Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25848 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25848 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME COGNOME nato il 01/01/1985
avverso la sentenza del 15/11/2024 del GIUDICE COGNOME di VERBANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il
Giudice di Pace di Verbania condannava NOME COGNOME alla pena di 10.000,00
euro di multa.
Ritenuto che il ricorso in esame, articolato in un’unica doglianza, relativa alla configurazione del reato di cui all’art. 14, comma
5-ter
T.U. imm., postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza, chiede il riesame nel merito
della vicenda processuale, sotto il profilo dosimetrico, che risulta vagliato dalla
Corte di appello di Bari, nel rispetto delle regole della logica, in conformità delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv.
271227 – 01).
Ritenuto che il compendio probatorio, tenuto conto degli accertamenti investigativi eseguiti nell’immediatezza dei fatti risultava univocamente orientato
nei confronti dell’imputato, che non forniva alcuna adeguata giustificava sulle ragioni perché si trovava nel territorio italiano, pur essendo destinatario di un
provvedimento di espulsione emesso il 30 giugno 2022.
Ritenuto che non assume rilievo la richiesta di asilo, nelle more, presentata, atteso che il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter T.U. imm. non è escluso «dall’avere lo straniero, successivamente alla disposta espulsione rimasta inottemperata, formulato istanza di riconoscimento del diritto di asilo ed ottenuto, in conseguenza di essa, un permesso di soggiorno provvisorio sino all’esito del procedimento, atteso che il carattere necessitato di detto permesso non costituisce una giustificazione per la precedente illecita permanenza» (Sez. 1, n. 35707 del 14/06/2019, Aibangbee, Rv. 276810 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025.