Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17340 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17340 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Formia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le memorie depositate dalle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME ricorrente, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che si è riportato alla comparsa conclusionale ed alla nota-spese;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 5 luglio 2023 con la quale la Corte di Appello di Napoli, ha confermato la sentenza emessa, in data 5 magtjto 2020, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, lo ha condannato alla pena di anni 1, mesi 4 di reclusione ed euro 600,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, amenta violazione degli artt. 192, 533 cod. proc. pen. e 648 cod. pen., travisamento RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dalla persona offesa, mancata rinnovazione di prova decisiva nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato.
La Corte territoriale, confutando le argomentazioni difensive con generiche frasi di stile, avrebbe omesso di motivare in ordine alla provenienza delittuosa dei beni ricevuti dal ricorrente.
La difesa ha, in particolare, affermato che l’autore del furto dei monili indicati nel capo di imputazione sarebbe il marito della persona offesa (NOME COGNOME) con conseguente non punibilità dello stesso ai sensi dell’art. 649 cod. pen. e non configurabilità del reato di ricettazione.
L’istruttoria, inoltre, non avrebbe fornito la prova che i beni ricevuti dall’NOME fossero di proprietà della denunciante, non potendosi escludere, in considerazione del regime di comunione di beni vigente fra i coniugi, che gli stessi fossero nella piena disponibilità di entrambi.
A giudizio della difesa, la condotta del COGNOME sarebbe sintomatica della volontà di nascondere la vendita di beni familiari per fare fronte a debiti di gioco contratti all’insaputa della moglie, ipotesi alternativa con cui la Corte di merito non si sarebbe confrontata con conseguente vizio di motivazione.
È stato, inoltre, affermato che la motivazione sarebbe illogica in quanto i giudici di appello, pur ritenendo l’COGNOME pienamente consapevole del disegno criminoso ordito dal COGNOME, avrebbero ritenuto configurabile il reato di ricettazione piuttosto che il concorso nella condotta furtiva.
Il percorso argomentativo sarebbe, inoltre, carente in ordire alla prova della consapevolezza in merito alla provenienza delittuosa dei monili ricevuti dal COGNOME, non potendosi escludere che l’COGNOME, consapevole iiella ludopatia di quest’ultimo, abbia compreso la necessità del COGNOME di vendere i beni di famiglia per far fronte ai debiti di gioco, senza in alcun modo sospettare che il parente gli potesse proporre la vendita di preziosi rubati alla moglie.
La difesa ha, infine, reiterato la richiesta di rinnovazione istruttoria avanzata con l’atto di appello ed erroneamente rigettata dalla Corte di appello.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 192, 533 cod. proc. pen. e 648 cod. pen., travisarrento della prova, nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento costitutivo dell’ingiusto profitto.
La motivazione sarebbe del tutto apodittica ed illogica nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto che l’COGNOME abbia agito al fine di trarne profitto,
senza tenere conto del fatto che il ricorrente non avrebbe ottenuto alcun incremento patrimoniale “non avendo mai ricevuto alcune regalie dal suo padrino” (vedi pag. 14 del ricorso) né “ricavato un profitto dalla vendita dei monili” (vedi pag. 15 del ricorso).
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 133, 539 cod. proc. pen, e 648 cod. pen., travisamento della prova e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del danno subito dalla parte civile costituita e della conseguente determinazione della provvisionale.
La Corte territoriale, limitandosi a ribadire quanto affermato nella sentenza di primo grado, avrebbe omesso di motivare in ordine alle doglianze con le quali la difesa aveva lamentato la carenza di prova in ordine all’esistenza di un danno risarcibile e l’eccessivo ammontare della somma liquidata dal primo giudice a titolo di provvisionale pari a 3.000,00 euro, senza tenere conto che il valore dei monili ricettati sarebbe stato quantificato in soli 800/900 euro dal teste COGNOME.
La motivazione sarebbe, infine, illogica e contraddittoria nella parte in cui è stata rigettata la richiesta di sospensione dell’esecuzione RAGIONE_SOCIALE statuizioni civili sul presupposto della carenza di dimostrazione da parte dell’imputato dei gravi motivi su cui si fonderebbe la richiesta di sospensione dell’esecuzione della provvisionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo del ricorso è in parte aspecifico, in parte non consentito ed in parte manifestamente infondato.
