Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45298 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45298 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Castellamare di Stabia 1’01/08/1986
avverso l’ordinanza emessa il 22/07/2024 dal Tribunale del riesame di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22 luglio 2024 il Tribunale del riesame di Salerno confermava l’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari con divieto di colloqui emessa l’1 gennaio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari di Salerno nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 22 (artt. 110, 81, secondo comma, cod. pen., 648-bis e 61-bis cod. pen.) e 24 (artt. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 73 e 61-bis cod. pen.).
Il coinvolgimento di NOME COGNOME nelle condotte illecite ascrittegli ai capi 22 e 24 traeva origine da una più vasta attività indagine, riguardante un’organizzazione criminale, attiva sia in Italia sia all’estero, finalizzata a consentire la realizzazione di una pluralità di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, commessi attraverso un’articolata rete, coordinata da NOME COGNOME che si occupava di contattare i migranti – generalmente provenienti dall’area maghrebina – e di procurare loro, dietro la corresponsione di cospicue somme di denaro, la documentazione necessaria a consentirgli l’ingresso illegale nel nostro Paese.
L’ingresso dei migranti, in particolare, veniva realizzato mediante la presentazione, presso lo sportello unico per l’immigrazione territorialmente competente, di istanze supportate da una documentazione falsa, finalizzata a prefigurare l’assunzione stagionale di lavoratori extracomunitari nel settore agricolo e nel settore turistico, grazie alla quale veniva rilasciato il permesso di soggiorno a cittadini stranieri.
I cittadini stranieri, infine, dopo avere ‘ffith ottenuto il permesso d soggiorno, rilasciato dalle prefetture territorialmente competenti, provvedevano a corrispondere agli emissari dell’organizzazione le somme pattuite, che oscillavano da 5.500,00 euro a 7.500,00 euro.
Di tali attività si dava atto nelle informative di reato redatte nelle date del 18 aprile 2024, del 15 maggio 2024, del 16 maggio 2024 e del 22 maggio 2024, attraverso le quali venivano chiariti i rapporti esistenti tra i sodali del consorteria di cui al capo 1 della rubrica, che venivano coordinati da NOME COGNOME.
I proventi di tali complesse operazioni illegali, inoltre, venivano reinvestiti in diverse attività economiche, come nel caso dei reati di cui ai capi 22 e 24, commessi da NOME COGNOME nella sua veste di legale rappresentante della ditta RAGIONE_SOCIALE in conseguenza della quale riceveva consistenti somme di denaro in contanti da NOME COGNOME che era il titolare delle ditte COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Si consideri, in proposito, relativamente all’ipotesi di reato ascritta a NOME
Catania al capo 22, che le attività d’indagine consentivano di accertare che la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto, da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE nell’arco temporale compreso tra il 2022 e il 2024, bonifici dell’importo complessivo di 53.800,00.
Nello stesso contesto descritto al capo 22, si accertava che la ditta RAGIONE_SOCIALE, nell’arco temporale compreso tra il 2022 e il 2024, aveva ricevuto, da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE, bonifici tfancari dell’importo complessivo di 425.192,00 euro.
Si accertava, inoltre, nel contesto descritto al capo 24, che NOME COGNOME nell’arco temporale compreso tra il 2022 e il 2024, agendo in concorso con NOME COGNOME nella loro qualità di amministratori di fatto della ditta RAGIONE_SOCIALE si avvalevano di fatture per operazioni inesistenti, emesse dalla COGNOME RAGIONE_SOCIALE dell’importo complessivo di 130.447,68, euro, oltre IVA.
