Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10961 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10961 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CATANIA il 30/08/1991 NOME nato a CATANIA il 26/03/1992
avverso la sentenza del 08/04/2024 della CORTE di APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo emettersi declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 8 aprile 2024 la Corte d’Appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa il 12 febbraio 2019 dal Tribunale di Catania nei confronti degli Imputati COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME dichiarava non doversi procedere nei confronti di entrambi in ordine al reato di cui agli artt. 490, 477 e 482 cod. pen., loro in concorso ascritto al capo b) dell’imputazione, perché estinto per intervenuta prescrizione, e, previa concessione alla sola Licandro delle circostanze attenuanti generiche, rideterminava le pene inflitte agli imputati in relazione al residuo reato di riciclaggio contemplato al capo a).
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione, con unico atto, entrambi gli imputati, per il tramite del loro difensore, chiedendone l’annullamento e articolando cinque motivi di doglianza.
Con il primo motivo la difesa deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione agli artt. 157 e 160 cod. pen., assumendo che anche il reato di riciclaggio di cui al capo a) dell’imputazione era estinto per intervenuta prescrizione.
Con il secondo motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione all’art 648 bis cod. pen.
Assumeva che la COGNOME era estranea alla vicenda, in quanto suo malgrado coinvolta esclusivamente per il fatto di essere l’intestataria della targa apposta sul veicolo di provenienza furtiva condotto dal Gangemi al momento del controllo, e deduceva in particolare che non vi era prova del fatto che la ricorrente fosse consapevole della condotta delittuosa posta in essere dal correo COGNOME, con il quale conviveva, così che doveva ritenersi insussistente in capo alla COGNOME l’elemento soggettivo del contestato delitto di riciclaggio.
Osservava, quanto alla posizione del Gangemi, che lo stesso era stato sorpreso alla guida dell’autovettura di provenienza furtiva mentre era in compagnia di altro soggetto, NOME COGNOME, il quale ben avrebbe potuto essere l’esclusivo autore del furto del veicolo e della apposizione sul medesimo della targa corrispondente ad altra vettura intestata a NOME NOME, così che la ricostruzione del fatto era stata effettuata dai giudici di merito sulla scorta di mere supposizioni e non di prove certe.
Con il terzo motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione all’art. 648 cod. pen., assumendo che il fatto doveva essere più correttamente qualificato nel delitto di ricettazione, considerato che non vi era prova del fatto che la sostituzione della targa fosse riconducibile al Gangemi, possessore della vettura provento di furto.
Con il quarto motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione all’art. 62 bis cod.
pen., assumendo che il giudice di merito non aveva considerato adeguatamente, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, l’ineccepibile comportamento processuale dei ricorrenti e l’assenza di precedenti penali in capo alla Licandro.
Con il quinto motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione all’art. 163 cod. pen., chiedendo una rimodulazione della pena inflitta agli imputati, da effettuarsi tenendo conto del comportamento dei medesimi, improntato a collaborazione, dell’assenza di un danno e del lieve disvalore penale del fatto, e chiedendo altresì la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato, dovendosi ritenere che il reato di riciclaggio di cui al capo a) dell’imputazione, commesso il 10 dicembre 2012, si prescriverà il 10 dicembre 2027 (considerando di dodici anni il termine ordinario di prescrizione, e di quindici il termine prorogato con l’applicazione dell’aumento di un quarto, pari a tre anni).
Parimenti inammissibile è il secondo motivo di gravame in quanto del tutto aspecifico e reiterativo, essendo stato dedotto nei medesimi termini con l’atto di appello e rispetto al quale ha Corte territoriale, con la sentenza impugnata, ha reso una motivazione adeguata rispetto alle doglianze sollevate, motivazione con la quale i ricorrenti non si sono affatto confrontati, in particolare con la parte relativa alla prova della sussistenza, in capo agli imputati, dell’elemento soggettivo del contestato reato di riciclaggio, rispetto alla quale ha Corte d’Appello ha valorizzato, tra gli altri elementi, il fatto che entrambi i ricorrenti non avevano fornito alcuna spiegazione alternativa del fatto che il Gangemi fosse stato sorpreso alla guida di una vettura provento di furto, nonché del fatto che la detta vettura recasse una targa intestata ad altra vettura, mai rinvenuta, di proprietà della Licandro, argomentazioni illustrate nel corpo della motivazione della sentenza impugnata e rispetto ai quali il ricorso non si è confrontato.
Peraltro, il vizio denunciato, ad onta della qualificazione effettuata dai ricorrenti (violazione di legge sostanziale e processuale) si risolve in realtà in una inammissibile rilettura nel merito delle prove assunte, laddove, quanto alla
posizione della COGNOME si deduce la carenza di prova della consapevolezza della condotta materiale posta in essere dal convivente COGNOME e, quanto alla posizione dii quest’ultimo, si prospetta una inammissibile ricostruzione del fatto diversa da quella sposata dalla Corte territoriale, ipotizzando l’esclusiva responsabilità del correo COGNOME COGNOME che al momento del controllo da parte delle forze dell’ordine si trovava a occupare il lato passeggero della vettura condotta dal COGNOME.
Anche il terzo motivo è inammissibile in quanto ancora una volta meramente reiterativo e tendente a una non consentita rivalutazione del merito delle prove assunte, nella parte in cui si assume che non vi sarebbe prova del fatto che la sostituzione della targa fosse riconducibile al Gangemi, come detto sorpreso alla guida della vettura provento di furto.
È inammissibile poiché manifestamente infondato anche il quarto motivo di ricorso, che, ad onta della sua qualificazione come violazione di legge offerta in ricorso, in realtà si risolve nella deduzione di un vizio di motivazione, avendo la Corte territoriale motivato in maniera adeguata la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche al Gangemi (tale beneficio, in realtà, ad onta di quanto dedotto in ricorso, è stato concesso alla Licandro), con il richiamo al comportamento processuale tenuto dal medesimo, per nulla improntato a collaborazione, e ai precedenti penali sullo stesso gravanti, ritenuti dalla Corte d’Appello sintomatici di una accresciuta pericolosità sociale.
È, infine, inammissibile anche il quinto motivo, risultando incompatibile l’invocato beneficio della sospensione condizionale della pena con il quantum delle pene inflitte agli imputati, superiori ai due anni di reclusione, e risultando evidentemente inammissibile la richiesta di una rimodulazione delle pene medesime, trattandosi di richiesta di una pronuncia di merito che non compete a questa Corte.
Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono, dunque, essere dichiarati inammissibili.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino, ciascuno, la
somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/12/2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente