Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12964 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12964 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato in Ghana il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME, il quale, dopo la discussione, si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 07/04/2023, la Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del 28/02/2019 del Tribunale di Brescia di condanna di NOME alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione ed C 6.000,00 di multa per il reato di riciclaggio in concorso (con NOME COGNOME) di un’autovettura di provenienza furtiva, alla quale erano state apposte le targhe di un’altra autovettura inglese.
Avverso l’indicata sentenza del 07/04/2023 della Corte d’appello di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) , cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale e processuale nonché l’illogicità della motivazione con riguardo alla conferma, da parte della Corte d’appello di Brescia, del rigetto della propria eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Brescia per essere, invece, competente il Tribunale di Aosta.
Il ricorrente rappresenta che le emergenze processuali avrebbero escluso che egli avesse contribuito alla sostituzione delle targhe dell’autovettura di provenienza delittuosa – condotta che era avvenuta nel circordario del Tribunale di Brescia – e che ciò che gli veniva contestato era il concorso con NOME COGNOME nell’esportazione all’estero dell’autovettura.
Poiché quest’ultima tra le condotte consumative del reato di riciclaggio era stata commessa dal concorrente COGNOME a Courmayeur, ne discenderebbe la competenza per territorio del Tribunale di Aosta, dal quale, peraltro, lo stesso COGNOME era stato giudicato.
Il ricorrente lamenta che la motivazione con la quale la Corte d’appello di Brescia ha confermato il rigetto della propria eccezione di incompetenza per territorio non terrebbe conto delle emergenze processuali che, come già detto, avrebbero smentito che egli fosse coinvolto nell’apposizione delle targhe inglesi all’autovettura di provenienza furtiva.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla conferma dell’attribuzione a sé del contestato reato di riciclaggio.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Brescia, al fine di colmare la lacuna probatoria che sarebbe derivata dall’assenza di riscontri in ordine alla disponibilità, da parte sua, dell’autovettura di provenienza delittuosa, avrebbe fatto ricorso all’argomentazione, intrinsecamente ed estrinsecamente illogica, basata sull’asserita dazione di istruzioni, da parte sua al COGNOME, in ordine alla destinazione della stessa autovettura.
Il ricorrente richiama anche le argomentazioni che aveva prospettato nel proprio atto di appello in ordine al fatto che il contenuto della conversazione tra egli stesso e il COGNOME che era stata percepito dall’agente della Polizia di Stato NOME COGNOME si doveva ritenere «ben compatibile con uno scambio di battute tra soggetti casualmente incontratisi in un parcheggio».
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in ordine al proprio motivo di appello con il quale era stata chiesta la riqualificazione del fatto a lu attribuito come ricettazione anziché come riciclaggio, in quanto il possesso dell’autovettura con la targa sostituita non si poteva ritenere sufficiente a integrare
quest’ultimo reato, occorrendo, a tale fine, un quid pkiris consistente in un’operazione di alterazione della res di provenienza delittuosa attribuibile all’imputato almeno a titolo di concorso.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in ordine al proprio motivo di appello con il quale aveva richiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per assumere la testimonianza dell’agente della polizia giudiziaria NOME COGNOME, il cui esame – che era già stato richiesto, ex art. 507 cod. proc. pen., nel corso del giudizio di primo grado – si doveva ritenere «dirimente», atteso che lo stesso COGNOME «si trovava a fianco della teste COGNOME con riferimento al fondamentale, per le sorti processuali, incontro intercorso tra il Sig. NOME COGNOME ed il Sig. COGNOME NOME il giorno 02.03.2016, nel parcheggio dell’Hotel Papillon in Cazzago San Martino».
2.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte d’appello di Brescia ha confermato il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen.