La ricostruzione degli accadimenti criminosi posta a fondamento del provvedimento cautelare genetico veniva accertata sulla base delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, registrate tra l’11 novembre 2023 e il 2 gennaio 2024. Gli esiti di tali captazioni venivano corroborate dagli accertamenti contabili eseguiti nel corso delle indagini preliminari, che consentivano di ritenere dimostrate le cointeressenze finanziarie esistenti tra NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, non trovando alcuna giustificazione i consistenti movimenti di denaro riscontrati tra tali soggetti, nella loro qualità di amministratori delle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
In questa cornice indiziaria, si ritenevano sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento del regime restrittivo patito da NOME COGNOME, rilevanti ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in conseguenza dell’elevato disvalore delle vicende delittuose oggetto di accertamento, attestato dagli importi economici significativi delle operazioni economiche effettuate dal ricorrente e dai coindagati, che assumevano un rilievo ancora più significativo alla luce delle connotazioni transnazionali del sodalizio di cui al capo 1, nel contesto del quale i fatti di reato contestati all’indagato ai capi 22 e 24 erano stati accertati.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli eventi criminosi il Tribunale del riesame di Salerno confermava il provvedimento cautelare genetico adottato nei confronti di NOME COGNOME
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando due censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su movimenti di denaro di importo non elevato, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per i reati di cui ai capi 22 e 24, che, tra l’altro, presupponeva il collegamento funzionale con le attività consortili gestite da Decimo Viola, così come contestate al capo 1, con cui il ricorrente non intratteneva alcun rapporto, né diretto né indiretto.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguenti al fatto che la misura cautelare degli arresti domiciliari, con divieto di colloqui, disposta nei confronti di NOME COGNOME era stata applicata senza tenere conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale dell’indagato, necessari per verificare la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la cui consistenza avrebbe dovuto essere valutata alla luce delle incertezze probatorie sui rapporti intercorrenti tra il ricorrente tra NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nella loro qualità di amministratori delle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Deve, innanzitutto, ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su movimenti di denaro di importo non elevato, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per i reati di cui ai capi 22 e 24, che presupponeva il collegamento funzionale con le attività consortili gestite da Decimo COGNOME, così come contestate al capo 1, con cui il ricorrente non intratteneva alcun rapporto, né diretto né indiretto.
Osserva il Collegio che le considerazioni espresse dal Tribunale del riesame di Salerno nel provvedimento impugnato appaiono rispettose del compendio indiziario ed esenti da vizi motivazionali, atteso che gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari inducevano a ritenere dimostrati i consistenti movimenti di denaro, registrati, nell’arco temporale compreso tra il 2022 e il 2024, tra le ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Occorre, innanzitutto, evidenziare che risulta smentito dalle emergenze indiziarie l’assunto logico-processuale da cui muove la difesa del ricorrente, secondo cui i movimenti di denaro registrati tra le ditte di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tra il 2022 e il 2024, riguardavano somme di importo modesto.
Basti, in proposito, evidenziare che, relativamente all’ipotesi di reato ascritta a NOME COGNOME al capo 22, in concorso con NOME COGNOME, le attività d’indagine consentivano di accertare che la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto, da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE, bonifici bancari dell’importo di 27.300,00 euro per anno 2022; dell’importo di 2.500,00 euro per l’anno 2023; dell’importo di 24.000,00 euro per l’anno 2024.
Si accertava, al contempo, che la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto, da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE, bonifici dell’importo di 135.445,00 euro per anno 2022; dell’importo di 235.147,00 euro per l’anno 2023; dell’importo di 54.600,00 euro per l’anno 2024.
Considerazioni analoghe valgono per l’ipotesi di reato ascritta a NOME COGNOME al capo 24, anche in questo caso in concorso con NOME COGNOME in merito alla quale si accertava che i due indagati, nella loro qualità di amministratori della ditta RAGIONE_SOCIALE si avvalevano di fatture per operazioni inesistenti, emesse dalla ditta COGNOME RAGIONE_SOCIALE dell’importo di 93.441,34 euro, oltre IVA, pari a 20.557,09 euro, per l’anno 2022; dell’importo di 34.957,15 euro, oltre IVA, pari a 7.690,58 euro, per l’anno 2022; dell’importo di 2.049,19 euro, oltre IVA, pari a 450,82 euro, per l’anno 2023.
Sgomberato il capo da questo equivoco indiziario, occorre evidenziare che l’assunto accusatorio risultava dimostrato dalle intercettazioni richiamate a pagina 48 dell’ordinanza impugnato, registrate nell’arco temporale compreso tra 1’11 novembre 2023 e il 2 gennaio 2024, che, allo stato, consentono di ritenere fondate le accuse mosse all’indagato.
Tra queste captazioni, si ritiene opportuno richiamare per la loro peculiare rilevanza indiziaria, seguendo l’ordine di esposizione contenuto nel provvedimento censurato, l’intercettazione n. 12494 del 26 novembre 2023, registrata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME citata a pagina 48; l’intercettazione
n. 280 dell’il dicembre 2023, registrata tra gli stessi COGNOME e COGNOME, citata a pagina 48; l’intercettazione n. 2337 del 2 gennaio 2024, registrata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME anch’essa citata a pagina 48.
