Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26345 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26345 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a BARI il 22/08/1973
COGNOME NOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il 11/07/1986
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi dei Difensori; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME il quale, riportandosi alla requisitoria-memoria in atti, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME in difesa di COGNOME e in sostituzione dell’Avv. COGNOME insiste per per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME a mezzo dei loro difensori di fiducia, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 16/11/2023, con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale di Bari che ha condannato gli imputati alla pena di giustizia, in ordine al delitto di riciclaggio.
La difesa di NOME COGNOME affida il ricorso a due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, con particolare riguardo ai criteri di valutazione della prova in ordine all’elemento oggettivo e soggettivo richiesto per il reato di riciclaggio.
In particolare, quanto all’elemento oggettivo, non vi è la certezza che l’imputato stesse materialmente compiendo attività volte ad ostacolare la provenienza delittuosa dell’auto di provenienza furtiva, essendo egli stato trovato nella ditta di autodemolizione e nei pressi del veicolo unicamente perché in attesa di ricevere, in un momento successivo all’attività di smontaggio, i pezzi dell’autovettura precedentemente cannibalizzata di cui avrebbe poi fatto commercio in ragione dell’attività di rivendita dallo stesso esercitata.
In riferimento, invece, all’elemento soggettivo, non vi è la prova che l’imputato conoscesse la provenienza furtiva del bene, né che la sua volontà fosse quella di renderne più difficoltosa l’identificazione. Infatti, le doglianze difensive restituiscono una differente interpretazione dei fatti rispetto a quella operata dai giudici di merito, secondo cui l’imputato, anch’egli titolare di una ditta simile, si recasse spesso presso la già menzionata autodemolizione, con lo specifico scopo di acquistare in nero singoli pezzi di ricambio da poter rivendere nell’esercizio della sua attività.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine mancata riqualificazione del fatto nelle forme dell’incauto acquisto o, tutt’al più, nella ricettazione.
Si precisa che, anche volendo ammettere che l’imputato avesse effettivamente la disponibilità di beni oggetto di furto – nel caso di specie sono stati rinvenuti all’interno del suo furgone gli sportelli, la batteria, lo sportello posteriore e il cofano anteriore e posteriore – non si potrebbe mai sostenere che egli avesse la conoscenza della provenienza delittuosa degli stessi – integrando così la fattispecie dell’incauto acquisto – o quantomeno che abbia posto in essere la condotta con l’intento di rendere più gravosa l’identificazione dei beni, poiché il suo unico scopo era quello di appropriarsi delle singole componenti dell’autovettura per rivenderle ad un prezzo maggiorato in un momento successivo, circostanza quest’ultima idonea a derubricare il fatto nel reato di
ricettazione, il quale infatti richiede il dolo specifico del fine di lucro, esattament ricorrente nella fattispecie in esame.
La difesa di COGNOME NOME affida il ricorso a due motivi.
3.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110 e 648-bis cod. pen.
Ad avviso della difesa del ricorrente, la circostanza che l’imputato fosse stato rinvenuto all’interno della ditta “nei pressi del muletto e indossando abiti da lavoro e dei guanti sporchi di grasso” non era elemento sufficiente ad integrare l’elemento oggettivo e soggettivo del riciclaggio nemmeno a titolo di concorso nel reato, non avendo egli contribuito né moralmente né concretamente alla realizzazione della condotta tipica e senza la minima conoscenza della provenienza illecita del bene.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., che la Corte di merito aveva fondato su una motivazione apparente facendo riferimento al fatto che si è “trattato del riciclaggio di un’autovettura e non della ricettazione di due fanali”, dovendosi, invece, avere riguardo al modesto valore economico dei pezzi di ricambio.
Il Sostituto PCOGNOME presso questa Corte, con requisitoria-memoria del 12 maggio 2025, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi dedotti dalla difesa di drí<zia NOME in ordine all'affermazione di responsabilità sono infondati; sono invece inammissibili quelli spiegati dalla difesa di COGNOME NOME.
Al riguardo, dalla lettura delle sentenze di merito risulta che la vettura di provenienza furtiva fu oggetto di operazioni di riciclaggio, ciò essendo stato ricavato dalle condizioni del veicolo al momento dell'accertamento della polizia giudiziaria, essendo stato il mezzo rinvenuto con parti smontate ed occultate le relative targhe.
