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Ricettazione: quando la buona fede non basta a salvarsi

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per ricettazione a carico di un figlio che aveva venduto due smartphone di provenienza illecita, ricevuti dal padre. I giudici hanno ritenuto inammissibile il ricorso, sottolineando che la giustificazione di averli ricevuti in regalo era inverosimile dato il loro valore. La Corte ha inoltre escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa del danno economico non irrilevante.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e Buona Fede: Cosa Rischia Chi Vende un Oggetto Rubato?

Accettare e rivendere un bene ricevuto da un familiare, credendolo un regalo, può portare a una condanna per ricettazione? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre una risposta chiara, delineando i confini tra ingenuità e consapevolezza della provenienza illecita di un bene. Il caso analizzato coinvolge un padre e un figlio, dove il secondo viene condannato per aver venduto due smartphone di ultima generazione, frutto di un’attività illecita del padre.

I Fatti: Dal Reato del Padre alla Condanna del Figlio

La vicenda giudiziaria ha origine da un reato di sostituzione di persona commesso da un padre, il quale, utilizzando il documento d’identità di un’altra persona, si era fatto consegnare due costosi telefoni cellulari. Sebbene il reato presupposto (la truffa) sia stato dichiarato improcedibile per mancanza di querela, le conseguenze penali si sono trasferite sul figlio.

Quest’ultimo, infatti, dopo aver ricevuto i due apparecchi dal padre, li aveva rivenduti a un esercizio commerciale. Per questa azione, il figlio è stato condannato in primo grado e in appello per il reato di ricettazione, seppur nella forma attenuata della particolare tenuità, prevista dall’articolo 648, quarto comma, del codice penale.

L’Appello in Cassazione: i motivi del ricorso

Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni.

Le ragioni del figlio: tra presunta buona fede e richiesta di clemenza

Il figlio ha contestato la condanna per ricettazione basandosi principalmente su quattro motivi:
1. Mancanza di dolo: Sosteneva di non essere a conoscenza della provenienza illecita dei telefoni, avendo creduto alla versione del padre, secondo cui si trattava di un regalo ricevuto da un cliente.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto): Riteneva di meritare la non punibilità, data la sua condizione di incensurato e la presunta scarsa gravità della condotta.
3. Errata qualificazione giuridica: Chiedeva che il reato fosse derubricato nella meno grave contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.), che richiede solo colpa e non la piena consapevolezza dell’origine illecita.
4. Vizio di motivazione sulla pena: Contestava la determinazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche.

Le ragioni del padre

Il padre, a sua volta, lamentava il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis c.p., ritenendo la motivazione dei giudici inadeguata.

La Decisione della Corte: Ricorsi Inammissibili

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, giudicandoli manifestamente infondati e privi della necessaria specificità. La decisione conferma integralmente le sentenze dei gradi precedenti.

le motivazioni: perché la tesi della buona fede non ha retto

La Corte ha smontato la tesi difensiva del figlio, incentrata sulla presunta buona fede. I giudici hanno evidenziato diversi elementi fattuali che rendevano la sua versione inverosimile e quindi insufficiente a escludere il dolo di ricettazione:
* Valore dei beni: Il notevole valore economico dei due smartphone rendeva poco credibile la giustificazione del ‘regalo da un cliente’ fatto al padre.
* Mancanza di riscontri: Non è stata fornita alcuna prova di episodi simili avvenuti in passato che potessero avvalorare questa consuetudine.
* Tempestività della vendita: La decisione di vendere immediatamente i telefoni per ricavarne un profitto è stata interpretata come un chiaro indizio della consapevolezza della loro origine illecita.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per contestare una ricostruzione dei fatti in sede di legittimità, non basta proporre una versione alternativa, ma è necessario dimostrare la manifesta illogicità del ragionamento del giudice di merito, basandosi su elementi concreti e non su mere congetture.

le motivazioni: il diniego della ‘particolare tenuità del fatto’

Anche la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata respinta con solide argomentazioni. Per quanto riguarda il padre, la Corte ha ritenuto la decisione corretta in virtù della sua recidiva e dell’intensità del suo proposito criminale. Per il figlio, invece, il fattore decisivo è stato l’esiguità del danno. I giudici hanno specificato che il danno, pari a un valore di quasi 1.700 euro, non poteva essere considerato ‘esiguo’, criterio più stringente rispetto alla ‘particolare tenuità’ richiesta per l’attenuante del reato di ricettazione.

le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che il reato di ricettazione può sussistere anche quando il reato presupposto non è punibile (in questo caso, per difetto di querela). In secondo luogo, stabilisce che la ‘buona fede’ deve essere supportata da elementi oggettivi e plausibili. Accettare beni di valore significativo senza porsi domande sulla loro provenienza, soprattutto se le circostanze sono anomale, espone al serio rischio di una condanna per ricettazione. Infine, la pronuncia chiarisce che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un’automatismo, ma è soggetta a una valutazione rigorosa che tiene conto di tutti gli indici previsti dalla norma, tra cui l’entità del danno, che non deve essere irrilevante.

È possibile essere condannati per ricettazione se il reato da cui provengono i beni non è punibile?
Sì, la sentenza conferma che il delitto di ricettazione sussiste anche quando il reato presupposto (nel caso di specie, una truffa) non è punibile per una causa processuale come il difetto di querela.

Quando viene esclusa l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) nel reato di ricettazione?
L’applicazione viene esclusa quando il danno patrimoniale non è considerato ‘esiguo’. Nel caso esaminato, un valore dei beni superiore a 1.600 euro è stato ritenuto sufficiente per escludere la non punibilità, in quanto non di minima entità.

Affermare di aver ricevuto un oggetto di valore in regalo è sufficiente a escludere il dolo di ricettazione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la giustificazione deve essere credibile e plausibile. Se il valore del bene è elevato e le circostanze del ‘regalo’ appaiono anomale o non supportate da riscontri, il giudice può ritenere tale versione inverosimile e desumere la consapevolezza della provenienza illecita del bene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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