Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7890 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7890 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a RUVO DI PUGLIA il 23/11/1969 COGNOME nato a MOLFETTA il 21/10/1966
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
^N,
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME; letta la memoria depositata in data 02 gennaio 2025 con cui il difensore della COGNOME insiste nei motivi di ricorso ed in particolare nella doglianza inerente al riconoscimento dell’ipotesi attenuata di ricettazione;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione con cui la Contursi lamenta vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione ed alla penale responsabilità della ricorrente, è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che la COGNOME abbia commesso il reato di ricettazione, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pagg. da 5 a 12 della sentenza impugnata);
ritenuto che la ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lei più gradita, senz confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito;
ritenuto che il secondo motivo di impugnazione dedotto dalla COGNOME ed il terzo motivo di ricorso dedotto dal Fasciano, con cui si lamenta erronea interpretazione dell’art. 648 cod. pen. e carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di ricettazione attenuata, sono manifestamente infondati. La Corte territoriale, fondando il rigetto delle istanze difensive sul valore significativo dell’importo riportato negli assegni rispettivamente ricettati dai ricorrenti (vedi pag. 12 della sentenza oggetto di impugnazione), ha fatto buon uso del principio di diritto secondo cui deve sempre escludersi la tenuità del fatto allorquando il valore del bene ricettato non risulti essere particolarmente lieve (Sez. 2, n. 29346 del 10/6/2022, Mazza, Rv. 283340- 01; Sez. 2, n. 23742 del 07/05/2024, COGNOME, non massimata);
ritenuto che il terzo motivo di impugnazione con cui la Contursi lamenta omessa di motivazione in ordine alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena è manifestamente infondato. I giudici di appello, con corretti argomenti logici e giuridici, hanno rigettato la richiesta difensiva in ossequio di quanto disposto dall’art. 164, comma secondo, ipotesi n. 1, cod. pen.,
in considerazione del fatto che la ricorrente ha già usufruito in due occasioni della sospensione condizionale della pena (vedi pag. 14 della sentenza impugnata);
ritenuto che il primo ed il secondo motivo di impugnazione con cui il Fasciano lamenta erronea applicazione degli artt. 648 e 712 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione, alla penale responsabilità del ricorrente ed alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di incauto acquisto, sono aspecifici in quanto reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi logico-probatori idonei a dimostrare la penale responsabilità del Fasciano in ordine al reato di ricettazione del solo assegno dell’importo di 1.300,00 euro indicato nel capo di imputazione (vedi pagine da 5 a 12 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perci insindacabili in questa sede;
rilevato, inoltre, che la Corte di merito ha fatto buon uso dell’univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui la natura dei beni detenuti e le modalità di detenzione consentono di escludere che l’imputato ne ignori la provenienza illecita, quanto meno a titolo di dolo eventuale; siffatta valutazione, non rivedibile nel merito in questa sede, è coerente con l’ insegnamento di questa Corte secondo cui ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179 – 01, Sez. 2, n. 29702 del 4/5/2022, Memishaj, non massimata);
ritenuto, infine, che il quarto motivo di impugnazione, con cui il Fasciano lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 624 cod. pen., è del tutto generico in considerazione della mancata indicazione di elementi probatori indicativi di un suo coinvolgimento nella commissione del reato presupposto di furto. Il ricorrente, a fronte di una motivazione coerente con le risultanze probatorie e logicamente corretta, si limita a chiedere -per la prima volta in Cassazione- la riqualificazione del fatto nel reato di furto- con affermazioni
generiche e prive di un nesso critico con il percorso argomentativo delle sentenze di merito. Questa Corte ha stabilito, in proposito, che il ricorso è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto pos fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822 – 01) e che il requisito della specificità dei motivi implica l’onere di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure addotte, al fine di consentire al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi ed esercitare i proprio sindacato (Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281112 – 01).
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025.