Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19645 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di NOMECOGNOME nata a Cosenza il 14/08/1973 NOME nata a San Sosti il 19/06/1942
avverso la sentenza del 17/09/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME e, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME, delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME che si Ł riportato alla memoria e alle conclusioni scritte, depositate insieme alle note spese, concludendo per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;
sentite le conclusioni del difensore della ricorrente COGNOME avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
sentite le conclusioni del difensore della ricorrente COGNOME avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che si Ł riportato ai motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 2 febbraio 2023 dal Tribunale di Cosenza, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati a lei ascritti al capo h) , perchØ estinti per prescrizione, con conseguente rideterminazione della pena, confermando nel resto la pronuncia di condanna nei confronti della suddetta imputata e di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 81 e 648bis cod. pen. (capo a) , Aragona) e 81 e 493ter cod. pen. (capo e), COGNOME).
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione ambedue le suddette imputate,
formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti, nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Violazione di legge e correlati vizi di motivazione, in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità in ordine al delitto di riciclaggio.
La Corte di appello non avrebbe, secondo la difesa, tenuto adeguatamente conto della personale partecipazione della ricorrente al rogito notarile in data 5 ottobre 2011, allorquando NOME COGNOME si obbligò a corrisponderle euro 400.000, quale corrispettivo dell’impegno ad assisterlo vita natural durante. Una simile circostanza potrebbe essere interpretata soltanto come segno chiaro della consapevole commissione di una truffa, anche solo mettendo a disposizione il proprio conto corrente, laddove – come ipotizzato dall’Accusa – il negozio non fosse stato sorretto da alcuna effettiva volontà di adempiere, ovvero, al contrario, dell’impossibilità di ostacolare l’asserita provenienza illecita, data la pubblicità del rogito. Rispetto a tale alternativa, insuscettibile di ulteriori ricostruzioni, la sentenza impugnata si sarebbe invece limitata ad affermare che la consapevolezza in capo alla ricorrente della natura truffaldina dell’atto non aveva trovato conferme istruttorie, così pretendendo la prova piena del concorso nel reato presupposto, contrariamente ai consolidati principi di diritto giurisprudenziali sul punto; si Ł, poi, ritenuto, in maniera asseritamente contraddittoria, che, dalla presenza alla stipula, potesse invece desumersi la coscienza di agevolare la realizzazione dell’interesse della figlia. Il contenuto dell’atto notarile sarebbe stato, perciò, completamente travisato.
Non solo mancherebbe una congrua argomentazione in merito alla conoscenza della provenienza illecita del denaro, ma si sarebbe altresì trascurato il naturale affidamento dell’imputata rispetto a un corretto comportamento della figlia avvocato. In ogni caso, si ripete, se non rileva penalmente la conclusione del contratto con COGNOME, anche le successive operazioni bancarie aventi ad oggetto le somme così ricevute non potrebbero essere finalizzate a mistificare l’origine della liquidità.
3.2. Violazione dell’art. 648bis cod. pen. Osterebbero, ancora, all’integrazione del fatto tipico l’identità soggettiva dei vari conti dove le somme furono via via depositate e la natura delle operazioni, rivolte alla conservazione del capitale originario e non alla sua confusione o volatilizzazione.
3.3. Violazione di legge degli artt. 133 e 648bis cod. pen. Sarebbero illogiche le argomentazioni addotte dai giudici di appello per non ridurre la pena, valorizzando incongruamente la gravità del danno e l’intensità del dolo (al contrario, implicitamente escluse dal riconoscimento delle attenuanti generiche) e non considerando l’età dell’imputata, la parentela con la coimputata professionista legale e la trasparenza delle movimentazioni finanziarie.
3.4. La difesa ha depositato, infine, memorie di replica alla requisitoria scritta anticipata dalla Procura generale.
4. Ricorso di NOME COGNOME
4.1. Violazione di legge e correlati vizi di motivazione riguardo alla declaratoria di inammissibilità dei motivi nuovi (depositati il quattordicesimo giorno prima dell’udienza, data la festività del giorno precedente), con cui si censuravano le ordinanze dibattimentali in tema di ammissione dei testi a discarico e di inversione dell’ordine della prova, nonchØ la ritenuta continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’abrogato art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, e il delitto di cui all’art. 493ter cod. pen.
4.2. Violazione di legge e correlati vizi di motivazione, con riferimento alla valutazione di
inattendibilità operata – senza però disporre la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica – dalla Corte di appello delle testimonianze rese dal notaio rogante (che viceversa svolgeva istituzionalmente una funzione di consulenza, previo accertamento della reale volontà delle parti) e del bancario COGNOME nonchØ all’irrituale utilizzo nella sentenza di primo grado della pronuncia non irrevocabile resa in sede civile.
