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Riciclaggio e Autoriciclaggio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per riciclaggio e autoriciclaggio nei confronti di due familiari, un padre e un figlio, coinvolti in un complesso schema di evasione fiscale e successivo occultamento dei proventi. La sentenza chiarisce in modo definitivo la distinzione tra le due fattispecie di reato, sottolineando che il riciclaggio è commesso da chi non ha partecipato al reato presupposto, mentre l’autoriciclaggio è addebitabile all’autore stesso del reato originario. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi, ribadendo che anche operazioni tracciabili possono costituire riciclaggio se idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio e Autoriciclaggio: la Cassazione stabilisce i confini

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 765 del 2025, offre un’analisi dettagliata e cruciale sui reati di riciclaggio e autoriciclaggio, consolidando principi fondamentali per la loro corretta applicazione. Il caso, che vedeva imputati un padre e un figlio per un complesso schema di illeciti finanziari, ha permesso ai giudici di ribadire la netta distinzione tra le due fattispecie e di chiarire alcuni aspetti procedurali e sostanziali di grande rilevanza pratica.

I fatti: un complesso schema di evasione fiscale e reinvestimento

Il caso trae origine da un’articolata attività illecita gestita da un nucleo familiare. Il padre, attraverso diverse società, aveva commesso una serie di reati fiscali, generando ingenti profitti illeciti. Questi proventi venivano successivamente trasferiti e ‘ripuliti’ attraverso operazioni finanziarie e societarie gestite principalmente dal figlio. Quest’ultimo, utilizzando conti correnti personali e societari a lui riconducibili, riceveva le somme di provenienza delittuosa e le reinvestiva in varie attività, tra cui società di comodo e attività commerciali, al fine di ostacolarne la tracciabilità e l’identificazione dell’origine criminale.

Il figlio è stato condannato per riciclaggio continuato, associazione per delinquere e intestazione fittizia di valori. Il padre, invece, è stato riconosciuto colpevole di autoriciclaggio e di reati fiscali come l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Le posizioni degli imputati e i motivi del ricorso

Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. La difesa del figlio sosteneva che le operazioni contestate non fossero idonee a configurare il riciclaggio, data la tracciabilità dei flussi finanziari, e che, in ogni caso, egli avrebbe dovuto essere considerato concorrente nel reato presupposto commesso dal padre, escludendo così la sua punibilità per riciclaggio. Si lamentava inoltre un’errata qualificazione giuridica dei fatti, che avrebbero dovuto essere ricondotti al meno grave reato di ricettazione o di trasferimento fraudolento di valori.

La difesa del padre, d’altro canto, eccepiva la genericità del capo d’imputazione per autoriciclaggio e contestava la determinazione della pena, ritenuta sproporzionata.

L’analisi della Corte su riciclaggio e autoriciclaggio

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra riciclaggio e autoriciclaggio. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: risponde di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) chi, non avendo concorso nel reato presupposto (l’extraneus), compie operazioni per occultare i proventi illeciti. Risponde invece di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.) lo stesso autore del reato presupposto (l’intraneus) che reinveste i profitti in attività economiche, finanziarie o imprenditoriali.

Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che il figlio non aveva partecipato ai reati fiscali commessi dal padre. Di conseguenza, il suo ruolo era quello di un soggetto esterno che ‘ripuliva’ il denaro, configurando correttamente il delitto di riciclaggio. La Corte ha inoltre precisato che il riciclaggio è un reato a forma libera, la cui condotta consiste in qualsiasi atto idoneo, anche solo potenzialmente, a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Pertanto, la mera tracciabilità dei bonifici bancari non esclude il reato, poiché il trasferimento di denaro da un conto a un altro, diversamente intestato, è di per sé sufficiente a rendere più difficile l’accertamento.

Altri punti chiave della sentenza: associazione e trasferimento di valori

La condanna per associazione a delinquere

La Cassazione ha confermato anche la condanna del figlio per associazione a delinquere (art. 416 c.p.), ritenendo provato il suo contributo stabile e consapevole al sodalizio criminale. Il suo ruolo non era meramente esecutivo, ma centrale nel sistema di ‘pulizia’ del denaro, attraverso la gestione di società fittizie e la partecipazione attiva alla vita dell’associazione.

La distinzione tra riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori

Un altro aspetto rilevante è la distinzione tra il riciclaggio e il trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.). La difesa sosteneva che quest’ultimo dovesse essere assorbito dal primo. La Corte ha chiarito che l’assorbimento avviene solo quando l’intestazione fittizia costituisce una mera modalità esecutiva della più ampia condotta riciclatoria. Nel caso specifico, i due reati sono stati ritenuti autonomi, poiché le intestazioni fittizie delle società erano avvenute in un momento successivo e distinto rispetto alle operazioni di riciclaggio, rappresentando un’ulteriore e separata condotta illecita.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondati e generici tutti i motivi di ricorso. Ha sottolineato come le sentenze di merito avessero ampiamente e logicamente motivato sia la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dei reati contestati, sia la corretta qualificazione giuridica dei fatti. La distinzione tra il ruolo del padre (autore dei reati fiscali e quindi responsabile di autoriciclaggio) e quello del figlio (estraneo ai reati fiscali e quindi responsabile di riciclaggio) è stata considerata immune da vizi. Le censure relative alla determinazione della pena e al diniego delle attenuanti generiche sono state anch’esse respinte, poiché basate su una valutazione congrua della gravità dei fatti e della personalità degli imputati, in linea con i criteri di legge.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante punto di riferimento nella giurisprudenza sui reati economici. Confermando un orientamento consolidato, rafforza la distinzione tra riciclaggio e autoriciclaggio, legandola indissolubilmente alla partecipazione o meno dell’agente al reato presupposto. Inoltre, ribadisce la natura a forma libera del riciclaggio, chiarendo che anche operazioni apparentemente trasparenti possono integrare il reato se finalizzate a complicare la ricostruzione dell’origine dei fondi. Questa decisione conferma la linea dura della giurisprudenza nel contrastare l’infiltrazione di capitali illeciti nell’economia legale, fornendo agli operatori del diritto criteri chiari per l’inquadramento di condotte sempre più sofisticate.

Qual è la differenza fondamentale tra riciclaggio e autoriciclaggio secondo la Corte?
La distinzione si basa sulla partecipazione o meno al reato presupposto. Risponde di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) chi non ha commesso il reato da cui provengono i fondi (‘extraneus’), mentre risponde di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.) l’autore stesso del reato presupposto (‘intraneus’) che reinveste i proventi.

Un trasferimento di denaro tracciabile può comunque configurare il reato di riciclaggio?
Sì. La Corte ha ribadito che il delitto di riciclaggio è integrato da qualsiasi condotta idonea a rendere difficile l’accertamento della provenienza delittuosa del denaro. Anche un bonifico bancario, pur essendo tracciabile, costituisce reato se trasferisce fondi illeciti su un conto diverso, poiché ciò ostacola la ricostruzione dell’origine delle somme.

Il reato di trasferimento fraudolento di valori viene assorbito da quello di riciclaggio?
Non necessariamente. La Corte ha specificato che il trasferimento fraudolento (art. 512-bis c.p.) è assorbito dal riciclaggio solo quando costituisce un segmento della più articolata condotta riciclatoria. Se, come nel caso di specie, avviene in un momento temporale successivo e distinto, si configura come un reato autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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