Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6012 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Catania il DATA_NASCITA
Avverso la sentenza resa il 10 maggio 2022 dalla Corte di appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione e dell’AVV_NOTAIO che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Catania il 10 luglio 2014, con cui è stata dichiarata la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al concorso nel reato di ricettazione di oggetti di vario genere di provenienza furtiva, fatto accertato il 21 ottobre 2012.
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo:
2.1 violazione di norme processuali e in particolare del contraddittorio cartolare previsto dall’art. 23 bis decreto legge n. 137/2020 poiché la Corte di appello ha trasmesso al difensore le conclusioni del Pubblico ministero che si riferivano ad un processo diverso. La difesa aveva pertanto eccepito nella propria memoria, trasmessa per via telematica alla cancelleria della Corte di appello il 5 maggio 2022, che le conclusioni del pubblico ministero non si riferivano al processo trattato e aveva chiesto il rinvio dell’udienza, ma
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la Corte di Appello, pur dando atto che si procedeva nelle forme della trattazione cartolare, ha affermato che le conclusioni della pubblica accusa erano state correttamente notificate alle parti e ha posto la causa in decisione, omettendo di verificare il contenuto della requisitoria scritta del Procuratore generale.
Tale omissione, a giudizio del ricorrente, integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, che essendo stata tempestivamente eccepita dalla difesa, impone la cassazione della sentenza.
2.2 Vizio di motivazione poiché i giudici non hanno fornito una motivazione logica in ordine al giudizio di colpevolezza, affermando che l’imputato veniva identificato dal teste di COGNOME come preposto alla vendita degli oggetti ricettati, in quanto era stato osservato mentre dialogava con potenziali acquirenti. Tale circostanza appare irrilevante sotto il profilo probatorio poiché il verbalizzante non aveva assistito a vendite o a trattative di vendita e non aveva riferito in merito al contenuto dei dialoghi intrattenuti dal COGNOME. 2.3 Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al diniego dell’attenuante del danno di particolare tenuità, poiché la Corte ha dato atto che i beni rinvenuti sono stati soltanto una parte di quelli originariamente sottratti ma, nel valutare il danno patrimoniale, ha considerato anche quelli che non sono stati rinvenuti in occasione del sopralluogo, in quanto verosimilmente già venduti a terzi.
Si tratta, tuttavia, di un elemento non provato e del tutto avulso dal contesto processuale che si basa sul presupposto che gli imputati abbiano avuto la detenzione e la disponibilità di beni non rinvenuti nel loro possesso e già venduti prima del controllo di P.G..
2.4 Vizio di motivazione in relazione all’art. 131 bis codice penale poiché la Corte di appello ha omesso di fornire ogni motivazione in ordine a detta richiesta.
2.5 Violazione di legge poiché il Tribunale di Catania, in contrasto con quanto indicato in dispositivo, ha ritenuto nella parte motiva che non ricorresse la circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità di cui al capoverso e ha condannato il ricorrente alla pena di un anno di reclusione ed euro 250 di multa.
La difesa aveva chiesto una rideternninazione del trattamento sanzionatorio ma la Corte, pur dando atto che NOME è stato condannato come da dispositivo, ha ritenuto la pena congrua. Inoltre essendo stato il predetto condannato per la fattispecie attenuata prevista dall’art. 648 cod.pen. deve ritenersi che alla data della sentenza di appello il reato si fosse già estinto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 L’eccezione processuale è manifestamente infondata poiché alla difesa sono state regolarmente trasmesse le conclusioni effettivamente inviate alla Corte dal Procuratore generale per il presente giudizio. La constatazione che il loro contenuto risulti eccentrico rispetto alla vicenda oggetto del processo non incide sul contraddittorio e non pregiudica
le prerogative della difesa, in quanto sono state ritualmente comunicate le uniche conclusioni formulate dalla Pubblica accusa.
1.2 Il secondo e il terzo motivo sono generici e manifestamente infondati poiché dalla lettura della sentenza di primo grado, che fa corpo e si integra con quella di appello, emerge che subito dopo il furto la persona offesa si era recata in un mercato di Catania e aveva notato che su una bancarella erano collocati e posti in vendita molti oggetti appena sottratti alla sua abitazione e alcuni testi di medicina che appartenevano sicuramente al marito, in quanto recanti sulla pagina il suo nome; molti oggetti avvistati e riconosciuti al momento di questo primo sopralluogo non le vennero restituiti in quanto erano già stati acquistati da alcuni avventori occasionali nelle more dell’intervento del personale di P.G.. Inoltre la teste ha riferito che aveva personalmente contrattato l’acquisto della merce, al momento del suo primo sopralluogo, con l’odierno ricorrente, simulando di essere un’acquirente in buona fede.
1.3 La terza censura formulata dal ricorrente è manifestamente infondata poiché la persona offesa aveva avuto modo di individuare e riconoscere altri beni nella disponibilità dell’imputato, che non le vennero restituiti perché già venduti nel lasso di tempo necessario a richiedere l’intervento delle Forze dell’ordine. Ne consegue che correttamente la Corte ha respinto la richiesta di riconoscimento del danno patrimoniale di speciale tenuità, con riferimento al valore patrimoniale di beni ricevuti dall’imputato e notati dalla persona offesa, ma non rientranti nel provvedimento di sequestro poiché già ceduti a terzi durante quell’intervallo di tempo.
141La quarta censura non è consentita poiché con l’atto di appello non è stata avanzata alcuna richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità e anche se l’istanza è stata formulata con le conclusioni scritte era inammissibile perché tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere inserita nell’atto di impugnazione.
La Corte non ha reso sul punto alcuna motivazione, poiché il tema non le era stato devoluto; va comunque osservato che la censura è manifestamente infondata poiché la gravità obiettiva del danno cagionato alla persona offesa, pari a circa cinquantamila euro, come risulta attestata dalle due pronunce, risulta ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità.
1.kla quinta censura è manifestamente infondata.
Il Tribunale pur avendo osservato che il valore della merce ricettata escludeva l’applicazione dell’attenuante indicata in rubrica, ha condannato l’imputato per il delitto contestato e ha applicato una pena che risulta inferiore al minimo edittale previsto per il delitto di ricettazione, pari ad anni due di reclusione ed euro 516 di multa , e rientr nei limiti dell’attenuante speciale già prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod.pen. ed oggi dal quarto comma. Si tratta di un errore in favor rei di cui la difesa non ha interesse a dolersi, non potendo conseguire un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello applicato.
Giova ricordare che il secondo comma , oggi quarto comma dell’art. 648 cod.pen. non prevede una fattispecie autonoma di reato ma un’attenuante ad effetto speciale che non incide sul calcolo del termine di prescrizione. Ne consegue che il delitto di ricettazione si prescrive, ai sensi degli artt. 157 e 161 cod.pen., in 10 anni, pari a massimo edittale della fattispecie, aumentato di un quarto, per effetto delle interruzioni. Nel caso in esame, considerato che il reato è contestato come commesso il 21 ottobre 2012, al momento della pronunzia della sentenza di appello, non era ancora prescritto; l’inammissibilità del ricorso non consente di rilevare eventuali cause estintive che siano maturate nelle more del giudizio di Cassazione.
2.L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa congruo liquidare in euro 3000 in ragione del grado di colpa nella proposta impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende