Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9555 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9555 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
lette le conclusioni del Sostituto P.G. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ALESSANDRIA il 23/01/1969 avverso la sentenza del 20/05/2024 della CORTE di APPELLO di TORINO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ricorso.
Si dà atto che il ricorso Ł stato trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1bis , e seguenti del cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Torino con sentenza del 20 maggio 2024, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria resa in data 30 ottobre 2021 nei confronti dell’appellante NOME COGNOME dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere i reati di cui ai capi A) e C) estinti per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per il reato di ricettazione contestato al capo B) nella misura di mesi tre di reclusione e 200 euro di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la suddetta decisione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione svolgendo tre distinti motivi per i quali chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
2.1. Con il primo motivo eccepisce la violazione di legge in relazione alla valutazione delle prove ex art. 192 e 533 cod. proc. pen. relativamente all’imputazione per il delitto di ricettazione, nonchØ il vizio della motivazione sul punto. In particolare, evidenzia che entrambe le sentenze di merito, avrebbero, apoditticamente, asserito che l’imputato non potesse non avere coscienza della provenienza furtiva del ciclomotore oggetto della contestazione, ritenendo le giustificazioni da costui addotte non credibili e, pertanto, stravolgendo ed invertendo l’onere della prova previsto dall’ordinamento. Invece, ad avviso della difesa, le pessime condizione di manutenzione del ciclomotore e la situazione di evidente abbandono dello stesso, avrebbero dovuto far ritenere
credibile la versione resa dall’imputato, ovvero quella di essersi appropriato del veicolo abbandonato dal legittimo possessore/proprietario, e conseguentemente indurre la Corte territoriale a riqualificare la condotta contestata nella fattispecie, ora abrogata, di cui all’articolo 647, primo comma n. 1, cod. pen.. La sentenza della Corte di appello, come già quella di primo grado, non si sarebbe inoltre peritata di motivare sull’elemento soggettivo del reato di ricettazione, se non limitandosi a valutare la mancanza di credibilità della versione alternativa resa dall’imputato.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce il vizio della motivazione rispetto al terzo motivo di appello riferito alla richiesta di derubricazione del delitto di ricettazione nel reato meno grave di cui all’art. 712 cod. pen., per il quale sarebbe intervenuta la prescrizione ancor prima della sentenza di appello, trattandosi di reato contravvenzionale. La Corte territoriale avrebbe omesso completamente di motivare sul punto, pur essendoci elementi sufficienti per affermare la mancanza del dolo della ricettazione.
2.3 Con il terzo motivo, infine, deduce che la sentenza impugnata, malgrado la riduzione della pena inflitta a mesi tre di reclusione in ragione della declaratoria di prescrizione dei reati di cui ai capi A) e C), ha, però, omesso di pronunciarsi sulla rideterminazione in favor della corrispondente sanzione sostitutiva della libertà controllata, che il primo giudice, invece, aveva applicato in sostituzione della pena irrogata di mesi quattro di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato solo limitatamente al terzo motivo di ricorso, mentre per il resto esso va dichiarato inammissibile perchØ le eccezioni proposte sono manifestamente infondate.
Quanto al primo motivo di ricorso relativo alla mancata riqualificazione della condotta contestata nella fattispecie, ora abrogata, di cui all’art. 647, primo comma n. 1, cod. pen., giova rammentare che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla Corte di legittimità di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali possa essere dedotta sotto lo stigma del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze (Sez. 3, n. 18521 dei 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 – 01; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099-01; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Rv. 23765201), tutte circostanze che non ricorrono nel caso di specie. Se quindi la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito non Ł sindacabile in sede di legittimità, va, però, verificato se le condotte di RAGIONE_SOCIALE possano in astratto essere riconducibili alla fattispecie abrogata dell’art. 647 cod. pen., su cui la sentenza impugnata non si sarebbe adeguatamente soffermata. Tale possibilità, tuttavia, va in radice esclusa in base ai principi consolidati della giurisprudenza di legittimità relativamente ai presupposti del reato previsto all’epoca dall’art. 647, primo comma n. 1, cod. pen. In particolare, si richiama quanto affermato dalla sentenza Sez.5, n.11860 del 22/09/1998, Rv.211920-01, secondo cui: «Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art.647 cod. pen. Ł richiesta la sussistenza di tre presupposti: che la cosa rinvenuta sia uscita dalla sfera di sorveglianza del detentore; che sia impossibile per il legittimo detentore ricostruire sulla cosa il primitivo potere di fatto per ignoranza del luogo ove la stessa si trovi; che siano assenti segni esteriori pubblicitari tali da consentire di identificare il legittimo possessore. (Nella fattispecie, relativa a una tessera “bancomat” che conteneva indicazioni, quali l’istituto bancario di riferimento ed il numero convenzionale, la Corte ha ritenuto la configurabilità del reato di furto)». In altra decisione si Ł, inoltre, precisato che «Il delitto di appropriazione indebita di cose smarrite si differenzia dal delitto di ricettazione perchŁ postula sia il requisito obiettivo, per il quale la cosa sia stata effettivamente smarrita e sia, perciò, uscita dalla
sfera di sorveglianza del possessore, che quello subiettivo, per il quale occorre che colui, il quale la deteneva, non sia piø in condizione di riacquistare il primitivo stato di fatto sulla cosa stessa» (così Sez.2, n.29956 del 24/06/2009, Rv.244672-01).
