Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24306 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24306 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
IRENE SCORDAMAGLIA
CC – 11/06/2025
R.G.N. 13271/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Erice il 10/08/1996 NOME nato a Montepulciano il 25/01/1996 avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate in data 24/05/2025 dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi e di correggere l’errore materiale contenuto nel dispositivo relativo alla pena applicata ad NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata in data 28 novembre 2024 la Corte di appello di Palermo ha riformato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Marsala nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, riconosciuti responsabili, il primo, GLYPHdei reati di cui agli artt. 110 e 624bis , commi 1 e 3, in relazione all’art. 625, comma 1, nn. 2 e 5, cod. pen. (capo A) e di cui agli artt. 61 n. 2 e 337 cod. pen. (capo B) , il secondo, dei reati di cui agli artt. 110 e 624bis , commi 1 e 3, in relazione all’art. 625, comma 1, nn. 2 e 5, cod. pen. (capo A), di cui agli artt. 61 n. 2 e 337 cod. pen. (capo C) nonchØ di cui agli artt. 73 e 75 d.lgs. n. 159 del 2011 (capi D ed E) , limitatamente al trattamento sanzionatorio loro rispettivamente applicato, indicato in dispositivo in anni 3 di reclusione ed euro 950,00 di multa, quanto a Caltagirone, e in anni 5 e mesi 3 di reclusione ed euro 1.450,00 di multa, quanto a COGNOME, con conferma nel resto.
Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati con distinti atti d’impugnativa.
2.1 Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati proposti due ricorsi: uno a firma del suo difensore di fiducia in data 20 marzo 2025 ed uno a firma dello stesso imputato in data 4 aprile 2025. Entrambi gli atti di impugnativa denunciano:
con il primo motivo, vizi di motivazione nonchØ la violazione del principio del ‘ragionevole dubbio’, sul rilievo che il giudice di appello si sarebbe sottratto all’obbligo di un compiuto riesame delle prove di colpevolezza dell’imputato, che, invero, non potevano dirsi tali perchØ l’attribuzione alla sua persona dei fatti di reato di cui ai capi A) e B) scontava il fio sia della ‘ricognizione sommaria’ delle fattezze e dell’abbigliamento dei soggetti, resisi autori del furto in abitazione, fatta dall’Assistente di P.S. NOME COGNOME sia della descrizione generica e frettolosa del soggetto, resosi protagonista degli atti di resistenza di cui al capo B), contenuta nella relazione redatta dai pubblici ufficiali operanti;
con il secondo motivo, la violazione dell’art. 624bis , comma 3, cod. pen., in ragione dell’errata applicazione delle circostanze aggravanti contestate in relazione al furto in abitazione di cui al capo A): ciò, con riferimento all’aggravante della violenza sulle cose (di cui all’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen.), perchØ non sarebbe stata data la prova del danneggiamento della porta d’ingresso dell’abitazione attinta dal furto, nonchØ con riferimento all’aggravante del concorso di tre o piø persone (di cui all’art. 625, comma 1, n. 5 cod. pen.), essendo stata, la presenza di tre soggetti, solo ipotizzata dall’Assistente di P.S. COGNOME
con il terzo motivo, chiedono a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 546, comma 1, lett. f ), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 111 Cost., per mancata previsione dell’obbligo di indicare nel dispositivo il calcolo matematico della pena; questione rilevante nel caso di specie, perchØ nel dispositivo della sentenza impugnata risultava inflitta ad NOME COGNOME la pena di anni 3 di reclusione, mentre in motivazione risultava essergli stata applicata la pena di anni 4 e mesi 3 di reclusione.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME Ł stato proposto ricorso per cassazione dal suo difensore, che ha affidato l’impugnativa a tre motivi.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 94, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2022 e GLYPH23bis comma 4, d.l. n. 137 del 2020 in riferimento all’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Palermo in data 30 ottobre 2024, con la quale era stata dichiarata inammissibile per tardività l’istanza di discussione orale «in quanto formulata oltre il termine previsto dall’art. 598bis cod. proc. pen.». ¨ dedotto che, invece, la richiesta sarebbe stata da considerare tempestiva: infatti, essendo stato presentato l’appello in data 20 luglio 2023, si sarebbe dovuto fare applicazione della norma emergenziale di cui all’art. 23bis , comma 4, d.l n. 137 del 2020, in quanto prorogata fino al 30 giugno 2024, che consentiva il deposito della menzionata richiesta fino a 15 giorni prima dell’udienza. Negando, pertanto, all’imputato il diritto a vedere discusso oralmente il proprio appello, la Corte territoriale ne avrebbe radicalmente vulnerato il diritto di difesa.