1.1. Le censure con le quali il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla provenienza delittuosa dei preziosi oggetto di ricettazione ed all’elemento soggettivo del reato contestato all’COGNOME sono articolate esclusivamente in fatto e, quindi,, proposte al di ‘ruori dei limiti de giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione.
Il motivo è, al contempo, aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione e valutazione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, sen
confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
L’errore di impostazione nel quale cade il ricorrente è quello di far leva su elementi di prova ipotetici, su considerazicini, cioè, generiche ed astratte, (ci si riferisce in particolare a quanto affermato nel ricorso in ordine al fatto che i preziosi potessero essere anche di proprietà del COGNOME ed in ordine al fatto che la consegna dei preziosi all’COGNOME sarebbe stata effettuata all’insaputa della persona offesa nel tentativo di nasconderle la necessità di fare fronte a debiti di gioco) abbandonando il piano dell’esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative e ciò all’evidente scopo di tacciare di illogicità manifesta il governo dei fatti positivamente accertati e sollecitare una diversa interpretazione e valutazione del compendio probatorio.
1.2. Ciò premesso deve essere rimarcato che entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia commesso il reato di ricettazione, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentaziorn del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi (le attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa suffragate da plurimi riscontri forniti da altri testi escussi nel giudizio di merito) idonei dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione e la penale responsabilità del ricorrente (vedi pagg. 4, 5 e 6 della sentenza impugnata),
La Corte territoriale ha sottolineato, in particolare, che non vi prova alcuna che l’NOME abbia partecipato al furto dei gioielli della COGNOME né che i gioielli consegnati al ricorrente fossero anche di proprietà del COGNOME, circostanza peraltro ritenuta incompatibile con le condotte poste in essere da quest’ultimo con percorso argomentativo coerente con le risultanze istruttorie ed esente da illogicità manifeste (vedi pag. 5 e 6 del provvedimento oggetto di ricorso).
I giudici di appello hanno, inoltre, ritenuto il ricorrente pienamente consapevole della provenienza delittuosa dei preziosi ricettati in considerazione di una serie di elementi logico-fattuali ritenuti univoci a dimostrare tale consapevolezza (l’COGNOME era a conoscenza della ludopatia del COGNOME e del fatto che la moglie di quest’ultimo gli impediva di prelevare denaro con il bancomat; il COGNOME ha promesso un compenso all’COGNOME in caso di vendita dei gioielli; il
ricorrente ha coinvolto il suo amico NOME nella transazione proprio per non figurare direttamente nella vicenda, prospettandogli falsamente che i preziosi appartenessero alla sua famiglia; l’COGNOME ha mentito alla COGNOME in occasione della conversazione nel corso della quale la persona offesa rivelò alla di lui madre di aver subito il furto dei gioielli).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perci insindacabili in questa sede.
1.3. GLYPH La doglianza con la quale il ricorrente afferma che la non punibilità dell’autore del furto dei preziosi ai sensi dell’art. 649 cod. pen. escluderebbe la configurabilità della contestata ricettazione è manifestamente infondata.
Come correttamente affermato dai giudici appello (vedi pag. 4 della sentenza impugnata) la non punibilità dell’autore del reato presupposto ai sensi dell’art. 649 cod. pen. non esclude la sussistenza del reato di ricettazione in considerazione della presenza di tutti gli elementi costitutivi del reato presupposto (in tema di inidoneità RAGIONE_SOCIALE cause di non punibilità del reato presupposto ad escludere la sussistenza del reato di ricettazione vedi Sez. 2, n. 8384 del 05/12/1990, COGNOME Lello, Rv. 188008 – 01; Sez. 4, n. 26673 del 26/05/2009, Filocamo, non massimata; Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997 – 01).
1.4. GLYPH La censura con cui si lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria è generica ed aspecifica.
I giudici di appello, con motivazione coerente con le risul:anze istruttorie ed esente da illogicità ha rimarcato la genericità della richiesta avanzata in sede di gravame, la completezza dell’attività istruttoria svolta e la sostanziale inutilità di una nuova escussione della persona offesa e del teste COGNOME (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
Ciò posto, va ricordato che, secondo la costante elaborazione della giurisprudenza di legittimità, la rinnovazione nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (vedi Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820; Sez. 3, n. 34626 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Deve essere ribadito, inoltre, che il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di J n provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento
non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (Sez. 3, n. 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373-01, Sez. 5, n. 46074 del 15/11/2022, Natale, non massimata).
