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Riciclaggio assegni: quando incassare è reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8952/2024, ha confermato la condanna per riciclaggio nei confronti di due persone che, utilizzando documenti falsi per aprire conti correnti, versavano assegni di provenienza illecita per poi prelevare il denaro in contanti. La Corte ha stabilito che questa operazione integra il reato di riciclaggio e non quello di ricettazione, poiché la sostituzione di un titolo tracciabile (l’assegno) con denaro contante è una condotta idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei fondi. È stato inoltre respinto il ricorso basato su un presunto impedimento a partecipare all’udienza per detenzione all’estero, data la genericità della richiesta.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio Assegni: Quando Incassare un Titolo di Provenienza Illecita è Reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sulla sottile ma cruciale linea di demarcazione tra ricettazione e riciclaggio, in particolare nel contesto di operazioni bancarie fraudolente. L’analisi del caso offre spunti fondamentali per comprendere quando l’incasso di un titolo illecito si trasforma nel più grave delitto di riciclaggio assegni. La pronuncia chiarisce come l’atto di sostituire un assegno con denaro contante attraverso l’apertura di un conto corrente ad hoc sia una condotta che mira a “ripulire” il denaro, ostacolandone la tracciabilità.

I Fatti del Caso: Una Rete Fraudolenta

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava due persone condannate per una serie di reati, tra cui truffa, possesso di documenti falsi e, appunto, riciclaggio. Il loro modus operandi era ben collaudato: spacciandosi per altre persone e utilizzando documenti di identità contraffatti, aprivano conti correnti presso vari istituti bancari. Su questi conti venivano poi versati assegni di provenienza illecita, sottratti alle legittime vittime. Una volta accreditati i fondi, procedevano a prelevare sistematicamente il denaro in contanti, fino a svuotare completamente i conti.

La Decisione della Corte: Perché si Tratta di Riciclaggio Assegni

Una delle ricorrenti sosteneva che la propria condotta dovesse essere qualificata come semplice ricettazione e non come riciclaggio. A suo avviso, il versamento dell’assegno e il successivo prelievo non avrebbero concretamente ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa del titolo, che era rimasto integro.

La Cassazione ha rigettato categoricamente questa tesi, aderendo a un principio di diritto già consolidato. I giudici hanno chiarito che integra il delitto di riciclaggio assegni la condotta di chi, dopo aver ricevuto un assegno di provenienza criminale, compie le seguenti azioni:
1. Apre un conto corrente intestandolo fittiziamente al beneficiario dell’assegno.
2. Versa il titolo su tale conto.
3. Preleva le somme in contanti.

Questa sequenza di operazioni realizza la condotta tipica del riciclaggio, ovvero la “sostituzione” di un bene (il valore dell’assegno) con un altro (il denaro contante). Tale sostituzione è idonea a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa dei fondi.

La Questione Procedurale: Diritto di Partecipare all’Udienza se Detenuti all’Estero

La seconda ricorrente lamentava una violazione del suo diritto di difesa, poiché la Corte d’appello non aveva concesso un secondo rinvio dell’udienza nonostante lei fosse detenuta in Svizzera e avesse manifestato la volontà di partecipare. Anche questo motivo di ricorso è stato respinto.

La Cassazione ha sottolineato che, nel giudizio camerale d’appello scaturito da un rito abbreviato, la presenza dell’imputato non è obbligatoria. È onere dell’imputato detenuto comunicare in modo specifico e documentato il proprio legittimo impedimento e la volontà di comparire. Nel caso di specie, la richiesta era stata ritenuta troppo generica, non consentendo alla Corte di organizzare, ad esempio, una videoconferenza. Inoltre, nonostante un primo rinvio concesso proprio per questo scopo, la difesa non aveva fornito documentazione adeguata a comprovare l’impedimento.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara interpretazione dell’articolo 648-bis del codice penale. Il fulcro del reato di riciclaggio risiede in qualsiasi operazione che abbia l’effetto concreto di rendere difficile risalire all’origine criminale dei capitali. L’operazione di versare un assegno rubato su un conto di comodo per poi prelevarne il controvalore in contanti non è un mero godimento del profitto del reato (come nella ricettazione), ma un’attività trasformativa. Si sostituisce un titolo di credito, che lascia tracce contabili e digitali, con denaro contante, per sua natura fungibile e anonimo. Questa “sostituzione” è esattamente ciò che la norma sul riciclaggio intende punire.

Sul piano procedurale, la Corte ha ribadito il principio secondo cui i diritti processuali, incluso quello di partecipare al proprio processo, devono essere esercitati secondo le regole stabilite dal codice. L’imputato che si trova in una condizione di impedimento, specialmente se complessa come la detenzione in un paese straniero, ha l’onere di essere proattivo e di fornire al giudice tutti gli elementi necessari per valutare la richiesta di rinvio e adottare le misure conseguenti.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, conferma che le operazioni bancarie finalizzate a convertire assegni illeciti in contanti, attraverso l’uso di false identità e conti di transito, configurano pienamente il reato di riciclaggio. La semplice ricezione dell’assegno potrebbe essere ricettazione, ma l’attività successiva volta a mascherarne l’origine qualifica il fatto come riciclaggio. In secondo luogo, ribadisce che il diritto dell’imputato a partecipare al processo non è assoluto e deve essere bilanciato con le esigenze di efficienza processuale. Chi intende avvalersene, soprattutto in presenza di impedimenti, deve attivarsi con richieste chiare, specifiche e documentate.

Versare un assegno rubato su un conto e prelevare i contanti è ricettazione o riciclaggio?
Secondo la Corte di Cassazione, questa condotta integra il più grave reato di riciclaggio. L’operazione di sostituzione del valore dell’assegno (tracciabile) con denaro contante (non tracciabile) è finalizzata a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei fondi.

Perché l’operazione di incasso di un assegno illecito viene considerata “sostituzione” ai fini del riciclaggio?
Perché si sostituisce un bene (il titolo di credito) con un altro (il denaro contante), alterando la natura del provento illecito. Questa trasformazione è una delle condotte tipiche previste dalla norma sul riciclaggio, in quanto rende più difficile per le autorità seguire il flusso del denaro sporco.

Un imputato detenuto all’estero ha sempre diritto al rinvio dell’udienza di appello per poter partecipare?
No, non automaticamente. Nel giudizio d’appello che segue un rito abbreviato, la presenza non è necessaria. È onere dell’imputato detenuto comunicare il proprio legittimo impedimento in modo specifico e documentato, manifestando espressamente la volontà di comparire. In assenza di una comunicazione chiara e completa, il giudice non è tenuto a rinviare l’udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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