Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21487 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 08/08/1956 Uv if f t GLYPH ” COGNOME nato a POLLA il 23/07/1991 COGNOME NOME COGNOME nato in ROMANIA il 06/03/1993 COGNOME nato a SALA CONSILINA il 25/03/1964 avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME e per l’inammissibilità di quello di Alfano;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1 bis e ss. c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la Corte d’appello di Potenza ha confermato la sentenza del Tribunale di Lagonegro del 20 novembre 2019 con cui NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti responsabili del reato di riciclaggio di una autovettura, con condanna alla rispettiva pena di giustizia.
Avverso la predetta pronuncia della Corte di appello sono stati presentati distinti ricorsi per cassazione da NOME COGNOME da un lato, e da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con atto unitario, dall’altro.
2.1 NOME COGNOME deduce:
con un primo motivo, violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione (art. 606, lett. b, in relazione all’art. 192, comma 3, nonché lett. e, cod. proc. pen.) in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei coimputati.
La Corte d’appello, da un lato, ha travisato il fatto, avendo introdotto per la prima volta nel giudizio un elemento probatorio (l’ipotizzato accordo tra colui che aveva preso a noleggio la vettura e l’Alfano, per la consegna a questi della macchina) inesistente, e, dall’altro, ha violato l’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. omettendo le necessarie valutazioni accusatorie rese dai coimputati nello stesso procedimento.
con un secondo motivo, motivazione mancante (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) in relazione alla prova della condotta dell’imputato, dedotta unicamente dal possibile movente economico del reato, essendosi ritenuto Alfano il beneficiario del provento del reato.
2.2 Gli altri tre imputati congiuntamente deducono, formulando un unico motivo, violazione di legge e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione (art. 606, lett. b nonché lett. e, cod. proc. pen.).
Si lamenta “l’insieme dei vizi interpretativi di sussunzione” in cui è incorsa la Corte di appello, che ha ritenuto integrato il riciclaggio della vettura dal semplice smontaggio della stessa, avvenuto, tuttavia, senza alterare l’identità dei pezzi, senza procedere ad abrasioni e su un mezzo già privo di targhe e chiavi di accensione. In ogni caso, se integrato, il reato si è arrestato a livello di tentativo
Con memoria inviata per mail, la Difesa degli imputati COGNOME e COGNOME ha replicato alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata va annullata, in parziale accoglimento del ricorso di COGNOME, COGNOME e COGNOME limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno che dovrà verificare se il contestato reato di riciclaggio sia giunto a compimento o si sia arrestato a livello di tentativo, come dedotto dai tre imputati coralmente.
Nel resto, il ricorso dei tre coimputati va respinto, così come va respinto per infondatezza il ricorso di COGNOME, che tuttavia beneficia dell’effetto inevitabilmente estensivo della pronuncia di annullamento della sentenza per la verifica della qualificazione giuridica del fatto.
Quanto al ricorso presentato da NOME COGNOME i due motivi possono essere trattati unitariamente, per ragioni di economia e logica espositiva.
Entrambi sono infondati.
2.1 II primo motivo, come già detto, contesta il travisamento della prova in relazione al contenuto della telefonata ricevuta da NOMECOGNOME e passata all’appuntatoNOME COGNOME il giorno dei fatti. Nel corso della conversazione telefonica l’interlocutore, NOME COGNOME soggetto che si era indebitamente appropriato della autovettura rinvenuta presso l’officina dell’Alfano, avrebbe ammesso di aver concordato con l’Alfano stesso la consegna del veicolo. Tuttavia, si afferma nel ricorso, tale argomento, utilizzato per la prima volta in appello, è smentito dal contenuto della telefonata stessa, riportato nel verbale di arresto dei tre coíndagati dell’Alfano, ed allegato agli atti.
Esaminato il documento menzionato, nella parte in cui riporta la trascrizione della telefonata, si può concludere che effettivamente la interlocuzione tra COGNOME e COGNOME non possa essere letta nel senso che le attribuisce la sentenza di appello. L’imputato COGNOME non viene ivi citato come la persona con cui era stata concordata la consegna del veicolo. Occorre poi notare, che nemmeno la sentenza di primo grado aveva attribuito alla telefonata il contenuto datole dalla sentenza di secondo grado.
Pertanto, a dispetto del fatto che ci troviamo di fronte ad una doppia condanna, non si può dire che vi sia perfetto allineamento tra le due pronunce (c.d. doppia conforme) nell’utilizzo delle stesse prove e degli stessi metri di giudizio, essendo stato utilizzato, per rispondere al motivo d’appello, un elemento di prova non menzionato dal primo giudice. Ciò che lascia sicuramente spazio alla valutazione del dedotto travisamento del fatto in appello (Sez. 4, n. 19710 del 3/02/2009, P.C. in proc. COGNOME, Rv. 243636; Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M, Rv. 283777 – 01) che viene in questa sede rilevato.
Tuttavia, il dedotto travisamento vitiatur sed non vitiat dal momento che esso non ha effetto sradicante della motivazione fornita dalla Corte d’appello. In particolare, la sentenza fa riferimento, ai fini dell’affermazione di responsabilità, all’ulteriore elemento costituito dalle “dichiarazioni degli altri coimputati, le qu si riscontrano reciprocamente” (pg. 7 della motivazione). Tali chiamate di correità costituiscono fondamento autonomo, e sufficiente, per la affermazione di
responsabilità (Sez. 6, n. 47108 del 08/10/2019, COGNOME, Rv. 277393 – 01; Sez. 1, n. 10561 del 28/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280741 – 01), anche a prescindere dalla valorizzazione effettuata nella sentenze (in particolare, di primo grado), di ulteriori indizi convergenti, di carattere oggettivo (la presenza delle targhe e dei documenti della vettura in via di smontaggio sui sedili del veicolo aziendale; la presenza dell’Alfano in azienda nel momento in cui lo smontaggio stava avendo luogo) o logico (l’inverosimiglianza che l’attività dei tre dipendenti, oggi coimputati, potesse essere condotta all’insaputa dell’COGNOME, titolare della attività, in sua presenza ed all’interno della sua officina).
2.2 Quanto al secondo motivo, attinente al ruolo svolto dall’imputato, la dedotta carenza motivazionale non è ravvisabile, avendo entrambe le sentenze (la prima a pg. 11 e la seconda a pg. 7) descritto il ruolo apicale e di mandante dell’COGNOME, con valutazioni del tutto congrue ed adeguate del materiale probatorio, avverso le quali la diffesa dell’imputato non è stata in grado di opporre alcuna reale critica di legittimità, limitandosi a dedurre un insussistente vuoto motivazionale.
Passando al ricorso dei tre coimputati, si fa questione di qualificazione del fatto in termini di ricettazione piuttosto che riciclaggio e, in subordine, di tentativ anziché di reato consumato.
Anche qui, è possibile rispondere ai due quesiti in maniera unitaria, trattandosi di questioni che coinvolgono entrambe profili di qualificazione giuridica del fatto.
3.1 In primo luogo, va ribadito l’orientamento consolidato che ravvisa nella pratica dello smembramento per successiva ‘cannibalizzazione’ di un veicolo di origine illecita, l’embrione del riciclaggio, piuttosto che la mera ricettazione dell vettura in sé. Ciò perché il delitto di riciclaggio si differenzia da quello ricettazione in relazione all’elemento materiale, che si connota per l’idoneità a ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, e all’elemento soggettivo, costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione, laddove la ricettazione è connotata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un profitto (cfr., Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437; Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270302; Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 257982; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, COGNOME, Rv. 265379; Sez. 6, n. 28715 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 257205; Sez. 2, n. 35828 del 09/05/2012, Acciaio, Rv. 253890).
In sostanza, la tesi propugnata dalla difesa, svalutando la rilevanza dell’attività realizzata dopo il ricevimento della res furtiva, è controintuitiva, essendo evidente che il frazionamento del veicolo mira al più facile occultamento
dell’attività illecita, fine cui il riciclaggio è in definitiva orientato, costituendo tale fine, elemento di un dolo specifico, ed essendo sufficiente che la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato sia anche solo ostacolata (Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, COGNOME, Rv. 264369), senza essere totalmente impedita.
In tale prospettiva, è irrilevante che allo smontaggio si aggiunga anche l’abrasione dei codici identificativi, impressi su vari pezzi di ciascun autoveicolo, ovvero la riverniciatura dei pezzi.
Sulla base di tali coordinata ermeneutiche, la contestazione di riciclaggio risulta pertanto corretta.
3.2 In secondo luogo, in relazione alla sussistenza del tentativo, il Collegio evidenzia che, tendenzialmente superata l’incertezza interpretativa derivante dall’inquadramento del riciclaggio quale reato a consumazione anticipata (concettualmente incompatibile con il tentativo) o meno, essendosi evidenziato nell’orientamento più recente che l’attuale formulazione della disposizione (art. 648 bis cod. pen.) è nel senso della esclusione della prima alternativa (Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, COGNOME, Rv. 283183 – 01; Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285909 – 01; Sez. 2, n. 3044 del 11/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287488 – 01), la valutazione della sussistenza del tentativo è un tema che va risolto sulla base di una analisi concreta della fattispecie.