Tale contraddittorietà sussisterebbe in particolare, là dove la Corte d’appello di Brescia affermerebbe: a) il coinvolgimento di più persone nell’illecito sulla base del valore economico dell’autovettura riciclata, «come se la commissione di un reato su un bene di valore rilevante fosse necessariamente ascrivibile solo a più persone»; b) la rilevanza negativa della ricaduta nell’illecito in presenza di uno «stabile inserimento familiare e lavorativo dell’imputato», «come se la commissione di delitti contro il patrimonio dovesse essere dettata esclusivamente da necessità economiche»; c) la rilevanza negativa della mancanza di «alcun atto di concreta resipiscenza e di risarcimento del danno», attesa la linea difensiva improntata all’affermazione dell’estraneità dell’imputato ai fatti a lui addebitati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Si deve anzitutto ribadire il principio, che è stato più volte affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui le valutazioni che riguardano l’individuazione della competenza per territorio devono essere effettuate “allo stato degli atti”, attesa la collocazione delle relative questioni, al più tardi, nell’ambito della fas degli atti preliminari al dibattimento (ai sensi del combinato disposto degli artt. 21, comma 2, e 491, comma 1, cod. proc. pen.), il che preclude qualsiasi previa istruzione o allegazione di prove a sostegno della proposta eccezione, e dovendosi quindi escludere qualsiasi rilievo alle sopravvenute prove assunte nel corso del dibattimento (tra le tantissime: Sez. 4, n. 27252 del 23/09/202.0, S., Rv. 279537-
01; Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, COGNOME, Rv. 254100-01; Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, COGNOME, Rv. 234347-01).
In particolare, qualora si debba determinare la competenza per territorio nell’ipotesi di reati connessi, occorre avere riguardo alla contestazione formulata dal pubblico ministero, a meno che essa non contenga rilevanti errori, macroscopici e immediatamente percepibili (Sez. 1, n. 31335 del 23/03/2018, COGNOME, Rv. 273484-01; Sez. 1, n. 11047 del 24/02/2010, Guida, Rv. 24678201), senza fare ricorso a eventuali valutazioni in via prognostica, anticipatorie del merito della decisione (Sez. 1, n. 36336 del 23/07/2015, COGNOME, Rv. 26453901), non potendosi, neppure in questa ipotesi, tenere conto di sopravvenienze istruttorie che potrebbero giustificare, in astratto, uno spostamento della competenza. Il che vale, evidentemente, anche nel caso in cui la connessione di procedimenti sia conseguenza del concorso o della cooperazione tra più agenti, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.
Ciò premesso, si deve osservare che la Corte d’appello di Brescia, facendo, quindi, esattamente riferimento al tenore dell’imputazione («si ribadisce e sottolinea che il capo d’imputazione»), ed evidenziando come, nella stessa, il primo frammento della condotta di riciclaggio contestato all’imputato fosse costituito dall’apposizione all’autovettura di provenienza delittuosa delle targhe di un’altra autovettura inglese («ascrive all’imputato la condotta di concorso in riciclaggio di autovettura rubata, tramite apposizione di targhe inglesi»), ha esattamente individuato la competenza per territorio in capo al Tribunale di Brescia, atteso che tale apposizione delle diverse targhe era avvenuta in Brescia.
Con ciò rispettando pienamente anche il principio, affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui, in tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, si deve considerare consumato dove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica (Sez. 2, n. 38105 del 08/04/2021, Brotini, Rv. 282019-01).
2. Il secondo motivo non è consentito.
Costituisce un principio pacificamente accolto dalla Corte d i cassazione quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che
sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatori del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 28074701; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01).
La Corte d’appello di Brescia ha affermato la responsabilità del NOME per il reato di riciclaggio a lui attribuito sulla base del contenuto della conversazione che era intercorsa, il 02/03/2016, tra lo stesso NOME ed NOME COGNOME.
La Corte d’appello ha in particolare ritenuto che da tale conversazione – che era stata ascoltata, di nascosto, dall’agente della Polizia di Stato NOME COGNOME, e che era stata da questa riferita nel corso della sua deposizione testimoniale emergesse che: a) essa si doveva ritenere intercorsa non tra due persone che si erano incontrate per caso, come era stato sostenuto nell’atto di appello dell’imputato, ma tra due soggetti che si erano dati appuntamento per discutere di un affare di interesse comune; b) nella stessa, il COGNOME aveva dato istruzioni al COGNOME sul funzionamento dell’autovettura rubata – la quale recava già montate le targhe inglesi (e che presentava anche il finestrino della portiera posteriore destra danneggiato) – e sul luogo dove avrebbe dovuto condurla, istruzioni che venivano recepite dal COGNOME, il quale, il giorno successivo 03/03/2016, sarebbe stato fermato a Courmayeur alla guida dell’automobile mentre si apprestava a farla uscire dal territorio nazionale.