Il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilità dell’imputato, fondata sull’inattendibile descrizione degli autori del furto effettuata dall’assistente di P.S. Licari, in quanto generica e non individualizzante e, comunque, non riscontrata dai capi di abbigliamento sequestrati all’imputato stesso; donde, non sarebbe stato rispettato il canone decisorio dell”oltre ogni ragionevole dubbio’.
Il terzo motivo denuncia la carenza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio applicato, non avendo il giudice di appello spiegato le ragioni della non uniforme determinazione della pena base ai due imputati e, comunque, del discostamento dal minimo edittale nei confronti di COGNOME, come anche delle ragioni sottese alla determinazione, nella misura indicata in motivazione, degli aumenti applicati a titolo di continuazione in riferimento ai reati-satellite.
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Con memoria in data 20 maggio 2025, l’Avv. NOME COGNOME ha concluso nell’interesse di NOME COGNOME insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Con memoria in data 28 maggio 2025, l’Avv. NOME COGNOME ha concluso nell’interesse di NOME COGNOME chiedendo l’accoglimento dei motivi.
Ha replicato, inoltre in data 29 maggio 2025, alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale evidenziando come la disposizione applicabile al caso di specie non fosse quella di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 (convertito in legge 176 del 2020), ma piuttosto, quella di cui all’art. 23bis , comma 4, d.l. n. 137 del 2000, dettata per il giudizio di appello, che prevedeva un termine di 15 giorni liberi prima dell’udienza fissata per la presentazione della richiesta di discussione orale. Termine che, nel caso di specie, era stato rispettato, essendo stata presentata la richiesta di trattazione orale il 29 ottobre 2024, quindi 29 giorni liberi prima dell’udienza del 28 novembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
¨ meritevole di accoglimento il solo ricorso nell’interesse di NOME COGNOME, dovendo, invece, essere dichiarato inammissibile quello nell’interesse di NOME COGNOME.
Del ricorso di NOME COGNOME coglie nel segno il primo motivo, con valore assorbente sugli ulteriori.
1.1. La disposizione di cui all’art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2022 prevede (a seguito di successive modificazioni) che «Per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23bis , commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo la scadenza dei termini indicati al primo periodo, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo».
1.2. Ciò posto, Ł di tutta evidenza che, essendo stato proposto l’appello nell’interesse del ricorrente il 20 luglio 2023, il giudizio di appello celebrato a suo carico doveva sottostare alle norme dettate dalla cd. ‘legislazione emergenziale’: donde, ai sensi dell’art. 23bis decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con mod. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, la richiesta di discussione orale dell’appello, per essere tempestiva, doveva essere trasmessa nel termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza (ex art. 23bis , comma 4, d.l. 137 del 2020, cit. ).
1.3. Dal consentito esame degli atti, attesa la natura processuale del vizio dedotto, risulta che l’Avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME COGNOME, aveva formulato istanza di trattazione in forma orale del giudizio che si sarebbe dovuto celebrare a carico del suo assistito in data 29 ottobre 2024, inviandola presso l’indirizzo telematico della cancelleria della Corte di appello di Palermo. Dunque, il giudice di appello ha errato nell’averla dichiarata inammissibile per tardività con l’ordinanza in data 30 ottobre 2024, essendo stata la stessa presentata ben ventinove giorni prima dell’udienza di appello, fissata per il 28 novembre 2024.
