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Ricettazione: ricorso inammissibile se generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per il reato di ricettazione. I motivi del ricorso sono stati giudicati una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello e manifestamente infondati. La Corte ha ribadito che la prova della ricettazione può derivare da elementi sintomatici come il prezzo irrisorio della merce, la scarsa qualità e l’assenza di documentazione d’acquisto, confermando la logicità della motivazione della corte d’appello.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione: quando il ricorso in Cassazione è solo una perdita di tempo?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sugli elementi che possono fondare una condanna. La decisione sottolinea come la presentazione di motivi generici o la semplice ripetizione di argomenti già esaminati non costituisca una valida critica alla sentenza impugnata, portando inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Questo caso offre uno spunto per comprendere meglio la differenza tra una legittima contestazione e una sterile opposizione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un’imputata per i reati di commercio di prodotti con marchi falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.). L’imputata, ritenendo la sentenza ingiusta e la motivazione illogica, decideva di presentare ricorso per Cassazione, articolandolo su tre principali motivi:

1. Una presunta violazione dell’art. 474 c.p., sostenendo che le sue doglianze non fossero state adeguatamente considerate in appello.
2. L’illogicità della motivazione riguardo alla sua responsabilità per il reato di ricettazione.
3. Una motivazione solo apparente, in quanto a suo dire i giudici d’appello si sarebbero limitati a riportare le deposizioni dei testimoni senza un reale vaglio critico.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso in toto, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno analizzato ciascun motivo, evidenziandone la palese infondatezza e la carenza dei requisiti minimi per poter essere esaminato nel merito. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. Vediamo nel dettaglio come ha smontato le argomentazioni della difesa.

Primo Motivo: la genericità del ricorso

Il primo motivo è stato considerato inammissibile perché si risolveva in una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni già presentate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che un ricorso, per essere specifico, deve assolvere alla “tipica funzione di una critica argomentata” e non può limitarsi a riproporre le stesse questioni senza confrontarsi con le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

Secondo e Terzo Motivo: i limiti del giudizio di legittimità e le prove della ricettazione

Anche il secondo e il terzo motivo sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo sindacato non può entrare nel merito della valutazione delle prove, ma deve limitarsi a verificare l’esistenza di un “logico apparato argomentativo”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e non illogica.

I giudici di merito avevano infatti evidenziato elementi sintomatici chiari e convergenti per dimostrare la ricettazione:

Il prezzo di vendita irrisorio: un costo eccessivamente basso rispetto al valore di mercato di prodotti analoghi è un forte indizio della loro provenienza illecita.
La scarsa qualità dei prodotti: la bassa fattura della merce la rendeva palesemente contraffatta.
L’assenza di documentazione: la mancanza di fatture d’acquisto o certificati di garanzia confermava l’impossibilità di tracciare un’origine lecita dei beni.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, costituivano una base solida e logica per affermare la responsabilità penale per ricettazione, rendendo le critiche della ricorrente del tutto infondate.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce due importanti lezioni. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere uno strumento di critica specifica e argomentata contro le violazioni di legge o i vizi logici di una sentenza, non una semplice riproposizione di tesi già sconfitte. In secondo luogo, il reato di ricettazione può essere provato anche attraverso elementi indiziari, quando questi sono gravi, precisi e concordanti. Il prezzo troppo basso, la qualità scadente e l’assenza di documenti sono campanelli d’allarme che ogni acquirente, e a maggior ragione un commerciante, non può ignorare senza correre il rischio di incorrere in responsabilità penale.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un motivo di ricorso è inammissibile quando è generico, ovvero quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Quali sono gli elementi che possono provare il reato di ricettazione?
Secondo la sentenza, il reato di ricettazione può essere provato attraverso elementi sintomatici e indiziari, quali un prezzo di vendita irrisorio, la scarsa qualità dei prodotti che ne evidenzia la contraffazione, e l’assenza di documentazione d’acquisto o certificati di garanzia che attestino la provenienza lecita della merce.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove del processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un’indagine di legittimità e non di merito. Il suo compito è limitato a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico nella sentenza impugnata, senza poter riesaminare le prove o verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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