Di queste intercettazioni, che si sviluppavano lungo un arco temporale significativo, il Tribunale del riesame di Salerno forniva un’interpretazione ineccepibile, inserendole in un compendio probatorio che consentiva di ritenere dimostrato il coinvolgimento di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle attività economiche finalizzate a consentire il reinvestimento delle ingenti somme di denaro derivanti dalle operazioni illecite gestite dalla consorteria criminale di cui al capo 1.
Tali, convergenti, elementi indiziari consentivano di ritenere provato che le aziende riconducibili a COGNOME – la ditta RAGIONE_SOCIALE e la ditta RAGIONE_SOCIALE – venivano impiegate per riciclare i .proventi illeciti derivanti dai reati in materia di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, posti in essere dalla consorteria transnazionale egemonizzata da COGNOME, così come contestati al capo 22. Il ricorrente, infatti, si prestava, con un comportamento connotato da serialità, a ricevere da NOME COGNOME somme in contanti, che provvedeva a tramutare in bonifici bancari, indicando una causale apparente; il che comportava la consapevolezza della provenienza illecita del denaro tramutato in bonifici bancari allo scopo di consentire la realizzazione delle operazioni di reinvestimento.
Né è possibile dubitare della configurazione della fattispecie contestata al ricorrente al capo 22, dovendosi, in proposito, richiamare la giurisprudenza di legittimità, correttamente citata nel provvedimento impugnato, secondo cui: «Integra il delitto di riciclaggio anche il mero trasferimento di un bene da un luogo ad un altro, ove idoneo a rendere di fatto più difficoltosa l’identificazione della sua provenienza delittuosa» (Sez. 2, n. 23774 del 13/07/2020, Aatifi, Rv. 279586 – 01)
2.1. Considerazioni analoghe valgono per le condotte illecite ascritte al ricorrente al capo 24, essendo evidente che, anche in questo caso, lo strumento finanziario adottato da NOME COGNOME d’intesa con NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentato dalle fatture fiscali relative a operazioni inesistenti, rilasciate dal primo in favore del secondo, costituiscono la concretizzazione delle strategie perseguite per occultare la provenienza delle ingenti somme di denaro movimentate dalle ditte dei due soggetti.
A sostegno di tali conclusioni, del resto, non può non evidenziarsi che le verifiche investigative compiute nel corso delle indagini preliminari non consentivano di reperire la documentazione fiscale idonea ad attestare nelle dichiarazioni fiscali della ditta RAGIONE_SOCIALE l’utilizzazione delle fatture
rilasciate dalla ditta RAGIONE_SOCIALE peraltro riguardanti somme di importo significativo, ammontanti a 130.447,68 euro, oltre IVA.
Né appare supportata dalle emergenze probatorie l’ipotesi secondo cui le movimentazioni di denaro, pur incontroverse, potevano trovare giustificazione in prestiti amichevoli che NOME COGNOME corrispondeva a NOME COGNOME e NOME COGNOME, essendo incontroverso che tali dazioni si inserivano in un sistema illecito consolidato, sulla base del quale i COGNOME introitavano somme di denaro in contanti da NOME per poi consegnarle a imprenditori compiacenti – come l’odierno ricorrente – a copertura di bonifici che costoro emettevano con il sostegno formale di fatture rilasciate per operazioni inesistenti. Sul punto, appare opportuno richiamare il passaggio motivazionale esplicitato a pagina 49 dell’ordinanza impugnata, in cui si evidenziava che le «movimentazioni di denaro rilevate non hanno alcuna giustificazione allo stato sostenibile, tanto meno con l’affermazione di prestiti amichevoli », inserendosi, al contrario, nel «modus operandi generale dei COGNOME, che introitano le somme in contanti da NOME COGNOME per poi consegnarle agli imprenditori compiacenti a copertura di bonifici che costoro emettono con il sostegno formale di fatture per operazioni inesistenti».
