli effetti civili. Ciò significa che, sebbene la pronuncia penale di estinzione del reato per prescrizione resti ferma, la questione del risarcimento del danno in favore dell’agenzia pubblica dovrà essere riesaminata da un giudice civile competente. Quest’ultimo dovrà valutare la responsabilità dell’imputato sulla base della ricostruzione dei fatti e della corretta qualificazione giuridica (riciclaggio), utilizzando le prove raccolte nel processo penale.

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per aversi concorso di persone in un reato, il contributo del complice deve essere fornito prima o durante la consumazione del reato stesso. Qualsiasi azione successiva, volta a gestire o occultare i proventi illeciti, integra una diversa e autonoma fattispecie di reato, come il riciclaggio, con tutte le conseguenze che ne derivano, anche sul piano della responsabilità civile.

Qual è la differenza fondamentale tra concorso in truffa e riciclaggio secondo la Corte?
La differenza risiede nel momento in cui avviene la condotta. Si ha concorso in truffa se il contributo viene fornito prima o durante la consumazione del reato presupposto. Si configura invece il reato di riciclaggio se l’azione di ‘pulizia’ del denaro illecito è posta in essere dopo che il reato presupposto (la truffa) si è già concluso e perfezionato.

Perché la Corte di Appello aveva riqualificato il reato da riciclaggio a concorso in truffa?
La Corte di Appello aveva erroneamente ritenuto che l’atto di monetizzare gli assegni costituisse un contributo al perfezionamento della truffa originaria, senza considerare che il reato di truffa si era già consumato nel momento in cui l’autore principale aveva ricevuto i fondi pubblici.

Quali sono le conseguenze della decisione della Cassazione per la parte civile?
La Cassazione ha annullato la sentenza d’appello per quanto riguarda le statuizioni civili. Di conseguenza, la parte civile (l’agenzia pubblica) potrà ottenere un nuovo giudizio davanti a un giudice civile per accertare la responsabilità per il danno subito. Il giudice civile dovrà decidere sulla base dei fatti emersi nel processo penale, ma applicando la corretta qualificazione giuridica di riciclaggio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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