Orbene, nel caso di specie risulta evidente che non ricorrono i presupposti individuati dall’orientamento giurisprudenziale illustrato e che si intende ribadire in questa sede, in quanto l’oggetto del reato di ricettazione era un ciclomotore munito di targa e di un proprio numero di telaio, da cui era facilmente rintracciabile il proprietario/possessore, il quale, a sua volta, ben facilmente poteva ricostruire sul bene il primitivo potere di fatto, una volta rientratone materialmente in possesso. Non Ł, pertanto, ontologicamente configurabile in un caso del genere l’ipotesi del reato di appropriazione indebita di cose smarrite. La sentenza impugnata ha implicitamente rigettato il motivo di appello sul punto, dato che, invece, ha argomentato congruamente sulla ricorrenza dei presupposti per affermare la sussistenza del reato di ricettazione. Il motivo di ricorso Ł, per queste ragioni, manifestamente infondato.
In termini del tutto analoghi risulta manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla dedotta configurabilità del reato di cui all’art. 712 cod. pen., anzichØ quello di ricettazione. La Corte di appello di Torino ha congruamente motivato (si veda pag. 6) sull’elemento soggettivo che deve sorreggere il delitto previsto dall’art. 648 cod. pen., in particolare ricordando che «In tema di ricettazione, la consapevolezza da parte dell’agente della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualunque elemento di fatto giuridicamente apprezzabile che, in base alle regole della comune esperienza, costituisca il segno di una precedente sottrazione illecita del bene» (così Sez.2, n.13502 del 13/03/2008, Rv. 239761-01; cfr. Sez. u, n.35535 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 236914; piø di recente Sez.2, n.9952 del 27/02/2024, n.m.). La sentenza ha sottolineato che COGNOME era stato fermato dai carabinieri alla guida dello scooter che risultava essere stato «….forzato, con un piccolo cacciavite al posto della chiave di accensione inserito nel nottolino…», quindi, in tutta evidenza, con evidenti segni di provenienza furtiva. La motivazione sul punto risulta, pertanto, coerente con i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, e l’inconfigurabilità dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen. Ł, perciò, argomentata implicitamente a contrario dall’affermazione degli estremi, anche soggettivi, del delitto di ricettazione.
Il terzo motivo di ricorso merita, invece, di essere accolto. Infatti, la Corte territoriale ha rideterminato la pena inflitta a Staltari in ragione della dichiarata estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi A) e C) riducendo la sanzione a mesi tre di reclusione e 200 euro di multa, senza però tener conto che in primo grado la pena detentiva era stata oggetto di sostituzione ex artt. 53 e 57, legge n.689/1981, con la libertà controllata per mesi otto. In difetto di appello da parte del P.M. il punto della decisione relativo alla sostituzione della pena detentiva con la libertà controllata era quindi divenuto irrevocabile. Di conseguenza va censurata la statuizione contenuta nella sentenza della Corte piemontese che ha reputato « …non sussistano i presupposti per l’accesso a pene e/o sanzioni sostitutive», questione che esulava, come detto, dalla sua cognizione. La Suprema Corte, in questo caso, può annullare senza rinvio ex art. 620, comma 1 lett. l), cod. proc. pen., e rideterminare la durata della libertà controllata, che, quindi, Ł stabilità in mesi sei, in misura proporzionale alla pena detentiva di tre mesi di reclusione ai sensi degli artt. 53 e 57, legge n.689/1981.
Per le considerazioni sin qui svolte, il ricorso deve essere accolto limitatamente al terzo motivo relativo rideterminazione della durata della libertà controllata che Ł fissata nella misura di mesi sei, mentre per il resto va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della durata della liberta’ controllata, che ridetermina nella misura di mesi sei. Dichiara inammissibile nel resto il
ricorso.
Così Ł deciso, 17/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME