Ricettazione o Furto? La Cassazione Chiarisce i Confini
La distinzione tra il reato di furto e quello di ricettazione è una questione centrale nel diritto penale, spesso oggetto di dibattito nelle aule di tribunale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un’importante chiave di lettura per distinguere le due fattispecie, sottolineando il valore probatorio del silenzio dell’imputato trovato in possesso di un bene di provenienza illecita. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i principi applicati.
I Fatti del Caso: La Condanna per Ricettazione
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di un motociclo rubato poche ore prima. La difesa, sia in appello che in Cassazione, sosteneva che la condotta dovesse essere riqualificata come furto, data la breve distanza temporale tra la sottrazione del veicolo e il momento in cui l’imputato ne era stato trovato in possesso. L’imputato, tuttavia, non aveva fornito alcuna dichiarazione o spiegazione riguardo a come fosse entrato in possesso del motociclo.
I Motivi del Ricorso e la Prova della Ricettazione
Il ricorrente ha basato il suo appello in Cassazione su due motivi principali:
1. La mancata riqualificazione del fatto da ricettazione a furto (art. 624 c.p.).
2. Un presunto vizio di motivazione nella determinazione della pena.
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, ritenendoli manifestamente infondati. Sul primo punto, i giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva escluso il coinvolgimento dell’imputato nel furto per assenza di elementi probatori. Il fatto che il furto fosse avvenuto diverse ore prima dell’intervento delle forze dell’ordine e, soprattutto, che l’imputato non avesse fornito alcuna spiegazione sul possesso del bene, sono stati considerati elementi decisivi.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ribadito un principio di diritto consolidato: il giudice può legittimamente contrapporre alla vicinanza temporale tra il furto e il ritrovamento del bene, il silenzio e la mancanza di spiegazioni da parte dell’imputato. Questo silenzio, unito all’assenza di prove di un suo coinvolgimento diretto nel reato presupposto, rafforza la tesi accusatoria della ricettazione. La consapevolezza della provenienza illecita del bene, elemento soggettivo della ricettazione, viene quindi desunta logicamente dal possesso ingiustificato.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha osservato che la pena era già stata fissata al minimo edittale e che era stata applicata la massima riduzione possibile per le attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), rendendo la censura difensiva palesemente infondata.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione conferma che, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, il possesso di un bene rubato senza una giustificazione plausibile costituisce un elemento probatorio di primaria importanza. Il silenzio dell’imputato non può essere interpretato a suo favore, ma, al contrario, diventa un fattore che, unito agli altri indizi, permette al giudice di ritenere provata la consapevolezza della provenienza illecita del bene.
Quando il possesso di un bene rubato configura il reato di ricettazione e non di furto?
Si configura il reato di ricettazione quando non ci sono elementi probatori che indichino un coinvolgimento diretto della persona nel furto. L’assenza di una spiegazione plausibile da parte dell’imputato sul come sia entrato in possesso del bene è un elemento decisivo che orienta il giudice verso la condanna per ricettazione.
La vicinanza di tempo tra il furto e il ritrovamento del bene è sufficiente a provare il furto anziché la ricettazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola contiguità temporale non è sufficiente a dimostrare la partecipazione al furto. Il giudice può controbilanciare questo elemento con l’assenza di spiegazioni da parte dell’imputato, confermando l’ipotesi accusatoria della ricettazione.
Perché il ricorso sulla determinazione della pena è stato ritenuto infondato?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché i giudici di merito avevano già applicato una pena molto mite, fissandola al minimo previsto dalla legge (minimo edittale) e concedendo la massima riduzione possibile per le circostanze attenuanti generiche.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7885 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7885 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BARI il 06/04/1995
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME Cristiano;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta la mancata riqualificazione del fatto nel reato di cui all’art. 624 cod. pen. è manifestamente infondato. La Corte di merito, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie ed esente da manifesta illogicità, ha correttamente esplicitato le ragioni della penale responsabilità del ricorrente in ordine al reato di ricettazione in considerazione dell’assenza di elementi probatori indicativi del suo coinvolgimento nella commissione del reato presupposto di furto. È stato, in particolare, rimarcato che il furto è avvenuto diverse ore prima dell’intervento delle forze dell’ordine e che l’imputato non ha reso dichiarazioni in ordine ad un suo coinvolgimento nell’illecita sottrazione del motociclo di proprietà della persona offesa (vedi pag. 4 della sentenza impugnata);
ritenuto che i giudici di appello, in tal modo, hanno correttamente applicato il principio di diritto secondo cui il giudice di merito può contrapporre all’elemento della contiguità temporale tra la sottrazione e l’utilizzazione delle cose sottratte, l’assenza di indicazioni sul punto da parte dell’imputato, con apprezzamento insindacabile in questa sede di legittimità (vedi Sez. 2, n. 5522 del 22/10/2013, Proietto, Rv. 258264 – 01, in motivazione; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270120-01, in motivazione; da ultimo Sez. 2, n. 9818 del 12/01/2024, COGNOME, non massimata);
rilevato che il secondo motivo di impugnazione con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha correttamente evidenziato che il primo giudice ha determinato la pena nel minimo edittale ed ha applicato la riduzione massima prevista dall’art. 62-bis cod. pen. con conseguente manifesta infondatezza della censura difensiva;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025.