Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29547 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29547 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato a Roma il 17/10/1975
avverso la sentenza del 10/06/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso, con conferma delle statuizioni civili e condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio, come da allegata nota spese.
RITENUTO IN FATTO
Con la decisione impugnata, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa in data 20 ottobre 2022 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Velletri nei confronti di NOME COGNOME ha assolto l’imputato dai
reati ascrittigli ai punti 2 e 3 del capo a) dell’imputazione e ha confermato per il resto, rideterminando la pena irrogata per la residua ipotesi di cui al punto 1 del medesimo capo a) , in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 648bis cod. pen.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, a mezzo dei propri difensori, articolando quattro motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all ‘ art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 191, comma 2, cod. proc. pen. e 220 disp. att. cod. proc. pen., nonché contraddittorietà o illogicità della motivazione, per quanto attiene alla ribadita utilizzabilità degli atti di indagine interna della RAGIONE_SOCIALE Poste Italiane Spa (soggetto privo di poteri investigativi), in assenza della minima attività da parte degli organi inquirenti.
2.2. Contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione dei fatti, in assenza di prove dirette di contatti del ricorrente con gli altri coimputati e in genere di un coordinamento tra loro, essendo stati valorizzati irritualmente gli atti interni della società e mere ipotesi congetturali.
2.3. Violazione di legge in relazione all ‘ art. 648bis cod. pen. e contraddittorietà e illogicità della motivazione, riguardo all ‘affermazione di responsabilità per riciclaggio, posto che dagli atti non emergerebbe alcun elemento da cui desumere compiutamente la consapevolezza in capo all’imputato della provenienza delittuosa del denaro.
2.4. Violazione di legge in relazione all ‘ art. 61, n. 9, cod. pen. e contraddittorietà e illogicità della motivazione, in ordine alla qualificazione dell’attività di raccolta del risparmio operata da Poste Italiane come avente natura pubblicistica. Nel caso di specie, le mansioni svolte dal ricorrente, di tipo bancario/finanziario, sarebbero state completamente distinte dai servizi propriamente postali.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell ‘ art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Quanto al primo motivo, non è seriamente contestabile la natura di prove documentali, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., degli atti ivi compresi i verbali delle dichiarazioni rese da NOME -redatti dal datore di lavoro, titolare dei poteri,
di matrice prettamente privatistica, disciplinari e di controllo interno finalizzato a verificare la regolarità della gestione.
Gli esiti dell’inchiesta ispettiva interna restano, dunque, affatto estranei al paradigma di cui all’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., che concerne le «attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti», svolte nell’esercizio di pubblici poteri di sorveglianza (Sez. U. n. 45477 del 28/11/2001, COGNOME, Rv. 220291-01, in motivazione; Sez. 6, n. 35780 del 30/05/2023, COGNOME, non mass.; nonché, proprio in tema di dipendenti di Poste Italiane, Sez. 2, n. 3819 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 51766 del 18/09/2018, COGNOME, Rv. 274575-01).
Come correttamente ribadito dalla Corte capitolina, inoltre, poiché il giudizio abbreviato costituisce un procedimento ‘a prova contratta’, alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, la scelta abdicativa dell’imputato gli avrebbe, comunque, precluso la possibilità di eccepire l’inutilizzabilità non ‘patologica’ (Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216246-01; Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272196-01; Sez. 6, n. 12085 del 19/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252580-01).
Il primo motivo è, dunque, manifestamente infondato.
Il secondo e il terzo motivo, incentrati sulla (asseritamente erronea) ricostruzione della vicenda storica e connotati da un contenuto reiterativo e meramente fattuale, possono essere esaminati congiuntamente.
Con apparato argomentativo congruo e coerente con le emergenze istruttorie (e, dunque, impermeabile allo scrutinio di legittimità), i giudici di merito, ritenendo non illogicamente la gravità, precisione e concordanza del quadro indiziario, hanno affermato che l’incontestata materialità delle operazioni concretamente effettuate da Pinata deve ritenersi accompagnata dalla piena consapevolezza di concorrere nella sostituzione e nel trasferimento di liquidità, in modo da ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa.
La tesi difensiva fondata sull’inganno da parte dei portatori dei titoli appare del tutto superata sulla scorta di circostanze altamente sintomatiche del contrario (indubitabile preparazione e competenza professionale dell’imputato, che non aveva mai dato àdito a rilievi; mancata segnalazione ai superiori, di un ‘operazione per importi consistenti in violazione delle disposizioni interne; mancata compilazione della modulistica anti-riciclaggio; palese apocrifìa delle firme apposte in calce ai titoli e ai moduli; consultazione del conto della madre contestualmente al rimborso dei buoni fruttiferi; discrasia tra le dichiarazioni di NOME, secondo cui al suo sportello si sarebbe presentata una donna, e le registrazioni della videosorveglianza, che attestano invece la presenza di una figura maschile;
incongrua consultazione del conto, aperto presso un ufficio di Reggio Calabria, di soggetto già deceduto da cinque anni).
Ad ogni buon conto, la fattispecie di cui all’art. 648bis cod. pen. delinea un delitto a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, realizzabile anche con modalità frammentarie e progressive, che si consuma con la realizzazione dell ‘ effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche descritte dalla norma incriminatrice. Pertanto, integra un autonomo atto di riciclaggio qualsiasi prelievo o trasferimento di somme di denaro, quale condotta volta non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della sua provenienza (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, COGNOME Mario, Rv. 28614001).
I motivi in esame non possono, quindi, reputarsi consentiti e risulterebbero, in ogni caso, manifestamente infondati.
Il quarto motivo, inerente al profilo circostanziale dell’ abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, risulta infondato.
Nel caso di specie, la circostanza aggravante comune è stata riconosciuta sulla base della qualifica di «addetto alla liquidazione dei buoni postali fruttiferi, operava in autonomia e aveva la disponibilità del denaro di cassa destinato al rimborso e rilasciava attestazioni di pagamento» (sentenza di appello, p. 15).
Con l’informazione provvisoria del 29 maggio 2025, relativa al procedimento n. 36993/2023 R.G., COGNOME, questa Corte regolatrice, nella sua massima espressione nomofilattica, ha affermato che:
la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi, effettuata da Poste italiane Spa per conto della Cassa depositi e prestiti, ha natura pubblicistica;
-l’ operatore di Poste Italiane Spa addetto alla vendita e gestione di tali prodotti riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
Nell ‘ attività di ‘ gestione ‘ dei prodotti finanziari , espressamente ricondotta al mansionario proprio dell’ operatore di Poste Italiane (in quanto tale, incaricato di pubblico servizio , anche ai sensi dell’art. 61, n. 9, cod. pen. ), non può che ritenersi inclusa anche la liquidazione finale dei buoni fruttiferi, quale segmento conclusivo del rapporto tra l’ente e l’utenza privata .
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente non deve, però, essere condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile.
Nel giudizio di legittimità, infatti, quando il ricorso dell ‘ imputato viene rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, purché abbia effettivamente esplicato, nel contraddittorio cartolare, un ‘ attività diretta a contrastare l ‘ avversa pretesa, a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (cfr. Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 28192301; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713-01; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, COGNOME, Rv. 278834-01).
Nel caso di specie, le stringate conclusioni di Poste Italiane si limitavano a richiamare -senza particolari considerazioni, neppure in merito agli ulteriori profili di censura -l’avvenuta decisione delle Sezioni Unite (in attesa della quale, peraltro, era stato disposto apposito rinvio all’odierna udienza).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così deciso il 1° luglio 2025.