In tale prospettiva, diventa rilevante il tema della `atomizzazioner del mezzo o del bene riciclato, termine che si rinviene nella sentenza Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, COGNOME Rv. 274254 – 01, citata sia nella sentenza di primo grado (con argomentazione a contrario, per chiarezza) quanto dalla Difesa dell’imputato nel ricorso per cassazione. Tale espressione, indica, nell’accezione accolta dalla motivazione, non tanto e non solo il processo di frazionamento di un veicolo rubato nelle sue singole componenti meccaniche elementari ma anche la conseguenza che ne deriva, vale a dire la perdita di traccia delle stesse (componenti meccaniche elementari), che si verifica una volta che esse siano installate su altri veicoli o comunque definitivamente cedute a terzi, così venendo ostacolata l’identificazione della provenienza delittuosa e facendo perdere la loro originaria identità.
È cruciale quindi, per intendere il fenomeno giuridico, ed affinché la condotta possa ritenersi compiuta, che allo smontaggio faccia seguito una attività diretta alla dispersione, alla perdita di traccia della componente meccanica elementare, senza che sì possa stabilire, come pare ipotizzato dalla sentenza di appello, l’equivalenza tra “la mera rimozione e/o sostituzione delle targhe dei veicolo, ovvero lo smontaggio, la riutilizzazione o la vendita di singoli pezzi
dell’autovettura” (pg. 9). Tali condotte, peraltro non tutte riscontrabili nel caso concreto (dove non si parla di riutilizzazione o di vendita di singoli pezzi, né di sostituzione delle targhe), corrispondono a fasi differenti del processo di ‘atomizzazione’ (ma, si potrebbe dire anche ‘anonimizzazione’), compiuta nel caso di vendita o riutilizzazione, in itinere nel caso di semplice smontaggio.
In un caso recente (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285909 – 01) l’applicazione dei principi enucleati dal precedente sopra citato (Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, COGNOME Rv. 274254 – 01) ha portato la Corte ad escludere il tentativo ed ad affermare la consumazione del reato, posto che i pezzi del veicolo di provenienza furtiva erano stati disassemblati, trasportati a mezzo di un furgone in una diversa località e quindi trasferiti su di un autoarticolato ove erano stati confusi con beni di origine lecita da destinare alla rivendita all’estero, di tal ch risultava ostacolata l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Si tratta di una fase realizzativa della condotta ben più avanzata di quella che ci occupa.
Sul piano motivazionale, nel presente caso, al di là dei termini eccessivamente generici utilizzati dalla sentenza di appello, che, come detto, pone sullo stesso livello, rispetto al processo di atomizzazione, condotte significativamente differenti, nella sentenza di primo grado si osserva che la applicazione a contrario dei principi dellaitaruso COGNOME (quindi, con esclusione del tentativo) è dipesa dalla strettissima interpretazione del significato attribuito al termine atomizzazione, dal giudice inteso come già realizzato al momento dello smontaggio, quando le componenti abbiano perso la loro connessione con il telaio (il passaggio si trova a pg. 12, alla fine del primo paragrafo), inteso come prossimità fisica, piuttosto che concettuale o ideale.
Tuttavia, nel precedente che lo stesso giudice cita – la sentenza ‘COGNOME COGNOME‘ -, il termine era colto in una accezione più lasca e flessibile, come si è detto sopra, che coglieva la separazione della parte dal tutto non in termini di mera distanza (in una stanza diversa, ad esempio), ma funzionale, in quanto già diretta verso l’occultamento o la dispersione.
Le interpretazioni dei principi ermeneutici in materia fornite dai giudici, tanto in primo come in secondo grado, appaiono pertanto eccessivamente restrittive, improntate ad un rigore che le massime citate non giustificano.
È, quindi, necessario procedere all’annullamento della sentenza, esclusivamente in relazione alla qualificazione del fatto di riciclaggio in termini di tt ) reato tentato o di reato commesso, rigettando i ricorsi nel IFet-ei e rinviando il processo alla Corte di appello di Salerno, che si atterrà ai principi esposti e che dovrà in particolare valutare se dal compendio probatorio emergano elementi per
concludere che i pezzi dell’autovettura fossero, oltre che smontati ed eventualmente rimossi, già diretti all’occultamento o alla dispersione.
Per l’effetto estensivo, dato dalla comunanza della questione a tutte le posizioni, la sentenza va annullata, sul punto, anche nei confronti di NOME
Alfa no.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del fatto con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso il 17 aprile 2025
Il Consi liere relatore
Il Presidente