Ricettazione: quando il ricorso in Cassazione è solo una perdita di tempo?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sugli elementi che possono fondare una condanna. La decisione sottolinea come la presentazione di motivi generici o la semplice ripetizione di argomenti già esaminati non costituisca una valida critica alla sentenza impugnata, portando inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Questo caso offre uno spunto per comprendere meglio la differenza tra una legittima contestazione e una sterile opposizione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un’imputata per i reati di commercio di prodotti con marchi falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.). L’imputata, ritenendo la sentenza ingiusta e la motivazione illogica, decideva di presentare ricorso per Cassazione, articolandolo su tre principali motivi:
1. Una presunta violazione dell’art. 474 c.p., sostenendo che le sue doglianze non fossero state adeguatamente considerate in appello.
2. L’illogicità della motivazione riguardo alla sua responsabilità per il reato di ricettazione.
3. Una motivazione solo apparente, in quanto a suo dire i giudici d’appello si sarebbero limitati a riportare le deposizioni dei testimoni senza un reale vaglio critico.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso in toto, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno analizzato ciascun motivo, evidenziandone la palese infondatezza e la carenza dei requisiti minimi per poter essere esaminato nel merito. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. Vediamo nel dettaglio come ha smontato le argomentazioni della difesa.
Primo Motivo: la genericità del ricorso
Il primo motivo è stato considerato inammissibile perché si risolveva in una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni già presentate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che un ricorso, per essere specifico, deve assolvere alla “tipica funzione di una critica argomentata” e non può limitarsi a riproporre le stesse questioni senza confrontarsi con le ragioni esposte nella sentenza impugnata.
Secondo e Terzo Motivo: i limiti del giudizio di legittimità e le prove della ricettazione
Anche il secondo e il terzo motivo sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo sindacato non può entrare nel merito della valutazione delle prove, ma deve limitarsi a verificare l’esistenza di un “logico apparato argomentativo”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e non illogica.
I giudici di merito avevano infatti evidenziato elementi sintomatici chiari e convergenti per dimostrare la ricettazione:
– Il prezzo di vendita irrisorio: un costo eccessivamente basso rispetto al valore di mercato di prodotti analoghi è un forte indizio della loro provenienza illecita.
– La scarsa qualità dei prodotti: la bassa fattura della merce la rendeva palesemente contraffatta.
– L’assenza di documentazione: la mancanza di fatture d’acquisto o certificati di garanzia confermava l’impossibilità di tracciare un’origine lecita dei beni.
Questi elementi, valutati nel loro complesso, costituivano una base solida e logica per affermare la responsabilità penale per ricettazione, rendendo le critiche della ricorrente del tutto infondate.
Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione ribadisce due importanti lezioni. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere uno strumento di critica specifica e argomentata contro le violazioni di legge o i vizi logici di una sentenza, non una semplice riproposizione di tesi già sconfitte. In secondo luogo, il reato di ricettazione può essere provato anche attraverso elementi indiziari, quando questi sono gravi, precisi e concordanti. Il prezzo troppo basso, la qualità scadente e l’assenza di documenti sono campanelli d’allarme che ogni acquirente, e a maggior ragione un commerciante, non può ignorare senza correre il rischio di incorrere in responsabilità penale.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un motivo di ricorso è inammissibile quando è generico, ovvero quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono gli elementi che possono provare il reato di ricettazione?
Secondo la sentenza, il reato di ricettazione può essere provato attraverso elementi sintomatici e indiziari, quali un prezzo di vendita irrisorio, la scarsa qualità dei prodotti che ne evidenzia la contraffazione, e l’assenza di documentazione d’acquisto o certificati di garanzia che attestino la provenienza lecita della merce.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove del processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un’indagine di legittimità e non di merito. Il suo compito è limitato a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico nella sentenza impugnata, senza poter riesaminare le prove o verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23276 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23276 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PRATO il 10/09/1996
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si eccepisce la violazion dell’art. 474 cod. pen., non è consentito perché fondato su doglianze che risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appell puntualmente disattese dalla Corte di merito alle pagine da 2 a 4 della sente impugnata, dovendosi le stesse considerare non specifiche, ma soltanto apparenti in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomenta avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttez della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità in relazione reato di cui all’art. 648 cod. pen., denunciando l’illogicità della motivazi manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello svi argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altr affermazioni contenute nel provvedimento;
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decis ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte d cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esi di un logico apparato argonnentativo, senza possibilità di verifica della risponde della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 COGNOME, Rv. 226074);
che la Corte di appello ha reso adeguata motivazione (cfr. pag. 4 dell sentenza impugnata) in ordine alla sussistenza del delitto di ricettazione;
considerato che il terzo motivo di ricorso, che deduce la motivazione apparente del provvedimento impugnato, è manifestamente infondato, atteso che i giudici di appello non si sono limitati a riportare brani delle deposi testimoniali, omettendone il vaglio critico, ma dal loro esame hanno tratto congr conclusioni; che, invero, hanno evidenziato – quali elementi sintomatici del contraffazione della merce esposta in vendita e di conseguenza della illec provenienza della stessa – il prezzo di vendita irrisorio, la scarsa quali prodotti e l’assenza di documentazione relativa all’acquisto di detta merce certificati di garanzia;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
la
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore dell
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025.