2. Il secondo motivo di impugnazione è aspecifico e manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con percorso argomentativo privo di difetti logici e giuridici ha correttamente affermato che l’elemento soggettivo del reato di ricettazione si perfeziona a prescindere dall’effettivo perseguimento di un ulteriore profitto successivo alla ricezione dei beni di provenienza delittuosa (vedi pag. 6 della sentenza impugnata).
I giudici di appello hanno, pertanto, correttamente dato seguito al principio di diritto secondo cui il delitto di cui all’art. 648 cod. pen. è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa, a nulla rilevando l’eventuale conseguimento di un profitto ulteriore a quello maturato con la mera ricezione del bene di provenienza delittuosa, trattandosi di circostanza fattuale che non rientra tra gli elementi costitutivi del reato di ricettazione (vedi Sez. 2, n. 29561 del 20/07/2020, COGNOME, Rv. 279969 – 01; da ultimo Sez. 1, n. 21944 del 13/01/2023, non massimata).
Il profitto, il cui conseguimento integra solo il dolo specifico del reato di ricettazione e non incide sulla materialità del fatto, può avere, peraltro, anche natura non patrimoniale (Sez. 2, n. 45071 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282508).Deve essere ribadito, inoltre che, ai fini della sussistenza del reato, non rilevano la ragione per la quale l’autore del fatto si sia determinato a ricevere la cosa proveniente da delitto, l’ingiustizia del profitto o l’effettivo suo conseguimento (Sez. 2, n. 21596 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 267165; Sez. 2, n. 17718 del 07/04/2011, Conte, Rv. 250156).
Il terzo motivo di ricorso è proposto al di fuori dei limiti del giudizio d legittimità.
3.1. La doglianza inerente alla determinazione della provvisionale non è consentita in questa sede. Tale affermazione trova fondamento in una pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la statuizione pronunciata in sede penale relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale non è impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990, Capelli Rv. 186722).
Trattasi di un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità al quale il Collegio aderisce, ribadito in recenti pronunce di questa Corte (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773-02; Sez. 6, n. 28858 del 03/04/2019, COGNOME, non massimata; Sez. 5, n. 19700 del D5/03/2019, COGNOME, non massimata).
3.2. Destituita di fondamento è la censura con cui il ricor -ente ha eccepito la mancata sospensione dell’esecutività della provvisionale impostagli.
I giudici di appello hanno correttamente sottolineato la mancanza di gravi motivi idonei a sospendere l’esecutività della provvisionale; la difesa del ricorrente non ha congruamente specificato le ragioni per cui sarebbe stato necessario sospendere la provvisionale ex art. 600, ultimo comma, cod. proc. pen.
Il Collegio intende dare seguito alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini dell’accoglimento della richiesta di sospensione dell’esecuzione della condanna civile al pagamento di una provvisionale, è necessaria la ricorrenza di un pregiudizio eccessivo per il debitore, che può consistere nella distruzione di un bene non reintegrabile ovvero, se si tratta di somme di denaro, nel nocumento derivante dal palese stato di insolvibilità del destinatario della provvisionale, tale da rendere impossibile o altamente difficoltoso il recupero di quanto pagato, rei caso di modifica della condanna (vedi Sez. 5, n. 19351 del 18/12/2017, dep. 2018, Zambrelli, Rv. 273202-01; Sez. 4, n. 28589 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 267819-01), circostanze non ravvisabili nel caso di specie.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Il ricorrente deve essere, infine, condannato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dalla parte civile NOME COGNOME che, in base alla qualità dell’opera prestata in relazione alla natura e all’entità RAGIONE_SOCIALE questioni dedotte, vanno liquidate nei termini precisati in dispositivo, al difensore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Condanna, inoltre l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile
COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge, al difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso il 6 febbraio 2023
Il Co igliere estensore
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La Presidente