Ricettazione: La Cassazione e la sottile linea tra furto e possesso di beni illeciti
Essere trovati in possesso di un bene rubato non significa automaticamente essere complici del furto. Esiste una distinzione giuridica cruciale tra il furto e il reato di ricettazione, una differenza che la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito con una chiara ordinanza. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando la detenzione di merce di provenienza illecita cessa di essere un potenziale indizio di furto per diventare un reato autonomo e grave. Analizziamo insieme questo caso per capire le logiche seguite dai giudici.
I fatti del caso: il ritrovamento della refurtiva
Il caso nasce dal ricorso di un uomo condannato in Corte d’Appello per concorso in ricettazione. L’imputato era stato trovato, insieme a un’altra persona, in possesso di alcune biciclette risultate rubate. Il ritrovamento era avvenuto a una certa distanza dal luogo in cui il furto era stato commesso. Di fronte alle accuse, l’uomo non era stato in grado di fornire alcuna giustificazione plausibile riguardo al possesso e alla provenienza dei beni.
La sua difesa ha tentato di ribaltare la condanna sostenendo che il fatto dovesse essere riqualificato come concorso in furto aggravato, e non come ricettazione. Inoltre, ha lamentato la mancata applicazione della circostanza attenuante per un fatto di lieve entità, dato il presunto modesto valore delle biciclette.
L’analisi della Corte: la distinzione tra furto e ricettazione
La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione si basa sulla netta distinzione tra la condotta del ladro e quella del ricettatore. I giudici hanno chiarito che, per poter accusare qualcuno di furto (o di concorso in furto), è necessario provare il suo coinvolgimento diretto nell’azione di sottrazione del bene.
La mancanza di “immediatezza”
Il punto chiave, secondo la Corte, è l’assenza di una riconducibilità “immediata” – intesa nel senso letterale di “non mediata” – tra la detenzione della cosa rubata e il furto stesso. Nel caso di specie, la difesa non ha fornito alcun elemento per dimostrare che l’imputato avesse partecipato materialmente al furto. Il solo possesso, avvenuto a distanza di tempo e di luogo dal delitto originario, non è sufficiente a provare un concorso nel furto. Al contrario, proprio questa mancanza di un legame diretto con l’azione furtiva, unita all’incapacità di giustificare il possesso, costituisce l’essenza del reato di ricettazione.
La ricettazione e il rigetto delle altre doglianze
Sulla base di questo principio, la Corte ha ritenuto infondate anche le altre censure. Se il reato è correttamente qualificato come ricettazione, non può esservi violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, poiché l’imputato è stato condannato per il titolo di reato contestato.
Anche la richiesta di applicare l’attenuante del fatto di particolare tenuità (prevista dall’art. 648, comma quarto, c.p.) è stata respinta. La Corte d’Appello aveva già motivato adeguatamente il diniego, sottolineando come il valore complessivo dei beni ricettati non fosse affatto modesto. La valutazione dei giudici di merito, essendo logica e ben argomentata, non è stata ritenuta sindacabile in sede di legittimità.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La presunzione di colpevolezza per ricettazione scatta quando un soggetto viene trovato in possesso di un bene di provenienza illecita e non è in grado di fornire una spiegazione credibile e accettabile della sua origine. In assenza di prove concrete che lo colleghino all’azione furtiva, la sua responsabilità penale si configura nel reato di ricettazione, che punisce la circolazione successiva dei beni provenienti da delitto. La Corte ha ribadito che la difesa ha l’onere di fornire elementi concreti per superare questa presunzione, cosa che non è avvenuta nel caso in esame.
Le conclusioni
La decisione in commento è un importante promemoria sulle responsabilità che derivano dal possesso di beni di dubbia provenienza. La legge non richiede la prova di un “accordo” con il ladro; è sufficiente la consapevolezza dell’origine illecita del bene per integrare il reato di ricettazione. Questa ordinanza chiarisce che la linea di demarcazione tra furto e ricettazione è netta: il primo richiede la partecipazione all’atto di spossessamento, mentre la seconda sanziona la successiva gestione o acquisizione del bene rubato. Pertanto, chi acquista o riceve un bene senza accertarne la legittima provenienza si espone a gravi conseguenze penali, come dimostra la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende.
Quando il possesso di un bene rubato si qualifica come ricettazione e non come concorso in furto?
Si qualifica come ricettazione quando non vi è alcuna prova di un coinvolgimento diretto e “immediato” della persona nel furto. Se l’individuo viene trovato in possesso del bene a distanza di tempo e luogo dal reato e non fornisce una spiegazione plausibile sulla sua provenienza, si presume che lo abbia ricevuto da altri, integrando così il delitto di ricettazione.
Perché la Corte ha negato l’applicazione della circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità?
La Corte ha ritenuto la decisione dei giudici di merito corretta e ben motivata, in quanto il valore dei beni ricettati (in questo caso delle biciclette) non è stato considerato modesto. Pertanto, non sussistevano i presupposti per riconoscere una minore gravità del fatto.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione viene dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso senza nemmeno analizzarlo nel merito. Questo avviene quando i motivi presentati sono manifestamente infondati, riproducono questioni già decise nei gradi precedenti in modo corretto, oppure mancano dei requisiti tecnici previsti dalla legge. L’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19514 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19514 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 29/12/1994
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui, prospettando doglianze in fatto, si contesta vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato di concorso in ricettazione ascritto all’odierno ricorrente in quello di concorso in furto aggravato, risulta privo di specificità perché meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente esaminati e disattesi con corretti argomenti logici e giuridici dai giudici di appello, che, con lineare e congrua motivazione, facendo esatta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270120 – 0; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 0) hanno indicato gli elementi di fatto e le ragioni diritto per cui, non avendo la difesa fornito alcun elemento effettivamente dimostrativo della “immediata” – nel senso letterale di “non mediata” – riconducibilità della detenzione delle cose di provenienza illecita al furto, debba ritenersi correttamente qualificato la vicenda in esame ai sensi degli artt. 110-648 cod. pen. (si vedano le pag. 3 e 4 della impugnata sentenza sul rinvenimento, a discreta distanza dal luogo di commissione del furto, del Cokaj e l’altro correo nella disponibilità delle bici di provenienza illecita, e sulla omess giustificazione del possesso e della provenienza di detti beni);
ritenuto che, di conseguenza, deve ritenersi, come già sottolineato dalla Corte territoriale, del tutto privo di *fondamento il secondo nnotivo .di ricorso con cui si lamenta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza;
osservato che anche il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione per mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen., è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale posto a base del diniego, in linea con l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258118 – 01), una congrua motivazione esente da vizi di logicità (si veda pag. 4 della impugnata sentenza sul valore non modesto dei beni ricettati), e pertanto, incensurabile in questa sede;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in data 15 aprile 2025.