Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18571 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18571 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il 12/08/1979 ad ALBANO LAZIALE NOME nato il 26/10/1979 a GENZANO DI ROMA NOME nato il 09/10/1978 a ROMA avverso la sentenza in data 12/06/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
sentiti gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME che, in difesa, rispettivamente di COGNOME NOME e NOME COGNOME hanno illustrato i motivi d’impugnazione e hanno insistito per il loro accoglimento.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per il tramite dei rispettivi procuratori speciali e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 12/06/2024 della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza in data 12/09/2023 del Tribunale di Velletri, che li aveva condannati per il reato di riciclaggio in concorso.
Deducono:
CECI NOME
1.1. Vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità.
Il ricorrente sostiene che non è stata raggiunta la prova della responsabilità e che l’intera vicenda risulta ancora oggi lacunosa.
Si osserva che dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge come la Corte di appello abbia esaminato i fatti senza prendere in considerazione le doglianze difensive.
A sostegno dell’assunto viene illustrata e compendiata la testimonianza resa da COGNOME, al fine di risaltare l’assenza di prova sulla partecipazione al delitto COGNOME io.
1.2. GLYPH Violazione di legge in relazione all’art. 648-bis cod. pen. e riqualificazione ai sensi dell’art. 648 cod. pen..
In questo caso si sostiene che in mancanza della prova certa che COGNOME abbia smontato la Porsche, la sua condotta potrebbe al più essere qualificata come ricettazione, a condizione che venga provata la provenienza illecita dei pezzi dell’autovettura, non essendo sufficiente a dimostrare il loro possesso la mera riproduzione fotografica degli stessi, atteso che non è dato comprendere se quelle foto fossero state scaricate da internet.
1.3. Violazione di legge in relazione all’eccessività della pena inflitta.
Alla difesa la pena inflitta non appare congrua e proporzionata al fatto, peraltro di lieve entità e che non avvalora neanche una condizione di pericolosità sociale dell’imputato, potendosi altresì riconoscere circostanze attenuanti generiche.
2. ATTENNI NOME
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40 e 56, 110 e 648-bis cod. pen. e degli artt. 187 e 192 cod. proc. pen..
Anche COGNOME sostiene che -fermo restando la possibilità di configurare il delitto di riciclaggio in forma tentata- manca la prova della sua responsabilità per il delitto d riciclaggio, non essendo a tal fine sufficiente la prova della conoscenza intercorrente tra l’imputato e gli altri soggetti coinvolti nella vicenda, mancando l’indicazione del ruol svolto da COGNOME e, soprattutto, la prova della consapevole, concreta e attiva partecipazione alla condotta altrui.
Si duole, altresì del mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata dell’art. 648bis cod. pen., mancando ogni accertamento sul reato presupposto, mancando la prova dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede e non essendo a tal fine sufficiente dare esclusivo credito alle dichiarazioni del proprietario della Porsche che si assume sia stata cannabilizzata.
3. TORO NOME
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell’ipotesi tentata del riciclaggio.
Si sostiene che dalla dettagliata descrizione delle attività che venivano realizzate dagli imputati e dal modo in cui veniva ritrovato il veicolo si evince che il reato si er configurato nella forma tentata e non in quella consumata ritenuta dai giudici.
In tal senso si rimarca come lo smontaggio dell’autovettura costituisce solo la fase iniziale della condotta di occultamento, che per la sua consumazione richiede l’ulteriore trasferimento delle sue parti smontate e la loro confusione con altre parti d provenienza illecita.
Tanto premesso, i ricorsi sono meramente reiterativi delle medesime questioni sollevate con l’atto di gravame, affrontate e risolte dalla Corte di appello e oggi pedissequamente trasfuse nei ricorsi. Motivi che possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro sovrapponibilità.
4.1. L’affermazione di responsabilità a carico dei ricorrenti è stata confermata dalla corte di appello sulla base di una pluralità di elementi concreti e convergenti, costituiti dal ritrovamento della Porsche rubata e oramai cannibalizzata nel giardino di Toro, dove si rinvenivano anche le targhe accartocciate e il navigatore satellitare e l’apparato GPS che ne consentiva la localizzazione; dalla telefonata effettuata da Toro in presenza degli operanti di polizia giudiziaria- agli altri soggetti coinvolti nella vicen (ossia COGNOME e COGNOME), che in effetti sopraggiungevano sul luogo, con una Ford Fiesta, al cui interno venivano rinvenuti occhiali da lavoro identici a quelli presenti sul luog dello smontaggio; dai numerosi contatti telefonici tra i coimputati; dalle fotografie contenute nei cellulari degli imputati, ove sono risultate raffigurate auto dello stesso tipo di quella oggetto del reato.
