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Ricettazione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’ordinanza sottolinea che la mancata giustificazione del possesso di un bene di provenienza illecita costituisce prova della consapevolezza del reato. Il ricorso è stato respinto in quanto mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e disattese in appello, senza sollevare vizi di legittimità.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione: la Cassazione ribadisce i limiti del ricorso

Con l’ordinanza n. 34827 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul reato di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La decisione sottolinea un principio consolidato: chi viene trovato in possesso di beni di provenienza illecita ha l’onere di fornire una giustificazione credibile, pena la conferma della propria colpevolezza. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.

I Fatti del Caso: La Difesa del “Ritrovamento Casuale”

Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione emessa dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, trovato in possesso di beni di origine delittuosa, aveva proposto ricorso per Cassazione, contestando la correttezza della motivazione della sentenza di condanna. La sua linea difensiva si basava, tra le altre cose, sulla tesi del “ritrovamento casuale” dei beni, una giustificazione che i giudici di merito avevano ritenuto inattendibile.

Limiti del Ricorso e Prova della Ricettazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come le censure mosse dall’imputato non rientrassero tra quelle ammesse in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione, infatti, non è una terza istanza di giudizio dove si può riesaminare il merito della vicenda o la credibilità delle prove. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Corte ha specificato che non sono ammesse doglianze generiche sulla “persuasività”, “adeguatezza” o “mancanza di rigore” della motivazione, né quelle che propongono una diversa interpretazione delle prove. Il ricorso era, in sostanza, una ripetizione degli stessi argomenti già respinti dalla Corte d’Appello, senza una critica argomentata e specifica contro la sentenza.

Il Principio della Mancata Giustificazione come Prova

Il punto centrale dell’ordinanza riguarda la prova della conoscenza dell’illecita provenienza dei beni, elemento soggettivo essenziale del reato di ricettazione. La Cassazione ha richiamato il suo orientamento consolidato, secondo cui:

> “Ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza.”

Questo significa che l’onere di fornire una spiegazione plausibile e credibile ricade su chi possiede il bene. Se la spiegazione manca o, come nel caso di specie, viene giudicata inattendibile (il “ritrovamento casuale”), tale circostanza diventa un elemento di prova a carico dell’imputato.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso per diverse ragioni convergenti. In primo luogo, le critiche alla motivazione della sentenza d’appello non denunciavano una sua mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà, ma miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva, infatti, esplicitato in modo logico e coerente gli elementi oggettivi e soggettivi che integravano il reato. In secondo luogo, il ricorso è stato qualificato come una “pedissequa reiterazione” dei motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi, rendendolo non specifico e meramente apparente. Infine, i giudici hanno ribadito il principio giuridico secondo cui la mancata giustificazione del possesso di beni di provenienza delittuosa è di per sé prova della consapevolezza dell’origine illecita, confermando la correttezza dell’argomentazione seguita dalla Corte territoriale per ritenere infondata la tesi del ritrovamento casuale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma la severità della giurisprudenza in materia di ricettazione e stabilisce chiari paletti per la difesa. Non è sufficiente inventare una scusa qualunque per giustificare il possesso di refurtiva; è necessaria una spiegazione che superi un vaglio di credibilità e logicità. Per gli avvocati, ciò significa che un ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità concreti e specifici, evitando di riproporre questioni di fatto già decise. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: il possesso ingiustificato di beni di dubbia provenienza è un indicatore di colpevolezza molto forte agli occhi della legge.

Quando un ricorso in Cassazione per ricettazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità come la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, si limita a contestare la valutazione dei fatti e delle prove operata dal giudice di merito o a ripetere argomenti già respinti in appello senza una specifica critica giuridica alla sentenza.

Cosa costituisce prova della conoscenza dell’origine illecita di un bene nel reato di ricettazione?
Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, la mancata fornitura di una giustificazione credibile e plausibile circa il possesso di un bene proveniente da un delitto costituisce di per sé prova della conoscenza della sua origine illecita.

La giustificazione del “ritrovamento casuale” è sufficiente per escludere il reato di ricettazione?
Non necessariamente. Tale giustificazione deve essere valutata dal giudice di merito per la sua attendibilità. Se, come nel caso in esame, viene ritenuta inattendibile sulla base di una motivazione logica, non è sufficiente a escludere il reato e tale valutazione non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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