Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21102 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/08/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Catanzaro ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata con l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro del 7 giugno 2023 nei confronti del ricorrente per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante nel territorio del Comune di Crotone e della frazione di Papanice, facente capo a COGNOME NOME, in particolare con il compito di gestire investimenti finanziari all’estero nel campo della ristorazione e dell’industria alimentare, mantenendo rapporti in Germania con esponenti di
vertice delle “locali” di NOME e COGNOME, con il compito di coinvolgere imprenditori esteri attraverso l’impiego dei proventi delle attività criminali della cosca, insieme al fratello COGNOME NOME (con condotta permanente).
Il Giudice dell’impugnazione cautelare ha premesso che il provvedimento custodiale poggia sugli esiti delle investigazioni incentrate sulle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME), oltre che su intercettazioni, telefoniche e tra presenti, che hanno consentito di ricostruire la partecipazione dell’indagato ad una stabile e continuativa attività di riciclaggio delle risorse finanziarie della cosca facente capo a NOME COGNOME, grazie alla rete di conoscenze creata in Germania, dove ha risieduto per molti anni.
Con ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, NOME COGNOME chiede l’annullamento del provvedimento per i seguenti motivi sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. che investono le valutazioni sia in punto di gravità indiziaria che di esigenze cautelari.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione e violazione di legge per l’indifferenziata disamina della propria posizione con quella del fratello NOME, per l’omessa considerazione delle intercettazioni da cui emerge la sfiducia del boss NOME COGNOME sul suo operato, per la genericità delle conversazioni riferite ad accadimenti privi di contestualizzazione che non danno prova del concreto contributo necessario a dimostrarne l’inserimento stabile e continuativo nel sodalizio mafioso secondo i principii affermati dalle Sezioni Unite “Modaffari”.
Si osserva che la condotta tenuta dal ricorrente doveva essere valutata alla stregua della sua professione di imprenditore e senza il pregiudizio dell’essere il fratello di NOME COGNOME, considerato che per la stessa accusa ha riportato in passato sentenza di assoluzione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorso censura la valutazione delle esigenze cautelari, in punto di attualità e concretezza del pericolo di reiterazione, che sono state ritenute sussistenti senza adeguata motivazione.
Si deve dare atto che il difensore in sede di discussione ha dichiarato di rinunciare al motivo sulle esigenze cautelari, essendo stata disposta da parte del Giudice delle indagini preliminari, successivamente alla proposizione del ricorso, la sostituzione della custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Prescindendo dal motivo oggetto di rinuncia sulle esigenze cautelari, e limitando la disamina al primo motivo, si deve osservare che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale del riesame ha fornito una motivazione coerente ed immune da vizi logici rispetto alla gravità indiziaria basata non solo su plurime e convergenti chiamate in correità, ma anche sugli esiti delle intercettazioni di numerose conversazioni che riscontrano il ruolo svolto in prima persona da NOME COGNOME nell’attività di riciclaggio dei capitali di cui disponeva l’associazione ‘ndraghetista facente capo a NOME COGNOME.
Sebbene non molto circostanziate, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia richiamate nell’ordinanza impugnata sono tutte convergenti nell’attribuire ad entrambi i fratelli il ruolo di imprenditori al servizio delle RAGIONE_SOCIALE.
Si tratta di dichiarazioni rese anche in epoca recente, successivamente alla sentenza di assoluzione del 2013 cui ha fatto cenno il difensore in sede di discussione, e che non possono, pertanto, essere considerate una mera riproposizione delle medesime fonti di prova già valutate in passato come insufficienti a fondare un giudizio di responsabilità nei confronti del ricorrente.
Inoltre, del tutto aspecifiche sono le censure riferite al contenuto delle intercettazioni delle conversazioni intercorse con NOME COGNOME che riscontrano il ruolo di riciclatore svolto dal ricorrente per conto della predetta cosca.
In particolare, la dedotta assenza di contestualizzazione appare generica ed in parte manifestamente infondata alla luce dei riferimenti al carattere continuativo e permanente della partecipazione di NOME COGNOME all’associazione mafiosa, concordemente riferita dai numerosi collaboratori di giustizia sopravvenuti rispetto alle vicende giudiziarie definite nel 2013 con la citata sentenza di assoluzione, ed alla evidenziata corrispondenza d& viaggio in Polonia dell’aprile 2019 con le dichiarazioni rese dal collaboratore NOME COGNOME, secondo cui i fratelli NOME erano riusciti a creare una rete economica di attività commerciali tra la Germania, la Polonia e l’Italia riciclando le risorse de clan “RAGIONE_SOCIALE“.
Ugualmente destituite di fondamento sono le censure riferite alla ricostruzione in data 15 settembre 2017 dell’incontro di NOME COGNOME nell’autostrada del Brennero con degli interlocutori stranieri che dovevano consegnargli del denaro, coerentemente valorizzato proprio perché organizzato e coordinato da NOME COGNOME.
Nell’ordinanza si ravvisano ulteriori elementi significativi del ruolo attribuit al ricorrente nelle conversazioni intercettate il 23 aprile 2019, in relazione alla consegna di 130 mila euro in contanti da parte di NOME COGNOME per un investimento estero in Polonia, in cambio di garanzie su proprietà immobiliari di
NOME, che si riallaccia alle dichiarazioni del collaboratore COGNOME sugli affari i Polonia per il riciclaggio del denaro della cosca RAGIONE_SOCIALE, nonché nella intercettazione in ambientale in cui COGNOME NOME ed il fratello parlano con un soggetto non identificato delle dinamiche interne al clan mafioso, facendo riferimenti a collegamenti con le istituzioni locali e all’investimento dei 130 mila euro grazie alla mediazione di un professionista tedesco (NOME), esperto di transazioni finanziarie.
Altra conversazione rilevante valorizzata dal Tribunale è quella intercettata in ambientale il 20 agosto 2019 relativa ad un trasferimento di 120 milioni di euro dal Sud Est asiatico verso l’Europa, il cui tenore, nonostante le perplessità manifestate dal COGNOME nei confronti di COGNOME invitato alla massima lealtà, è stato in modo non illogico ritenuto coerente al ruolo di imprenditore finanziato dalla cosca COGNOME.
Deve, qui, rammentarsi che in tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, «il giudice di merit deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità, di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione» (Sez. 6, n. 29530 del 3 maggio 2006, COGNOME, Rv. 235088; Sez. 5, n. 48286 del 12 luglio 2016, Cigliola, Rv, 268414).
Questa posizione ermeneutica è stata ulteriormente ribadita dalle Sezioni unite che hanno ribadito come in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione all massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Va, inoltre, osservato che, in sede di legittimità, è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito « solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile» (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558) sicché sono inammissibili, come nel caso in esame, le generiche censure sviluppate nel ricorso in merito alla presunta illogicità dell’interpretazione accolta nell’ordinanza impugnata.
Tutte le censure sono nel loro complesso inammissibili, essendo volte a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatt
all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudizio di merito.
Secondo l’incontrastata giurisprudenza di legittimità, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 5 aprile 2024
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Il AVV_NOTAIO estensore
Il Pres