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Ricettazione: ricorso inammissibile se rivaluta i fatti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’appello mirava a una rivalutazione delle prove, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha ribadito che per la condanna per ricettazione non è necessaria la prova positiva che l’imputato non abbia concorso nel reato presupposto. Anche il motivo sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stato ritenuto infondato.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in Cassazione in materia di ricettazione e sulla valutazione delle prove. Con la decisione del 6 marzo 2024, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato nei gradi di merito, ribadendo principi fondamentali sia di diritto sostanziale che processuale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un uomo condannato dalla Corte d’Appello per un reato riconducibile alla ricettazione di beni contraffatti. L’imputato si è rivolto alla Corte di Cassazione contestando la sua responsabilità penale su tre fronti principali: la valutazione della prova sulla sua condotta, il suo presunto coinvolgimento nel reato presupposto e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso e la Prova della Ricettazione

L’appellante ha cercato di rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio, sostenendo una presunta grossolanità della contraffazione e la mancanza di prove concrete a suo carico. In sostanza, ha chiesto alla Corte di Cassazione di effettuare una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove già esaminate dai giudici di primo e secondo grado.

Inoltre, ha contestato la configurabilità stessa del delitto di ricettazione, sollevando dubbi sul suo mancato coinvolgimento nel reato presupposto (cioè il reato da cui provenivano i beni). Infine, si è lamentato del fatto che i giudici non gli avessero concesso le attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni della decisione sono un compendio di principi cardine del processo penale.

In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di vizi evidenti. Poiché i primi motivi del ricorso miravano proprio a una “rivalutazione delle fonti probatorie”, sono stati giudicati privi di specificità e quindi inammissibili.

In secondo luogo, riguardo al coinvolgimento nel reato presupposto, la Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale. Ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, non è necessario che l’accusa provi in positivo che l’imputato non sia stato concorrente nel reato originario (ad esempio, il furto o la produzione dei beni contraffatti). È sufficiente che non emerga la prova del contrario, ossia che non vi siano elementi per ritenerlo partecipe di quel primo reato. La Corte d’Appello, secondo gli Ermellini, aveva correttamente applicato questo principio.

Infine, anche il motivo sulle attenuanti generiche è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha chiarito che, nel negare la concessione di tali attenuanti, il giudice di merito non è obbligato a esaminare e confutare ogni singolo elemento favorevole all’imputato. È sufficiente che la sua decisione sia basata su un congruo riferimento a elementi negativi ritenuti decisivi o, in alternativa, sulla semplice assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione.

Le Conclusioni

La decisione riafferma con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Chi intende ricorrere in Cassazione non può sperare in un terzo esame dei fatti, ma deve individuare specifici vizi di legge o di motivazione nella sentenza impugnata. L’ordinanza consolida inoltre un importante principio in materia di ricettazione, semplificando l’onere probatorio per l’accusa riguardo al rapporto tra l’imputato e il reato presupposto. Infine, conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella concessione delle attenuanti generiche, purché la decisione sia adeguatamente motivata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Un ricorso che mira a questo obiettivo è considerato inammissibile.

Per una condanna per ricettazione, bisogna provare che l’imputato non ha partecipato al reato presupposto (es. furto)?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, per la configurabilità del delitto di ricettazione è sufficiente che non emerga la prova che l’imputato sia stato concorrente nel delitto presupposto. Non è richiesta una prova positiva della sua estraneità.

Il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore dell’imputato per negare le attenuanti generiche?
No. Per motivare il diniego delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli. È sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o alla semplice assenza di elementi positivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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