4.4. La difesa ha depositato, infine, memorie di replica alla requisitoria scritta anticipata dalla Procura generale.
La memoria della difesa delle parti civili, trasmessa il 5 maggio 2025, non risulta tempestiva, avuto riguardo al termine di cinque giorni prima dell’udienza odierna previsto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen. Tale tardività esime il Collegio dall’esame del suo contenuto.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perchØ proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Posizione di NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo del ricorso di Aragona risulta fondato su considerazioni schiettamente fattuali, avulse dall’effettivo apparato argomentativo della sentenza impugnata, e, comunque, manifestamente infondato.
Sotto l’abito della violazione di legge e della contraddittorietà/illogicità della motivazione, le considerazioni in iure della ricorrente postulano, in realtà, una ricostruzione della vicenda storica del tutto diversa da quella chiaramente esplicata nella rubrica imputativa e nell’intera narrazione dei giudici di merito, introducendo una lettura alternativa del fatto non consentita in questa sede (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370-01; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01).
Invero, il rogito notarile del 5 ottobre 2011 su cui fa leva l’intero discorso difensivo Ł avvenimento completamente distinto e ben successivo alla definitiva consumazione del delitto presupposto. Quest’ultimo Ł stato, per tabulas , individuato nella truffa (non oggetto di contestazione nel presente procedimento), commessa in Cosenza, il 22 febbraio 2011, da NOME COGNOME «mediante artifici e raggiri, consistiti nel rappresentare alle persone offese (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Angelo) che parte della somma complessivamente ricevuta dalle stesse (€ 800.000), a titolo di risarcimento danni, per l’avvenuto decesso, in seguito a sinistro stradale del 28 settembre 2009, di NOME NOME, rispettivamente moglie e madre delle persone offese, dovesse esserle corrisposta a titolo di parcella per aver curato i risvolti legali del sinistro, NOME si faceva consegnare la somma di € 400.000, tramite bonifico bancario, sul conto corrente n. 1000/8715, intestato a NOME Aragona».
Tale bonifico, momento conclusivo della suddetta sequenza truffaldina quale conseguimento dell’ingiusto profitto con danno altrui, Ł stato ricevuto in data 25 febbraio 2011, su un conto corrente acceso a nome di NOME COGNOME il 31 novembre 2010 dalla figlia NOME. La rigorosa ricostruzione dei giudici di merito ha accertato incidenter , ex art. 2, comma 1, cod. proc. pen. – la dinamica di tale reato (pp. 12-15), disattendendo poi le deduzioni difensive in ordine alla ipotizzabile partecipazione di NOME nel reato presupposto, mediante messa a disposizione del conto a lei
formalmente intestato, e alla sua pretesa inconsapevolezza, anche in seguito, circa l’operazione predatoria della figlia: la Corte territoriale ha evidenziato l’apertura del conto corrente ‘dedicato’ effettuata – certo irritualmente – dalla sola COGNOME, senza che la madre si fosse minimamente interessata alla pratica bancaria, l’ampio iato temporale tra le descritte condotte di artificio e raggiro e il solo successivo effettivo intervento di Aragona, sottolineando la natura chiaramente simulata del contratto, «unicamente funzionale a ‘vestire’ i passaggi di denaro» ex post ; da questa attività agevolatrice, ulteriore e distinta rispetto alla pregressa condotta decettiva e, in genere, alla truffa già interamente consumata, Ł logicamente desunta anche la consapevolezza della strumentalità del negozio, anche in considerazione del fatto che nØ prima, nØ dopo la stipula ebbe mai luogo la minima attività assistenziale sinallagmaticamente prevista (pp. 13-14, 17-18).
Le restrizioni previste dalla normativa antiriciclaggio hanno imposto, secondo i giudici di merito, il ricorso alla maliziosa simulazione negoziale, onde giustificare un trasferimento di denaro di rilevante consistenza, sterilizzando così il dato della forma pubblica e della conseguente tracciabilità dell’operazione (asseritamente elemento a discarico quanto alla finalità di occultamento).