1.4. Ne viene che, essendosi verificata una nullità generale a regime intermedio per violazione del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 44646 del 14/10/2021, COGNOME
Rv. 282172 – 01; conf. Sez. 3, n. 38164 del 15/06/2022, T., Rv. 283706 – 01) e, comunque, già eccepita con le conclusioni depositate nel giudizio di appello, la sentenza impugnata, quanto alla sola posizione di NOME COGNOME GLYPHdeve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo D), per essere, lo stesso, estinto per prescrizione; deve, invece, essere annullata con rinvio per nuovo esame in riferimento ai reati di cui ai capi A), C) ed E).
Tutti i motivi di ricorso nell’interesse di NOME COGNOME sono, come anticipato, inammissibili.
2.1 Le censure difensive sviluppate con il primo motivo, in punto di prova della responsabilità del ricorrente, non si confrontano specificamente con tutte le argomentazioni sviluppate al riguardo nella sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, preclusa in sede di legittimità (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944). Censure che si rivelano tanto piø estranee al sindacato di questa Corte perchØ omettono di considerare che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova addotti a loro sostegno; ciò, a maggior ragione quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615). Il che Ł quanto avvenuto nel caso di specie, in cui vi Ł stata una “doppia conforme” affermazione di responsabilità di NOME COGNOME in relazione ai reati ascrittigli ai capi A) e B) di imputazione.
Piø che plausibile, invero, si rivela la motivazione offerta dai giudici di merito in ordine alla riconducibilità dei fatti descritti nei detti capi al ricorrente: questo perchØ le dichiarazioni dell’Assistente di P.S. COGNOME – il quale, oltretutto, chiamato a visionare il cartellino foto-dattiloscopico di Caltagirone l’aveva riconosciuto «senza ombra di dubbio» (cfr. pag. 4 della sentenza impugnato) – sono state ritenute precise e dettagliate – soprattutto sull’abbigliamento utilizzato dai soggetti visti uscire dall’abitazione fatta bersaglio dell’azione predatoria – e oggettivamente riscontrate dagli ulteriori elementi di prova acquisiti grazie all’audizione della proprietaria dell’abitazione e alle indagini di polizia giudiziaria, le quali erano risalite all’identità di Caltagirone in virtø della targa del motociclo Aprilia condotto dal centauro che aveva opposto resistenza alle Forze dell’Ordine (cfr. pag. 4 della sentenza di primo grado); elementi, questi, che, nel loro complesso, avevano consentito di delineare a carico dell’imputato un quadro probatorio coerente e completo in ordine al suo coinvolgimento nella vicenda.
Donde, al cospetto di siffatta motivazione, gli argomenti spesi nell’interesse di Caltagirone costituiscono una sterile replica di quanto già dedotto nei precedenti gradi di giudizio.
Per completezza va, peraltro, soggiunto che il giudice di appello, nella motivazione della sentenza, non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo, invece, sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841).
2.2. Generiche risultano le doglianze articolate con il secondo motivo per censurare il giudizio
della Corte di appello in ordine alla sussistenza delle circostanze aggravanti della violenza sulle cose (di cui all’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen.) e del concorso di tre o piø persone (di cui all’art. 625, comma 1, n. 5 cod. pen.), contestate in riferimento al delitto di furto aggravato di cui al capo A) d’imputazione.
