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Riciclaggio: condotta e prova del reato presupposto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4207/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per riciclaggio. La Corte ha ribadito principi fondamentali: per la configurabilità del reato di riciclaggio non è necessario un accertamento giudiziale del reato presupposto, essendo sufficienti prove logiche della provenienza illecita dei beni. Inoltre, è sufficiente che la condotta ostacoli, anche solo parzialmente, l’identificazione dell’origine delittuosa del denaro o dei beni.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio: la Cassazione chiarisce i requisiti della condotta

Il reato di riciclaggio è un pilastro della lotta alla criminalità economica, ma quali sono esattamente i confini della condotta punibile? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 4207/2025) offre importanti chiarimenti, confermando che per integrare il reato è sufficiente ostacolare l’identificazione della provenienza illecita dei beni, senza che sia necessaria una condanna definitiva per il reato da cui tali beni provengono.

Il caso in esame: un ricorso contro la condanna per riciclaggio

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che lo aveva condannato per il reato di riciclaggio. L’imputato aveva articolato il suo ricorso in quattro motivi principali, contestando la violazione di legge, il vizio di motivazione sulla sua responsabilità, l’errata qualificazione giuridica del fatto, la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’aumento di pena per la continuazione tra reati.

In sostanza, la difesa mirava a smontare l’impianto accusatorio sostenendo che le prove non fossero sufficienti a dimostrare né la sua colpevolezza né la sussistenza stessa del delitto di riciclaggio nei termini contestati.

I motivi del ricorso: una difesa a tutto campo

I motivi del ricorso possono essere così sintetizzati:
1. Genericità della motivazione: Il primo motivo lamentava una motivazione carente e una violazione di legge nel giudizio di responsabilità, ma è stato giudicato troppo generico dalla Cassazione.
2. Qualificazione giuridica: Il secondo motivo contestava la qualificazione del fatto come riciclaggio, ritenendo che non vi fossero elementi sufficienti per dimostrare l’origine illecita dei beni.
3. Mancate attenuanti: Il terzo motivo si doleva della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
4. Aumento di pena: L’ultimo motivo criticava il calcolo dell’aumento di pena per il reato continuato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: i principi cardine del riciclaggio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di riciclaggio. Vediamo i passaggi più significativi della decisione.

La prova del reato presupposto non richiede una sentenza di condanna

La Corte ha affermato con chiarezza che per integrare il delitto di riciclaggio, non è necessario un accertamento giudiziale definitivo del reato presupposto (cioè il reato da cui provengono i beni ‘sporchi’). Il giudice può desumere la provenienza illecita dei beni attraverso prove logiche. Nel caso di specie, il luogo e le modalità di occultamento di una rilevante somma di denaro sono stati ritenuti elementi sufficienti a ritenerne certa l’origine delittuosa.

Basta ‘ostacolare’ la tracciabilità

Un altro punto cruciale riguarda la natura della condotta. Non è necessario che l’azione dell’imputato impedisca efficacemente e definitivamente la tracciabilità del percorso dei beni. È sufficiente che la condotta sia idonea a ostacolarla, anche solo parzialmente. Questo amplia la portata della norma, includendo tutte quelle attività che rendono più difficile, anche se non impossibile, risalire all’origine criminale dei proventi.

La negazione delle attenuanti generiche e il calcolo della pena

La Cassazione ha inoltre confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello di negare le attenuanti generiche. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato il diniego facendo riferimento all’offensività della condotta e al cospicuo valore economico dei beni. La Corte ha ricordato che il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione sulla base degli elementi ritenuti decisivi.

Anche riguardo all’aumento di pena per la continuazione, la Corte ha ritenuto la motivazione adeguata, in quanto i giudici avevano calcolato e motivato l’aumento in modo distinto per ogni reato satellite, in linea con i principi dettati dalle Sezioni Unite.

Conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

L’ordinanza in esame consolida un’interpretazione rigorosa del reato di riciclaggio. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:
1. La prova del reato presupposto può essere logica: Non è necessario attendere una condanna passata in giudicato per il furto, la truffa o altro delitto da cui provengono i beni. Se le circostanze (come il ritrovamento di ingenti somme in un capannone in uso esclusivo all’imputato) rendono palese l’origine illecita, il giudice può ritenerla provata ai fini del riciclaggio.
2. La soglia della condotta è bassa: Qualsiasi operazione che concretamente ‘intralci’ le indagini sulla provenienza dei beni è sufficiente per integrare il reato. Questo principio rafforza gli strumenti di contrasto alle attività di ‘ripulitura’ dei proventi criminali.

Questa decisione, quindi, non solo chiarisce i confini applicativi della norma, ma invia anche un messaggio chiaro: la lotta al riciclaggio si basa su un approccio sostanziale, che guarda all’idoneità della condotta a inquinare l’economia legale, più che a formalismi probatori legati ad altri procedimenti.

Per configurare il reato di riciclaggio è necessaria una sentenza di condanna per il reato da cui provengono i beni (reato presupposto)?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice può affermare l’esistenza e la provenienza illecita dei beni attraverso prove logiche, come il luogo e le modalità di occultamento, senza che sia richiesto un accertamento giudiziale del delitto presupposto.

Cosa significa che la condotta deve ‘ostacolare’ l’identificazione della provenienza delittuosa?
Significa che non è necessario impedire in modo definitivo e totale la tracciabilità dei beni di provenienza illecita. È sufficiente che l’azione posta in essere sia idonea a renderla anche solo più difficile o complessa. Anche un semplice ostacolo è sufficiente per integrare il reato.

Come può il giudice negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche fornendo una motivazione che si basi su elementi ritenuti decisivi, come l’offensività della condotta e il valore economico del bene oggetto del reato. Non è obbligato a prendere in considerazione e confutare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli indicati dalle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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