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Riciclaggio e associazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva escluso la gravità indiziaria per riciclaggio e associazione per delinquere a carico di un soggetto. Il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il riciclaggio fosse un post-fatto non punibile, in quanto l’indagato era anche partecipe del reato presupposto (narcotraffico). La Suprema Corte ha chiarito che, a differenza delle associazioni mafiose, nelle associazioni per delinquere semplici (anche finalizzate al narcotraffico) il partecipe può rispondere sia del reato associativo sia del riciclaggio dei proventi derivanti dai reati-fine, non operando la clausola di non punibilità. Ha inoltre censurato la mancata valutazione del delitto di autoriciclaggio.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio e associazione per delinquere: i confini della punibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2009 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sul rapporto tra riciclaggio e associazione per delinquere, in particolare quando quest’ultima è finalizzata al narcotraffico. La pronuncia chiarisce che i membri di un’organizzazione criminale ‘semplice’ possono essere chiamati a rispondere non solo del reato associativo, ma anche del riciclaggio dei proventi illeciti, senza che operi la clausola di non punibilità prevista per chi concorre nel reato presupposto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine su una complessa organizzazione criminale dedita al riciclaggio di denaro proveniente dal traffico internazionale di stupefacenti. Un indagato era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione all’associazione e per un episodio specifico di riciclaggio, consistito nella consegna di 265.000 euro a un agente sotto copertura.

Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva annullato l’ordinanza. Secondo il Tribunale, poiché l’indagato era già accusato di essere partecipe di un’associazione finalizzata al narcotraffico (il reato presupposto), la successiva condotta di riciclaggio dei proventi costituiva un mero post factum non punibile, assorbito dalla partecipazione al sodalizio. Di conseguenza, veniva meno sia l’accusa di riciclaggio sia quella di associazione per delinquere.

Il Ricorso della Procura e la Questione Giuridica

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Violazione di legge: Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere automaticamente non punibile la condotta di riciclaggio, non distinguendo tra il denaro proveniente da un reato commesso direttamente dall’indagato e quello proveniente da altri traffici del sodalizio.
2. Vizio di motivazione: Anche qualora l’indagato avesse partecipato al reato presupposto, il Tribunale avrebbe dovuto valutare la sussistenza del diverso reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Inoltre, la caduta dell’accusa di riciclaggio non poteva comportare l’automatica insussistenza del reato associativo, che il Tribunale stesso aveva descritto come una struttura complessa e gerarchizzata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La motivazione della Corte si articola su principi di diritto fondamentali per comprendere la distinzione tra diverse forme di criminalità organizzata e i reati economici.

Nessuna ‘Presupposizione’ tra Associazione Semplice e Riciclaggio

Il punto centrale della decisione riguarda la differenza tra l’associazione per delinquere ‘semplice’ (art. 416 c.p.) o finalizzata al narcotraffico (art. 74 d.p.r. 309/90) e l’associazione di tipo mafioso. La giurisprudenza ha chiarito che solo nell’associazione mafiosa l’esistenza stessa del sodalizio è idonea a produrre proventi illeciti, attraverso la forza di intimidazione e il controllo del territorio.

Nelle associazioni ‘semplici’, invece, la ricchezza non deriva dall’esistenza dell’organizzazione in sé, ma dalla commissione dei singoli ‘reati-fine’ (in questo caso, le vendite di droga). Di conseguenza, non esiste un rapporto di ‘presupposizione’ tra il delitto associativo e il riciclaggio dei proventi. Questo significa che il partecipe al sodalizio che si occupa di ‘ripulire’ il denaro può essere punito per entrambi i reati, poiché la clausola di non punibilità dell’art. 648-bis c.p. (che esclude chi ha concorso nel reato presupposto) non opera in questo contesto.

L’ipotesi trascurata dell’Autoriciclaggio

La Corte ha inoltre censurato il Tribunale del riesame per non aver considerato l’ipotesi dell’autoriciclaggio. Anche ammettendo che il denaro consegnato dall’indagato provenisse da un traffico di cui era stato autore, la sua condotta poteva comunque configurare il delitto di autoriciclaggio. Questo reato, infatti, punisce chiunque, dopo aver commesso un delitto non colposo, reinveste i proventi in attività economiche, finanziarie o speculative in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. La mera consegna del denaro a un altro membro dell’organizzazione per la ‘ripulitura’ rientra pienamente in questa fattispecie.

L’errore logico sulla caduta del Reato Associativo

Infine, la Cassazione ha definito ‘del tutto inidonea’ e ‘in insanabile contraddizione’ l’affermazione del Tribunale secondo cui, venendo meno l’accusa di riciclaggio, decadeva anche quella di partecipazione all’associazione. Il Tribunale, infatti, aveva precedentemente descritto in dettaglio una struttura criminale stabile, organizzata e con una precisa ripartizione dei ruoli. Far cadere l’intera impalcatura associativa solo per l’erronea esclusione di un singolo reato-fine costituisce un palese vizio logico e motivazionale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito: la partecipazione a un’associazione per delinquere, anche se finalizzata al narcotraffico, non crea una ‘zona franca’ per il riciclaggio e associazione per delinquere. I membri che si occupano di gestire e ripulire i flussi di denaro possono e devono rispondere autonomamente di questo reato, o in alternativa di autoriciclaggio. La Corte ha quindi rinviato il caso al Tribunale del riesame per una nuova valutazione, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati, analizzando correttamente la sussistenza della gravità indiziaria per tutte le figure di reato contestate.

Chi partecipa a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico può essere punito anche per il riciclaggio dei proventi?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tra il delitto di associazione per delinquere (anche finalizzata al traffico di stupefacenti) e quello di riciclaggio non vi è un rapporto di ‘presupposizione’. Pertanto, chi partecipa al sodalizio può essere punito anche per il riciclaggio dei beni provenienti dai reati-fine commessi dall’organizzazione.

Perché il delitto di associazione di tipo mafioso è trattato diversamente in materia di riciclaggio?
Perché, a differenza di un’associazione semplice, l’associazione di tipo mafioso è considerata di per sé idonea a produrre ricchezza illecita, non solo attraverso la commissione di reati specifici, ma anche mediante la forza di intimidazione, l’assoggettamento e il controllo delle attività economiche. Per questo motivo, la giurisprudenza ha elaborato principi differenti.

Cosa accade se una persona ricicla il denaro proveniente da un reato che ha commesso lei stessa?
In questo caso può configurarsi il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Tale delitto si realizza quando l’autore del reato presupposto reinveste i profitti illeciti in attività economiche, finanziarie o speculative in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro origine delittuosa. La clausola di non punibilità per la mera utilizzazione o godimento personale non si applica a queste condotte dissimulatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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