A ben vedere, infatti, la deduzione del ricorrente, in ordine alla mancanza della prova del danneggiamento della porta di ingresso dell’abitazione fatta bersaglio dell’azione predatoria, Ł del tutto astratta, giacchØ sviluppata senza alcun confronto con quanto sul punto argomentato nella sentenza impugnata: ossia, che «la persona offesa, nella denuncia di furto, aveva dichiarato che i malviventi avevano ‘forzato’ la porta d’ingresso» (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
Aspecifica ed esplorativa Ł, parimenti, la deduzione relativa alla prova della commissione del furto da parte di tre persone riunite (ossia, dell’aggravante ex art. 625, comma 1, n. 5 cod. pen.), nulla di decisivo essendo stato addotto dal ricorrente per screditare quanto sul punto affermato nella sentenza impugnata: che, cioŁ, «il terzo soggetto rimasto ignoto, che aveva partecipato al furto, era stato avvistato nell’immediatezza della commissione del fatto di reato dal Licari e, successivamente, nel corso dell’inseguimento dai militari operanti» (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
2.3. Generico e non assistito dal necessario interesse ad impugnare Ł il terzo motivo.
Nella sentenza impugnata si Ł dato chiaramente conto di come si fosse ritenuto «equo e congruo un aumento di pena per la continuazione pari a mesi tre di reclusione» per l’unico reatosatellite ascritto ad NOME COGNOME di modo che, non solo Ł aspecifico il rilievo di mancata indicazione del calcolo matematico seguito per giungere alla determinazione della pena irrogata, ma Ł anche manifestamente irrilevante la prospettata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 546, comma 1, lett. f ), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 111 Cost.
Privo d’interesse Ł, inoltre, il profilo di censura che attinge la discrasia tra il dispositivo della sentenza impugnata e la motivazione della stessa in ordine al quantum di pena inflitta al ricorrente, indicata in anni 3 di reclusione ed GLYPHeuro 950,00 di multa nel dispositivo e in anni 4 e mesi 3 di reclusione ed euro 950,00 di multa in motivazione. Va fatta, al riguardo, applicazione del principio di diritto secondo cui «In tema di contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza, mentre Ł certo che debba essere sempre il criterio della prevalenza del dispositivo a guidare l’interpretazione della sentenza divenuta irrevocabile, Ł da escludere, invece, che un tale contrasto possa sempre essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione. In particolare, il contrasto non Ł impugnabile se il dispositivo Ł conforme alla richiesta del soggetto processuale che si duole della motivazione, stante la carenza di un concreto e attuale interesse» (Sez. 5, n. 2042 del 22/01/1997, COGNOME, Rv. 208672 – 01; conf. Sez. 1, n. 13399 del 05/02/2020, Rv. 278936 – 01). In linea con tale principio Ł stato ulteriormente affermato che «In caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo può essere derogata a condizione che questo sia viziato da un errore materiale obiettivamente rilevabile e che da esso, quale espressione della volontà decisoria del giudice, non derivi un risultato piø favorevole per l’imputato» (Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284057 – 04)
Per le ragioni esposte non può essere accolta la richiesta di correzione materiale del dispositivo della sentenza impugnata avanzata dal Procuratore generale, tale intervento della Corte essendo suscettibile di risolversi in una modificaa in peius della volontà decisoria del giudice di appello in punto di trattamento sanzionatorio applicato all’imputato; intervento, come tale, non consentito in assenza di ricorso per cassazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 15648 del 02/03/2011, COGNOME, Rv. 249997 – 01, nel senso che «¨ illegittima, per contrasto col divieto di “reformatio in peius “, l’ordinanza del giudice d’appello che, in assenza di impugnazione
dell’imputato, proceda a correggere la pena irrogata nel dispositivo della sentenza di primo grado aumentandola sino alla pena indicata in motivazione»).
S’impone, pertanto, GLYPHquanto a COGNOME NOME NOME, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo D), per essere, lo stesso, estinto per prescrizione; l’annullamento della medesima sentenza quanto ai reati di cui ai capi A), C) ed E) con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame. Quanto ad NOME COGNOME, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo D) perchØ estinto per prescrizione. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME NOME quanto ai reati di cui ai capi A), C) ed E), con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, l’11/06/2025
Il Presidente
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME