Ricettazione: Dolo e Precedenti Penali Bloccano Sconti di Pena
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di ricettazione, chiarendo perché la presenza del dolo e di una storia criminale specifica possano chiudere la porta a qualsiasi trattamento sanzionatorio più mite. Il caso in esame riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il delitto di ricettazione, la quale ha tentato, senza successo, di ottenere una revisione della propria posizione davanti ai giudici di legittimità. L’analisi di questa decisione offre spunti importanti per comprendere la differenza con il reato minore di incauto acquisto e il peso dei precedenti penali nella valutazione del giudice.
I Fatti di Causa e il Percorso Giudiziario
Il percorso giudiziario ha inizio con una condanna per il delitto di ricettazione emessa dal Tribunale di Livorno. La sentenza veniva successivamente confermata dalla Corte di Appello di Firenze, che rigettava le argomentazioni della difesa. L’imputata decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali motivi: l’errata qualificazione del fatto, che a suo dire doveva essere derubricato nella contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.), e il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti e benefici di legge.
I Motivi del Ricorso e la Distinzione sulla Ricettazione
Nel dettaglio, la difesa contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, il dolo. Secondo la ricorrente, mancava la prova della piena consapevolezza della provenienza illecita dei beni, elemento indispensabile per configurare il delitto di ricettazione. Si chiedeva, quindi, una riqualificazione del fatto nell’ipotesi contravvenzionale dell’art. 712 c.p., che punisce chi acquista o riceve cose di cui si abbia motivo di sospettare la provenienza da reato, senza averne accertata la legittima provenienza, ma per semplice negligenza.
In secondo luogo, venivano lamentate la mancata concessione delle attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.), dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) e la mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria. Si trattava di richieste volte a ottenere una sensibile riduzione della sanzione finale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure infondate e meramente ripetitive di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato la coerenza e logicità del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito nel confermare la responsabilità per ricettazione.
Sul punto del dolo, la Corte ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse dato conto in modo esauriente degli elementi fattuali che dimostravano la piena consapevolezza da parte dell’imputata dell’origine delittuosa dei beni. Questa prova positiva del dolo rendeva impossibile accogliere la richiesta di derubricazione, poiché la differenza fondamentale tra il delitto di ricettazione e la contravvenzione di incauto acquisto risiede proprio nella natura dell’elemento psicologico: dolosa nel primo caso, colposa (negligenza) nel secondo.
Per quanto riguarda le attenuanti e la conversione della pena, la decisione è stata altrettanto netta. La Cassazione ha validato la motivazione della Corte d’Appello, che aveva negato le attenuanti generiche per l’assenza di elementi positivi meritevoli di valutazione e, soprattutto, a causa della recidività specifica della ricorrente. La pluralità di condanne precedenti per reati contro il patrimonio è stata considerata un elemento ostativo anche alla conversione della pena detentiva in pecuniaria, dimostrando una persistente inclinazione a delinquere incompatibile con tale beneficio.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. In primo luogo, stabilisce che per escludere la ricettazione non basta affermare la mancanza di certezza sulla provenienza dei beni; è necessario che manchi la prova positiva del dolo, inteso come consapevolezza di tale provenienza. Se gli elementi del caso concreto (natura dei beni, prezzo, circostanze dell’acquisto) indicano che l’agente non poteva non sapere, il reato è configurato.
In secondo luogo, la decisione ribadisce l’importanza della storia criminale del reo. La recidività specifica e una serie di condanne per reati della stessa indole non solo aggravano la posizione dell’imputato, ma costituiscono un valido motivo per negare le attenuanti generiche e altri benefici, come la conversione della pena. La valutazione del giudice, in questi casi, deve tenere conto della personalità del reo e del rischio di reiterazione del crimine, limitando la concessione di sconti di pena a chi non dimostra un percorso di ravvedimento.
Perché il ricorso per ricettazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano una semplice reiterazione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte di merito, il cui percorso argomentativo è stato ritenuto privo di vizi logici.
È possibile ottenere la derubricazione del reato di ricettazione in acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.)?
No, in questo specifico caso non è stato possibile perché i giudici hanno ritenuto pienamente provata la sussistenza del dolo, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita del bene. Questo elemento psicologico distingue nettamente la ricettazione (delitto doloso) dalla contravvenzione di cui all’art. 712 c.p. (reato colposo).
Per quale motivo non sono state concesse le attenuanti e la conversione della pena?
Le attenuanti generiche sono state negate per l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputata e a causa della sua recidività specifica. La conversione della pena detentiva in pecuniaria è stata esclusa in ragione della pluralità di condanne precedenti per reati contro il patrimonio, che militavano a carico della stessa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2406 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2406 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME n. in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Firenze in data 27/2/2023
-dato atto del regolare avviso alle parti;
-sentita la relazione della Consigliera NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Firenze confermava la decisione del Tribunale di Livorno che, in data 27/2/2018, aveva riconosciuto l’imputata colpevole de delitto di ricettazione, condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
Le censure formulate con il primo motivo in punto di responsabilità per il delitt ricettazione reiterano rilievi che la Corte di merito ha congruamente scrutinato motivatamente disatteso con un percorso argomentativo privo di frizioni logiche, dando conto degli elementi che depongono per la sussistenza del dolo e della conseguente impossibilità di accedere alla richiesta di derubricazione del fatto nella contravvenzione ex art. 712 cod.pe Anche le doglianze articolate nel secondo motivo concernenti la mancata concessione delle attenuanti ex artt. 62 bis e 62 n. 4 cod.pen. e la mancata conversione della pena detentiv nella corrispondente pena pecuniaria sono destituite di fondamento. I giudici d’appello (pagg 3-5) hanno reso una esaustiva motivazione al riguardo, richiamando l’assenza di elementi positivi, idonei a giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche, segnaland recidività specifica della prevenuta e l’intervenuto benevolo riconoscimento dell’attenuant
speciale ex art. 648, comma 4, cod.pen.; hanno, altresì, chiarito che la ritenuta tenuità fatto di ricettazione in ragione del modesto valore del bene ricettat:o rende inaccoglibil richiesta di riconoscimento dell’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen. e, in hanno escluso la possibilità di conversione in ragione della pluralità di condanne per rea contro il patrimonio che militano a carico della prevenuta, facendo corretta applicazione d principi enunziati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, 7 Novembre 2023
La Consigliera estensore
Il President:e