2.2. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Integra il delitto di riciclaggio – reato a forma libera, attuabile anche con modalità frammentarie e progressive – il compimento di operazioni consapevolmente volte ad impedire in modo definitivo, o anche solo a rendere piø complicato, l’accertamento della provenienza del denaro; tra di esse rientrano le condotte di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, deposita su un conto corrente bancario denaro di provenienza illecita (Sez. 2, n. 52549 del 20/10/2017, COGNOME, Rv. 271530-01; Sez. 2, n. 17771 del 11/04/2014, COGNOME, Rv. 259581-01), mette a disposizione il proprio conto corrente per ostacolare l’accertamento della delittuosa provenienza delle somme altrui, consentendone il versamento su di esso e provvedendo, di seguito, al loro incasso (Sez. 2, n. 19125 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284653-01), riceve una somma di denaro nella consapevolezza della sua origine delittuosa (Sez. 2, n. 41517 del 13/09/2024, COGNOME, Rv. 287183-01), preleva il denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario (Sez. 2, n. 21687 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276114-01) od opera qualsiasi trasferimento di fondi da un conto corrente bancario acceso presso un differente istituto di credito (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, COGNOME, Rv. 286140-01; Sez. 2, n. 43881 del 09/10/2014, COGNOME, Rv. 260694-01).
La disposizione incriminatrice, invero, ricomprende tutte le condotte volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, anche attraverso operazioni tracciabili (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, COGNOME, Rv. 286140-01). L’effettiva idoneità dissimulatoria delle operazioni, salva l’ipotesi estrema di cui all’art. 49 cod. pen., non Ł infatti un requisito del fatto tipico (cfr. Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279407-01, secondo cui, in tema di autoriciclaggio, il criterio da seguire ai fini dell’individuazione della condotta decettiva Ł quello della idoneità ex ante , sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo disvelamento dell’illecito per effetto degli accertamenti compiuti, anche grazie alla tracciabilità delle operazioni, determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione).
In conclusione, le plurime e articolate movimentazioni finanziarie attuate, con palese intenzionalità, da Aragona (ricezione del primo bonifico; prelievo quasi dell’intero importo mediante assegni intestati ‘a sØ medesima’; versamento su libretto nominativo a lei intestato; accensione di una polizza dell’importo di euro 380.000, con «beneficiario caso morte NOME») risultano, dunque, connotate dalla sistematica e sempre piø sfuggente trasformazione della inizialeconsistentissima somma di denaro, senza che rilevi l’identità soggettiva del titolare (elemento di cui si può, peraltro, dubitare, quanto alla programmata destinazione finale) e la mancanza di
dispersione o di spendita.
2.3. La graduazione della pena, infine, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che Ł inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142), ciò che, nel caso di specie, non ricorre (cfr. p. 18, ove si evidenziano congruamente, oltre alla rimodulazione in melius ex art. 62bis cod. pen., il cospicuo danno patrimoniale e la pianificazione e il prolungato protrarsi della condotta, sintomo di un dolo particolarmente intenso).
D’altronde, le circostanze attenuanti generiche hanno la funzione di adeguare la sanzione finale all’effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalità degli elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificità della vicenda può richiedere un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell’art. 3 Cost., e della finalità rieducativa, di cui all’art. 27, comma terzo, Cost., di cui la congruità costituisce elemento essenziale (Sez. 2, n. 5247 del 15/10/2020, dep. 2021, P., Rv. 280639-01). Il loro riconoscimento, al contrario delle deduzioni difensive, non può reputarsi, neppure in astratto, ostativo all’apprezzamento dell’offensività del delitto e della consistenza dell’elemento soggettivo. Peraltro, non Ł necessario che il giudice di merito, nel motivare sul punto, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione – cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01).
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Le censure che contestano l’affermazione di tardività dei motivi nuovi sono manifestamente infondate.
In materia di termini processuali stabiliti a giorni, la proroga prevista dall’art. 172, comma terzo, cod. proc. pen. con riferimento ai giorni festivi riguarda esclusivamente la scadenza dei termini stessi, e non anche l’inizio della loro decorrenza, che, dunque, non Ł prorogata di diritto nell’ipotesi in cui – come nel caso di specie – Ł il primo giorno di decorrenza del termine per proporre impugnazione ad essere festivo (Sez. 4, n. 12717 del 07/02/2025, COGNOME non mass.; Sez. 6, n. 16774 del 21/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 43486 del 03/11/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 24277 del 14/05/2014, Ayeboua, Rv. 259718-01; Sez. 3, n. 133 del 19/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242261-01).
Le censure relative alle impugnazioni delle ordinanze dibattimentali, peraltro, erano state, altresì, ritenute inammissibili – senza contestazioni sul punto da parte della ricorrente – anche per l’ulteriore, fondata considerazione del difetto della necessaria connessione con i motivi originariamente proposti (cfr. Sez. 6, n. 6075 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262343-01).