A fronte di ciò, appare di tutta evidenza come, con il motivo in esame, il ricorrente altro non faccia che sollecitare a questa Corte una differente valutazione del significato probatorio da attribuire al contenuto della menzionata conversazione, il che, come si è detto, non è possibile fare in sede di legittimità.
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
È vero che la Corte d’appello di Brescia non ha dedicato una trattazione apposita al motivo di appello con il quale il NOME aveva chiesto la riqualificazione come ricettazione del fatto a lui attribuito.
Si deve tuttavia osservare come la stessa Corte d’appello abbia adeguatamente indicato gli elementi che l’hanno indotta a ritenere integrato, in capo al NOME, il delitto di riciclaggio.
I Giudici bresciani hanno infatti evidenziato come il NOME, ancorché non vi fosse prova che fosse stato l’autore «materiale» della sostituzione delle targhe, avesse dato al COGNOME, da una posizione «di sovraordinazione», le istruzioni sul funzionamento dell’autovettura e sul trasferimento all’estero della stessa, in un momento in cui, come si è già detto, l’automobile recava già montate le targhe inglesi (oltre a presentare il finestrino della portiera posteriore destr danneggiato); attività – quella di condurre all’estero un’autovettura rubata con
apposte le targhe di un’altra autovettura GLYPH chiaramente idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene e a integrare, perciò, il delitto di riciclaggio.
La chiara individuazione degli elementi integrativi del reato di riciclaggio rendeva evidentemente superfluo escludere espressamente che il fatto attribuito al NOME integrasse, invece, il diverso reato di ricettazione.
Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che trova il proprio fondamento nella presunzione di completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado, mentre la decisione di procedere a rinnovazione dell’istruzione dibattimentale deve essere specificamente motivata, giacché occorre dare conto dell’uso del potere discrezionale derivante dell’acquisita consapevolezza di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, nel caso di rigetto della richiesta di rinnovazione del dibattimento la decisione del giudice può essere sorretta anche da una motivazione implicita, rinvenibile nella struttura argomentativa della pronuncia, la quale evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per affermare o negare la responsabilità del reo (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275114-01; Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 247872-01; Sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Sergio, Rv. 245996-01; Sez. 6, n. 5782 del 18/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 236064-01).
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Brescia ha implicitamente fornito una risposta negativa alla richiesta della difesa del NOME di escussione del testimone dell’agente della polizia giudiziaria NOME COGNOME, avendo chiaramente mostrato di ritenere che il contenuto del colloquio che era intercorso il 02/03/2016 tra il NOME e il COGNOME fosse stato adeguatamente udito e riferito dall’agente NOME COGNOME, con la conseguente evidente superfluità di escutere, sul medesimo colloquio, anche l’agente COGNOME.
Il quinto motivo è manifestamente infondato.
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimil:à, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01; nella specie, la Corte di cassazione ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli alt disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244-01).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o no il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163-01).
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Brescia ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche «per le motivazioni già addotte dal primo giudice» – il quale aveva richiamato i precedenti penali dell’imputato per riciclaggio continuato, falsità ideologica, soppressione di atti veri, falsità materiale ricettazione, evidenziando anche l’assenza di elementi positivamente valorizzabili – aggiungendo, rispetto a tale motivazione del Tribunale di Brescia, la considerazione della gravità del delitto, in relazione al valore dell’autovettura riciclata e al coinvolgimento, in esso, di più soggetti, e del grado di colpevolezza, per avere l’imputato commesso il fatto nonostante la sue buone condizione di vita familiare e lavorativa.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, tale motivazione non risulta contraddittoria e, alla luce dei consolidati principi della giurisprudenza di legittimit sopra esposti, si deve ritenere senz’altro sufficiente e, in quanto espressiva di un giudizio di fatto, non sindacabile in questa sede di legittimità.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. GLYPH c`al
Così deciso il 18/01/2024.
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