Lo smontaggio delle diverse parti dell'autovettura e il nascondimento mediante accartocciamento delle targhe rappresentano elementi attuativi dell'azione di ostacolo all'identificazione della provenienza delittuosa del veicolo (ex multis, Sez. 2, n. 15092 del 02/04/2007, Marino, Rv. 236354-01,non mass.; Sez. 2, n. 12766 del 11/03/2011, Spagnolo e altro, Rv. 249678; Sez. 2 n. 11277 del 04/03/2022, Gadaleta, Rv. 282820-01).
Tanto premesso, il tema indotto dalle difese riguarda il coinvolgimento, a titolo di concorso, nelle operazioni di riciclaggio, posto che coperta da giudicato è la posizione del coimputato non ricorrente COGNOME NOME, il quale venne trovato a bordo del muletto che aveva appena caricato l'auto rubata completamente smontata, essendo rimasta solo la scocca con il motore.
All'affermazione di responsabilità i giudici di merito sono pervenuti valorizzando i seguenti elementi di fatto: all'interno dell'area del centro demolizioni di COGNOME Michele, i Carabinieri avevano trovato COGNOME NOME a bordo di un muletto che aveva appena caricato una Fiat Punto (risultata di provenienza furtiva) completamente smontata, di cui era rimasta solo la scocca con il motore. Vicino al muletto vi era il furgone del G . r,NOME e lo stesso ricorrente che stava caricando pezzi della Fiat Punto; anche il COGNOME si trovava vicino al muletto; tutti e tre gli imputati (anche lo COGNOME, dunque) erano vestiti con abiti da lavoro, sporchi di grasso, nonché indossavano guanti per lo smontaggio delle auto; all'interno del furgone del Garzia vennero rinvenuti la batteria, i quattro sportelli, lo sportellone posteriore, il cofano anteriore e posteriore; altri pezzi, invece, erano nei presi dello smontaggio.
Si precisa, poi, che COGNOME NOME, allorché i Carabinieri si erano ivi recati (avendo ricevuto una segnalazione che all'interno era entrata un'auto probabilmente di provenienza furtiva), "era apparso titubante e stava perdendo tempo" tanto che l'accesso nell'area interessata dalle operazioni di smontaggio avveniva su iniziativa di uno dei militari. A richiesta dei militari, COGNOME consegnava le targhe (anteriore e posteriore) della Fiat Punto che erano state riposte, accartocciate, in una scatola di ferro.
Si precisa, infine, che nel corso dell'esame dibattimentale, COGNOME NOME ha affermato che quel giorno era andato all'autodemolizione (di un suo parente) per prendere un pezzo di ricambio per la sua auto e, quando erano giunti i Carabinieri, era intento a smontare un fanale, "tant'è che il suocero gli aveva prestato una tuta da lavoro per non far sporcare gli indumenti".
Se questa, dunque, è la situazione di fatto descritta dai giudici di merito, nessuna manifesta illogicità scontano le sentenze di primo e secondo grado per avere ritenuto concorrenti nel riciclaggio anche gli odierni ricorrenti, disattendo le loro versioni difensive.
Anzitutto palese è che ci si trovasse al cospetto di un'auto la cui provenienza delittuosa era nota o avrebbe dovuto essere nota a tutti i presenti, ciò ricavandosi dall'occultamento contestuale da parte dello Scippa delle targhe, dall'assenza del rinvenimento dei documenti del mezzo, dalla tipologia degli interventi effettuati sul veicolo, notoriamente rivelatori di un'attività illecita di "cannibalizzazione" e tanto a prescindere dalla reticenza del proprietario dell'area che ha caratterizzato l'iniziale accertamento da parte dei Carabinieri.
Si tratta di elementi che sono stati reputati dimostrativi dell'elemento soggettivo del reato, con una motivazione che, in quanto logica e coerente, non può essere contestata in sede di legittimità, non assumendo valenza dirimente le versioni difensive degli imputati inidonee a superare il dato logicamente
dimostrativo dell'illecita provenienza della res. Anzi, quanto alle obiezioni della difesa del COGNOME, è proprio l'attività professionale di rivenditore di pezzi usati che costui ha dichiarato di svolgere che depone nel senso di escludere di trovarsi dinanzi ad un non avveduto avventore, con la conseguenza che il ricorrente aveva la concreta possibilità di rappresentarsi la provenienza delittuosa dei pezzi di ricambio di cui era entrato in possesso.