4.1.1. A fronte di una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, le questioni sollevate dai tre ricorrenti in punto di affermazione di responsabilità s risolvono in una valutazione delle risultanze processuali alternativa a quella ritenuta dai giudici di merito e, in quanto tale, non sono scrutinabili in sede di legittimità, atteso ch il compito demandato dal legislatore alla Corte di cassazione -per quanto qui d’interessenon è quello di stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti ovvero quello di condividerne la giustificazione. Il compito del giudice legittimità è quello di verificare la conformità della sentenza impugnata alla legge sostanziale e a quella processuale, cui si aggiunge il controllo sulla motivazione che,
però, è restrittivamente limitato alle ipotesi tassative della carenza, della manifesta illogicità e della contraddittorietà. Con l’ulteriore precisazione che la carenza v identificata con la mancanza della motivazione per difetto grafico o per la sua apparenza; che l’illogicità deve essere manifesta -ossia individuabile con immediatezzae sostanzialmente identificabile nella violazione delle massime di esperienza o delle leggi scientifiche, così configurandosi quando la motivazione sia disancorata da criteri oggettivi di valutazione, e trascenda in valutazioni soggettive e congetturali, insuscettibili di verifica empirica; la contraddittorietà si configura quando la motivazione si mostri in contrasto -in termini di inconciliabilità assoluta- con atti processua specificamente indicati dalla parte e che rispetto alla struttura argomentativa abbiano natura portante, tale che dalla loro eliminazione deriva l’implosione della struttura argomentativa impugnata.
Vizi che non si rinvengono nella motivazione in esame.
4.2. La Corte di appello ha altresì affrontato il tema della configurazione del riciclaggio nella forma tentata piuttosto che nella forma consumata, e ha negato l’opzione sostenuta dalla difesa -secondo cui il reato si configurava nella forma tentataos-servando che il delitto di riciclaggio si perfeziona con il mero compimento di atti-vità intese a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, sicchè risponde del reato di riciclaggio consumato chi venga sorpreso ad effettua-re operazioni di smontaggio dei pezzi di un’autovettura quando -come nel caso in esame- risultino già asportate le targhe e il vano motore, in ciò correttamente e appropriatamente richiamando la sentenza di questa Corte n. 11277 del 04/03/2022 (Sez. 2, COGNOME, Rv. 282820 – 01).
Da ciò la manifesta infondatezza del motivo d’impugnazione con cui si sostiene che il fatto andava più correttamente ritenuto nella forma tentata.
4.3. La Corte di appello, inoltre, ha negato la configurabilità dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648-bis cod. pen. osservando che il reato presupposto era un furto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede, in quanto dalla denuncia risulta che la stessa era parcheggiata sulla pubblica via quando è stata rubata.
Anche in questo caso i giudici hanno fatto corretta applicazione dell’ orientamento di questa Corte, che ha precisato che «in tema di furto, sussiste la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, nel caso di chiusura a chiave delle serrature delle portiere dell’auto parcheggiata sulla pubblica via, in quanto detto accorgimento non costituisce un grave ostacolo all’azione furtiva; tale circostanza ricorre non solo in relazione all’azione furtiva avente per oggetto l’auto ma anche a quella riguardante gli oggetti in essa custoditi che costituiscono un suo accessorio e che, comunque, non sono facilmente trasportabili. (Fattispecie in cui erano stati asportati compact disc contenuti nel lettore in dotazione dell’auto e borse della spesa)» (Così, tra molte, Sez. 4, n. 21262 del 26/03/2015, Rv. 263891 – 01).
3 322
L’assunto difensivo, secondo cui quanto riferito dalla vittima del furto non sarebbe sufficiente a provare l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede, si risolve in
valutazioni di merito che, in quanto tali, non sono scrutinabili in sede di legittimità, p come detto al precedente paragrafo 4.1.1..
4.4. A eguale conclusione di inammissibilità si perviene anche in relazione alle doglianze esposte da ceci Emanuele in relazione alla misura della pena.
Va anzitutto osservato che, anche in questo caso, si rinviene una puntuale motivazione nella sentenza impugnata, là dove i giudici osservano che la pena è stata
determinata partendo dal minimo edittale, aumentato per la recidiva, ag-giungendo che a essa non poteva essere apportata alcuna riduzione, vendo ri-guardo allo spessore
della recidiva contestata a COGNOME e alla centralità della sua fi-gura nella vicenda in esame.
Tanto soddisfa l’obbligo di motivazione che incombe sul giudice che irroghi la pena edittale minima, ove si consideri che «non è necessaria una specifica e dettagliata
motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il
reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo» (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 – 01).
A ciò si aggiunga che il motivo non spiega per quale ragione una pena assestata al minimo edittale debba considerarsi eccessiva, per come lamentato, così che esso si mostra generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli ele-menti che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
5. Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità delle impugnazioni, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod, proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 05/02/2025 Il Consigliere estensore COGNOME9>La Presidente