3.2. Non v’era luogo, in ogni caso, ad alcuna modifica dell’imputazione, per l’asserita incidenza del novum normativo.
Secondo la costante esegesi di questa Corte regolatrice, invero, l’abrogazione dell’art. 55, comma 9, d.lgs. n. 231 del 2007, ad opera del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, con la contestuale introduzione dell’art. 493ter cod. pen., integra un’ipotesi di continuità normativa che non comporta alcuna abolitio criminis (Sez. 7, ord. n. 29002 del 02/07/2024, Luna, 02/07/2024; Sez. 2, n. 40810 del 27/09/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 279002-02).
Inoltre, in ossequio al principio di tassatività delle nullità, il mancato rispetto dell’ordine di assunzione delle prove testimoniali non Ł causa di nullità alcuna, risolvendosi in una mera
irregolarità, non presidiata da alcuna sanzione processuale (Sez. 1, n. 8321 del 05/02/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 29087 del 16/5/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 3609 del 03/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275880-02; Sez. 2, n. 6914 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 249362-01).
3.3. Quanto poi all’asserita contraddittorietà delle dichiarazioni di COGNOME, la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato e delle altre fonti orali acquisite in dibattimento rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni ( ex plurimis , Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv. 240524-01; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342-01).
La ricorrente, in particolare, si sofferma sull’astratta posizione giuridica del notaio rogante, laddove la Corte di appello ha chiarito compiutamente che il professionista aveva riferito dell’avvenuta lettura dell’atto, senza poter affermare alcunchØ sulla piena ed effettiva comprensione della parte. Peraltro, il notaio aveva reso testimonianza soltanto sulla truffa e, indirettamente, sul riciclaggio, ma di questi addebiti non Ł chiamata a rispondere in questa sede COGNOME (a cui sono contestati solo gli abusivi utilizzi della carta di credito), di modo che la doglianza non Ł sorretta da un interesse attuale e concreto.
Quanto al funzionario di banca COGNOME, il motivo risulta oltretutto aspecifico, non misurandosi con l’assai piø ampia argomentazione dei giudici di appello che sottolineano come, in ogni caso, il teste abbia comunque riferito in ordine al personale ritiro della corrispondenza del conto di COGNOME da parte di COGNOME e come la ipotetica consegna del corredo documentario al formale titolare non Ł di per sØ ostativa al successivo impossessamento da parte dell’imputata.
Logicamente, dunque, Ł stata data prevalenza al racconto della persona offesa, all’esito di un non superficiale scrutinio della sua attendibilità e credibilità, valorizzandone la scarsissima scolarizzazione e il rapporto pluriennale di conoscenza con COGNOME e COGNOME (pp. 14-15).
Inoltre, in ossequio al principio di tassatività delle nullità, il mancato rispetto dell’ordine di assunzione delle prove testimoniali non Ł causa di nullità alcuna, risolvendosi in una mera irregolarità non presidiata da alcuna sanzione processuale (Sez. 1, n. 8321 del 05/02/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 29087 del 16/5/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 3609 del 03/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275880-02; Sez. 2, n. 6914 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 249362-01).
D’altronde, neppure incide sulla adeguatezza dello scrutinio dell’attendibilità dei testi la mancata trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica. In tema di valutazione della testimonianza, infatti, il sistema introdotto dal codice di rito separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui Ł stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il pubblico ministero della notizia di reato, quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto (Sez. 6, n. 42224 del 16/09/2022, COGNOME, Rv. 283967-01; Sez. 6, n. 18065 del 23/11/2011, dep. 2012, Accetta, Rv. 252531-01).
3.4. La sentenza civile, come Ł stato espressamente ribadito nella sentenza impugnata, non risulta posta dai giudici di appello a fondamento della propria motivazione e la ricorrente, eccependone l’inutilizzabilità (mai negata) senza però confrontarsi effettivamente con il discorso giustificativo della Corte territoriale, neppure ottempera al proprio onere di ‘prova di resistenza’, illustrando l’incidenza dell’eventuale espunzione di questo elemento rispetto alla complessiva tenuta logica della motivazione (Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME Rv. 279829-01; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269218-01)
Anche tali doglianze risultano, in conclusione, generiche e, comunque, manifestamente infondate.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le ricorrenti devono essere condannate al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
Consegue altresì la condanna di entrambe le imputate alla rifusione delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalle parti civili costituite nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolta.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, le ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Vincenzo che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 09/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME