Richiesta Attenuanti: Silenzio in Appello, Ricorso Inammissibile in Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia processuale: la necessità di una corretta strategia difensiva fin dai primi gradi di giudizio. In particolare, la Suprema Corte chiarisce che non è possibile lamentare in sede di legittimità la mancata applicazione di circostanze favorevoli se la richiesta attenuanti non è stata esplicitamente formulata in appello. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: La Condanna per Bancarotta Fraudolenta
Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di bancarotta fraudolenta, una fattispecie grave prevista dalla legge fallimentare. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo di impugnazione.
L’Unico Motivo di Ricorso e la Richiesta Attenuanti
Il ricorrente lamentava una violazione di legge da parte della Corte d’Appello, sostenendo che i giudici avrebbero dovuto applicare d’ufficio, cioè di propria iniziativa, una specifica attenuante prevista dall’art. 219, terzo comma, della legge fallimentare. Secondo la difesa, si trattava di un potere-dovere del giudice che era stato omesso, con conseguente ingiustizia della pena inflitta. La strategia difensiva si concentrava quindi non su una rivalutazione dei fatti, ma su un presunto errore procedurale legato alla mancata richiesta attenuanti e alla loro conseguente non applicazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con una motivazione tanto sintetica quanto netta, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il ragionamento dei giudici supremi si basa su un consolidato orientamento giurisprudenziale, cristallizzato in una pronuncia delle Sezioni Unite (la n. 22533 del 2018).
Il principio cardine è il seguente: l’imputato non può dolersi, con un ricorso per cassazione, del mancato esercizio da parte del giudice d’appello del potere di riconoscere eventuali attenuanti (ai sensi dell’art. 597, comma 5, c.p.p.), qualora non ne abbia fatto specifica richiesta nel corso del giudizio di merito.
In altre parole, sebbene il giudice d’appello abbia la facoltà di applicare d’ufficio delle attenuanti, questa è una sua prerogativa e non un obbligo che, se disatteso, genera automaticamente un vizio della sentenza. Per poter contestare la mancata applicazione di un’attenuante in Cassazione, è indispensabile che la difesa abbia sollevato la questione in appello, dando così al giudice di merito la possibilità di pronunciarsi su di essa. Nel caso di specie, l’imputato non aveva mai richiesto l’applicazione della specifica attenuante nei precedenti gradi di giudizio. Il suo silenzio ha precluso la possibilità di sollevare la questione per la prima volta davanti alla Suprema Corte.
Conclusioni
La decisione in commento offre una lezione di fondamentale importanza pratica per gli operatori del diritto. La difesa tecnica deve essere diligente e completa in ogni fase del processo. Omettere una richiesta, come quella relativa all’applicazione di una circostanza attenuante, nel corso del giudizio di merito (primo grado e appello) può avere conseguenze irrimediabili. Il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito dove poter rimediare a dimenticanze o a diverse strategie processuali, ma un giudizio di legittimità finalizzato a controllare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti. Pertanto, ogni potenziale punto a favore dell’imputato deve essere sollevato e discusso tempestivamente, per non vedersi chiudere le porte della Suprema Corte con una declaratoria di inammissibilità.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato si lamentava della mancata applicazione di una circostanza attenuante che, però, non aveva mai richiesto nel corso del giudizio di primo grado e d’appello.
Il giudice d’appello può applicare le attenuanti anche se l’imputato non le chiede?
Sì, il giudice d’appello ha il potere (previsto dall’art. 597, comma 5, c.p.p.) di applicare di propria iniziativa le attenuanti, ma questo non si traduce in un obbligo. Se non lo fa, l’imputato che non ne aveva fatto richiesta non può lamentarsene in Cassazione.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36152 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36152 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONOPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano ne ha confermato la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta ex art. 223 comma secondo n. 2 legge fallimentare;
Considerato che l’unico motivo di ricorso, che lamenta violazione di legge in relazione all’omesso esercizio del potere-dovere di applicare d’ufficio dell’attenuante speciale prevista dall’art. 219 comma terzo legge fall., è manifestamente infondato, in quanto l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, del mancato esercizio dei poteri di cui all’art. 597, comma 5, cod. proc. pen. in ordine al riconoscimento di eventuali attenuanti, qualora, come nella specie, non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (arg. da Sez. U., n. 22533 del 25/10/2018, Salerno);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/09/2025