Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23831 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23831 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIETRI SUL MARE il 06/12/1970
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE di APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 27 giugno 2024 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa il 30 novembre 2023 dal Tribunale di Torino nei confronti dell’imputato COGNOME NOME, riqualificava il fatto originariamente qualificato come bancarotta fraudolenta per distrazione – ex art. 648-bis cod. pen., eliminava le pene accessorie e confermava nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione dell’art. 648-bis cod. pen. in relazione all’omessa individuazione del reato presupposto del delitto di riciclaggio, e ancora mancanza di motivazione.
Osservava che l’imputazione originaria aveva ad oggetto il reato di bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, che nel riqualificare il fatto nel delitto di riciclaggio la Corte d’Appello non avev individuato il delitto presupposto e che il ricorrente era rimasto estraneo alle vicende distrattive e fallimentari della società.
Con il secondo motivo deduceva inosservanza della legge penale con riferimento alla mancata contestazione della data di commissione del reato.
Osservava che a seguito della riqualificazione del fatto la data del commesso reato, che la Corte territoriale non aveva indicato, non poteva più essere considerata quella della dichiarazione di fallimento, ciò che induceva incertezza sul punto, con conseguenze rilevanti anche ai fini del calcolo del termine di prescrizione del reato di riciclaggio.
In data 25 febbraio 2025 la difesa depositava note di udienza con le quali ribadiva le argomentazione già dedotte con il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Nel caso di specie il reato presupposto del delitto di riciclaggio deve essere individuato GLYPH nel GLYPH reato GLYPH di GLYPH bancarotta GLYPH per GLYPH distrazione GLYPH commesso. dall’amministratore della società fallita(. t s. GLYPH n ·····-tq
La Corte d’Appello, invero, a fronte di un capo di imputazione che descriveva la condotta consistita nell’avere il Fasano ricevuto, mediante bonifici effettuati a cura dell’amministratore della società fallita, COGNOME NOME NOMECOGNOME nonché da egli stesso munito di procura speciale rilasciata all’uopo dal COGNOME, dal conto della società fallita al proprio conto corrente personale somme di denaro che erano state distratte dalle casse sociali, ha ritenuto che tale condotta integrasse il delitto di riciclaggio in quanto concretatasi nel compimento di operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme accreditate sul proprio conto, e in particolare
l’accertamento della riconducibilità delle somme medesime alla società poi fallita.
Quanto al tempus commissi delicti, e considerato che nella specie i bonifici erano stati effettuati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento (risalente al 31 gennaio 2013), la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale i delitti di ricettazione e riciclaggi riguardanti il provento del reato di bancarotta fraudolenta sono configurabili anche nell’ipotesi di condotte distrattive compiute prima della dichiarazione di fallimento, in tutti i casi in cui tali condotte erano “ah origine” qualificabili co appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 cod. pen., per effetto del rapporto di progressione criminosa esistente fra le fattispecie che comporta l’assorbimento di tale ultimo delitto in quello di cui all’art. 216 L.F. quando i soggetto, a danno della quale l’agente ha realizzato la condotta appropriativa, venga dichiarato fallito (Sez. 5, n. 572 del 16/11/2016, COGNOME e altri, Rv. 268600 – 01).
Né la difesa, con il ricorso, ha sollevato ulteriori questioni in relazione alla riqualificazione giuridica del fatto effettuata dalla Corte territoriale.
Parimenti infondato è il secondo motivo, dovendosi individuare il tempus commessi delicti con riferimento alle date di effettuazione dei bonifici effettuati sul conto personale dell’imputato e aventi ad oggetto le somme di denaro distratte dalle casse della società fallita, nel caso di specie, come emerge dalla motivazione della sentenza di primo grado, eseguiti fino al 27 settembre 2012.
Ciò posto, si deve premettere che la determinazione del termine di prescrizione del reato va effettuata secondo il calendario comune con decorrenza dal giorno successivo al verificarsi del fatto e senza tenere conto dei giorni effettivi di cui è composto l’anno o il mese (v., in tal senso Sez. 5, n. 21947 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247413 – 01).
Si deve altresì premettere che il decorso del termine di prescrizione inizia, per i reati consumati, dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita e, quindi il computo incomincia con le ore zero del giorno successivo a quello in cui si è manifestata compiutamente la previsione criminosa e termina alle ore ventiquattro del giorno finale calcolato secondo il calendario comune (cfr., Sez. 6, n. 4698 del 16/03/1998, COGNOME, P.v. 211066; Sez. 3, n. 23259 del 29/04/2015, Richichi, Rv. 263650).
Evidenzia il Collegio come, nella fattispecie, a fronte di una condotta consumata, come detto, il 27 settembre 2012, applicando – per il reato ritenuto
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dalla Corte d’Appello – il termine ordinario di prescrizione pari ad anni quindici,
è possibile individuare il compimento della prescrizione alla data del 27
settembre 2027.
Pertanto il reato ritenuto dalla Corte d’Appello non risulta ancora prescritto.
Di qui l’infondatezza del motivo in trattazione.
4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere rigettato;
ricorrente deve, pertanto, essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27/03/2025