2.1. In questa cornice, deve rilevarsi che, nella valutazione del contenuto delle intercettazioni, telefoniche o ambientali, gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte probatoria diretta e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle captazioni che si sono richiamate nel paragrafo precedente, riguardanti NOME COGNOME costituisce una questione meramente fattuale, rimessa alla valutazione del giudice cautelare, che si sottrae al sindacato di legittimità, se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali il Collegio si deve attenere scrupolosamente (tra le altre, Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2002, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 – 01).
Ne discende che non è possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto di tali conversazioni in sede di legittimità, sulla scorta di quanto prospettato dalla difesa di Catania nell’atto di impugnazione in esame, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa in questa sede, conformemente al seguente principio di diritto: «In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di
legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite» (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 1, n. 3643 del 26/05/1997, COGNOME, Rv. 208254 – 01).
In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui, a seguito della riformulazione normativa dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non è consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella che è stata compiuta nei giudizi di merito. Se così non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un’operazione estranea al giudizio di legittimità, come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice cautelare ai fini della decisione (tra le altre, Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 254439 – 01; Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 244623 – 01; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215 – 01).
Questa posizione ermeneutica, da ultimo, è stata ribadita dalle Sezioni Unite, che hanno affermato il principio di diritto, che è certamente applicabile in relazione alla posizione processuale di NOME COGNOME secondo cui: «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
2.2. Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondata il primo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente.
Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguenti al fatto che la misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto di colloqui disposta nei confronti di NOME COGNOME era stata applicata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno senza tenere conto degli elementi sintomatici della sua pericolosità sociale, necessari per verificare la ricorrenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e l’adeguatezza del regime restrittivo applicato, la cui consistenza avrebbe dovuto essere valutata alla luce delle incertezze probatorie sui rapporti
intercorrenti tra il ricorrente tra NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, censurati con la doglianza precedente.
Osserva il Collegio che le condizioni nelle quali si concretizzavano i comportamenti criminosi contestati a NOME COGNOME – su cui ci si è soffermati nei paragrafi 2 e 2.1 – rendono evidente la sua elevata pericolosità sociale, alla luce delle ingenti movimentazioni di denaro relative alle ipotesi di reato di cui ai capi 22 e 24 e dell’arco temporale significativo, compreso tra il 2022 e il 2024, nel quale tali attività illecite si concretizzavano. Basti, in proposito, ricordare che, relativamente all’ipotesi delittuosa di cui al capo 22 venivano accertate movimentazioni di denaro, tra le ditte delle ditte Cascone RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per un importo complessivo di 478.992,00 euro.
Tali modalità, nel più ampio contesto indiziario prefigurato dal Tribunale del riesame di Salerno, in correlazione alla sfera di operatività della consorteria transnazionale di cui al capo 1, egemonizzata d COGNOME, giustificavano il giudizio di elevato pericolo di reiterazione del reato contestato a Catania, rilevante ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., conformemente ai parametri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità consolidata, che appaiono correttamente applicati nel caso di specie (tra le altre, Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785 – 01; Sez. 2, n. 51843 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 258070 – 01; Sez. 4, n. 6797 del 24/01/2013, Canessa, Rv. 254936 – 01).
Il Tribunale del riesame di Salerno, al contempo, escludeva la possibilità di confinare la condotta dell’indagato in un contesto di episodicità comportamentale, tenuto conto degli elementi indiziari acquisiti, che non consentivano di ritenere occasionali le condotte del ricorrente e imponevano, alla luce delle significative movimentazioni di denaro di cui si è detto e dell’arco temporale in cui si concretizzavano, di escludere il modesto disvalore penale degli accadimenti criminosi contestati ai capi 22 e 24, presupposto dal primo motivo di ricorso e ribadito con la doglianza in esame.
Le condotte illecite di NOME COGNOME pertanto, venivano ritenute socialmente pericolose e connotate da attualità sulla base di un giudizio ineccepibile sull’adeguatezza cautelare del regime applicato a contenere il rischio di recidiva, che non consentiva l’ulteriore attenuazione del regime restrittivo, peraltro già alla misura degli arresti domiciliari con divieto di colloqui.
Ne discende conclusivamente che, sulla base di un percorso argomentativo congruo e rispettoso delle emergenze indiziarie, il Tribunale del riesame di Salerno riteneva che non fossero stati acquisiti elementi processuali da cui
desumere che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte con misure restrittive differenti da quella in atto applicata a Catania.
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Le considerazioni esposte impongono il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5 novembre 2024.