Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3142 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MACERATA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 28/11/2022 della CORTE di APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Ancona confermava la condanna di NOME COGNOME alla pena di mesi due di reclusione ed euro duecento di multa per la ricettazione di un telefono cellulare provento di furto; riconosceva l’attenuante prevista dall’art. 648, comma 4, cod. pen..
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 647 e 624 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto contestato, che avrebbe dovuto essere inquadrato nella fattispecie, depenalizzata, del rinvenimento di oggetti smarriti o, al più in que di furto; invero le dichiarazioni del denunciante circa la consumazione del furto presso i centro commerciale RAGIONE_SOCIALE sito in Tolentino, unitamente alle dichiarazioni dell’imputato circa il fatto di avere rinvenuto il telefono proprio presso quel centro commerciale ed quelle della RAGIONE_SOCIALE, che aveva dichiarato di avere regalato a COGNOME la scheda rinvenuta sul telefono, avrebbero dovuto condurre i giudici di merito ad assegnare alla condotta una diversa qualificazione.
2.1.1. Il ricorso non supera la soglia di ammissibilità.
In primo luogo si rileva che il reato presupposto della contestata ricettazione riguarda l’apprensione di un telefono, oggetto con chiari segni identificativi della proprietà, il esclude che la condotta possa essere inquadrata nella fattispecie depenalizzata dell’appropriazione di oggetti smarriti (tra le altre: Sez. 5, Sentenza n. 1710 d 06/10/2016 dep. 2017, Corti, Rv. 268910).
In secondo luogo si rileva l’interesse alla derubricazione del reato nella fattispec del furto, come si evince dal ricorso, risiede nel fatto che il furto non sarebbe procedib per assenza di esposizione della voluntas puniendi nella denuncia.
Tuttavia, nella sentenza impugnata si legge che la persona offesa aveva proposto “denuncia- querela” (pag. 5), contrariamente a quanto dedotto. Pertanto alla denuncia del travisamento sarebbe stato necessario allegare la “denuncia” in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso (tra le altre: Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432): così però non è stato, il che non consente di la Corte di verificare il denunciat travisamento, con conseguente inammissibilità della doglianza e, dunque, di rinvenire “in concreto” un interesse al riconoscimento della nuova qualificazione.
A tale profilo si aggiunge anche che le due sentenze conformi di merito hanno ritenuto che NOME avesse ricevuto il telefono dopo che lo stesso era stato appreso da altri, con motivazione che non presenta vizi logici decisivi.
2.2. Violazione di legge (art. 131-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordin all’omessa considerazione di quanto allegato nella memoria difensiva del 20 novembre 2022, con la quale si instava per il riconoscimento della causa dì non punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen., tenuto conto del fatto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 25 giugno 2020, aveva consentito il riconoscimento della causa di non punibilità anche fatti per i quali non è previsto un minimo edittale.
1.2. La doglianza non supera la soglia di ammissibilità.
Il collegio rileva che, per quanto la applicazione della causa di non punibilità invocat si sottragga al principio devolutivo (tra le altre: Sez. 6, n. 5922 del 19/01/2023, Camerano
Rv. 284160 – 01), la stessa per essere riconosciuta bisogna che siano evidenti, o allegate, le ragioni che giustificano la sua concedibilità.
Nel caso in esame, COGNOME essendo controversa la riconoscibilità sia oggettiva, che soggettiva, della lieve entità del fatto e non essendo stati allegate nella memoria depositata nel corso del giudizio di appello, e nel ricorso, le ragioni a sostegno del riconoscimento della causa di non punibilità la stessa non poteva essere ritenuta, il che rende legittima l’omissione motivazionale.
2.3. Violazione di legge (art. 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine all quantificazione della pena inflitta.
2.3.1. La doglianza è manifestamente infondata in quanto, contrariamente a quanto dedotto, la sentenza impugnata offre una congrua giustificazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio (pag. 8 della sentenza impugnata), coerente con le indicazioni della Cassazione secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. p con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 – 01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142, Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008 – dep. 26/03/2008, COGNOME e altri, Rv. 239754)
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 6 dicembre 2023
DEPOSITATO IN CANCELLARIA