Sul punto, deve, infatti, richiamarsi l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, a mente della quale:
«l'elemento soggettivo del delitto di riciclaggio è integrato dal dolo generico, anche sotto specie di dolo eventuale, che consiste nella coscienza e volontà di ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa dei beni e nella consapevolezza di tale provenienza» (Sez. 2, n. 36893 del 28/05/2018, COGNOME, Rv. 274457-01; Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273185-01; Sez. 5, n. 25924 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 270199-01; Sez. 2, n. 16626 del 15/04/2025, Fortuna, non mass.; Sez. 6, n. 10069 del 05/02/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 9891 del 14/02/2025, Arena, non mass.);
«in tema di distinzione tra il delitto di riciclaggio e quello di ricettazione l'elemento essenziale ai fini della qualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all'art. 648-bis cod. pen. è la idoneità della condotta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene, in presenza della quale, il concreto intento di lucro, può valere a rafforzare, ma non ad escludere, il dolo generico del riciclaggio» (Sez. 2, n. 10746 del 21/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263155 01).
Quanto all'elemento oggettivo del reato, ammesso anche dallo stesso COGNOME il contributo dato allo smontaggio, consistito nell'asportazione di un fanale, condotta già di per sé sufficiente ad integrare la condotta contestata (da qui la manifesta infondatezza del primo motivo, peraltro incentrato su una lettura di merito dei risultati probatori raggiunti), risponde di riciclaggio anche il COGNOME, pure laddove si ritenga verosimile la versione difensiva che ne riconduce la presenza al solo fine di acquistare i pezzi che via via venivano smontati dal veicolo.
In tal caso, infatti, sia che l'imputato avesse, come più verosimile in ragione degli indumenti usati e delle tracce materiali del reato rinvenute sui guanti indossati, provveduto contestualmente agli altri alle operazioni di smontaggio dei pezzi al medesimo destinati sia che ne fosse entrato in possesso a seguito dell'opera svolta dagli altri astanti, ha arrecato un contributo materiale che, in ragione della contestualità locale e temporale (si rammenti che i giudici di merito precisano che il furgone dell'imputato ove erano caricati i pezzi del veicolo si trovava proprio vicino al muletto su cui lo COGNOME aveva appena caricato ciò che era rimasto dell'autovettura), non può essere scisso, come prospetta la difesa,
dalla operazioni volte a separare i beni dall'auto rubata, in quanto eziologicamente diretto a realizzare l'obiettivo primario che, in quel frangente, si sta realizzando, ossia la cannibalizzazione del veicolo.
E l rispetto a tale finalità / la stessa presenza "organizzata" dell'imputato si presta ad assumere valenza causale rafforzativa dell'operato degli altri, a nulla valendo che tale "opera" fosse stata o meno in precedenza assicurata, in quanto, nell'ambito del concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l'attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell'altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l'unitarietà del "fatto collettivo" realizzato che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, Ambrosiano, Rv. 255260 – 01; Sez. 1, n. 28794 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 276820 – 01).
Con la conseguenza che non si rivelano fondate le ulteriori censure mosse col M 4- t. , n secondo motivo di ricorso; in via subordinata alla sentenza impugnata, in punto di riqualificazione giuridica del fatto come ricettazione e/o incauto acquisto.
Il secondo motivo di COGNOME NOME è inammissibile poiché generico e manifestamente infondato.
Il ricorrente, infatti, fonda la sua censura sul rilievo che la Corte d'appello avrebbe omesso di attribuire alla sua condotta, consistita nello smontaggio di due fanali, mentre l'argomento motivazionale speso dalla Corte territoriale fa leva sulla natura unitaria a cui volge la condotta di ciascun ricorrente, consistita nell'ostacolare, mediante più azioni di cannibalizzazione, la provenienza delittuosa del bene. E l risultando corretta la lettura unitaria della vicenda alla quale sono pervenuti i giudici di merito, altrettanto corretta ne è la conseguenza fatta derivare in termini di esclusione dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, incompatibile con il valore complessivo che deve riconoscersi al bene oggetto delle plurime operazioni di riciclaggio.
In conclusione, il ricorso di NOME COGNOME va rigettato, mentre quello di COGNOME NOME va dichiarato inammissibile. Consegue per entrambi gli imputati, ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen., la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché per il COGNOME anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME e dichiara inammissibile il ricorso di
COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Condanna altresì COGNOME NOME al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende
Così deciso, il 15 luglio 2025.