Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11762 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11762 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE di APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020,
il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del ricorso.
Il difensore AVV_NOTAIO, con conclusioni scritte, insisteva per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona, procedendo con le forme del rito abbreviato, confermava la condanna della ricorrente per il reato di ricettazione di tre assegni dell’importo di 5.000 euro ciascuno, provento del delitto commesso da persone non identificate in danno di NOME COGNOME.
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Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 648 cod. pen.) e vizio di motivazione: non sarebbe stato provato il delitto presupposto, che sarebbe stato ritenuto sussistente sulla base del contenuto della querela sporta da COGNOME, senza identificare gli artifici e raggiri ag dall’ipotetico autore del reato;
2.2. violazione di legge (art. 648 cod. pen.) e vizio di motivazione in relazione al sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione ed alla qualificazione giuridic del fatto: la Corte di appello avrebbe valorizzato il fatto che la ricorrente aveva incassa gli assegni del COGNOME nonostante non li avesse ricevuti da lui, ma da tale NOME a titolo di restituzione di un prestito;
2.3. violazione di legge (art. 165 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al riget della richiesta di subordinare la sospensione condizionale della pena all'”esecuzione di lavori di pubblica utilità”, invece che al risarcimento del danno, nonché al rigetto del richiesta di acquisire la documentazione inerente i redditi dell’imputata, i certificat nascita dei figli e la dichiarazione di disponibilità dell’Ente per la quale la ricorrente avr potuto effettuare i lavori. La richiesta di subordinare la sospensione condizionale della pena ai lavori di pubblica utilità, per quanto non riportata nel verbale cartaceo, si evinceva da richieste contenute nella memoria depositata all’udienza di discussione; il rigetto dell istanze difensive, senza l’esame dei documenti allegati sarebbe, pertanto, illegittimo;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al rigetto della richiesta applicare le pene sostitutive, giustificato con motivazione assertiva, fondata sull rilevazione di una personalità proclive al delitto, valutazione che sarebbe in conflitto con riconoscimento della sospensione condizionale;
2.5. violazione di legge (539 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine al riget della richiesta della revoca della provvisionale, che sarebbe stata decisa senza valutare la situazione reddituale dell’imputata;
2.6. violazione di legge (art. 438, comma 5, cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla mancata audizione della teste NOME, cui il rito abbreviato era condizionato si deduceva che all’udienza del 20 gennaio 2021 all’esito del pervenimento di un verbale di vane ricerche si inseriva il nominativo della testimone nelle banche dati delle forze d polizia ai fini del rintraccio in Italia; tale inserimento nella banca dati era stato effe solo due giorni prima dell’udienza, il che ne aveva giustificato il rinvio al 10 marzo 2021 in tale data il giudice procedeva comunque alla discussione, senza valutare la effettiva impossibilità di audizione.
Il testimone non udito sarebbe decisivo; la mancata audizione avrebbe dovuto comportare la revoca dell’ordinanza di ammissione del rito abbreviato condizionato e la regressione del porcedimento, per consentire all’imputata di scegliere se procedere con il rito ordinario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1.1 primi due motivi di ricorso, diretti a contestare la conferma della responsabilità per il reato di ricettazione, non superano la soglia di inammissibilità.
Con riguardo al delitto presupposto il collegio ribadisce che ai fini della configurabili del fumus dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato (arti. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 cod. pen.), è necessario che il reato presupposto quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021, dep. 2022, Cremonese, Rv. 282629 – 01; Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Maddaloni, Rv. 277020).
Nel caso in esame deve ritenersi che i giudici di merito abbiano seguito tali indicazioni ermeneutiche identificando il reato presupposto nel delitto di truffa. La Corte di appell valorizzava, sul punto, le dichiarazioni dell’offeso, che aveva affermato di essere stato avvicinato da una donna di origine slava che lo aveva indotto fraudolentemente a consegnarle denaro ed assegni. Dunque: gli assegni oggetto di ricettazione erano provento dell’azione truffaldina, correttamente identificata attraverso la valorizzazio testimonianza dell’offeso.
Quanto al profilo soggettivo, nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata, che ha rilevato come non fosse emersa nessuna ragione che giustificasse l’incasso degli assegni da parte della ricorrente, che non aveva fornito alcuna plausibile spiegazione circa la detenzione degli assegni, il che indicava la piena consapevolezza della loro provenienza illecita (pag. 7 della sentenza impugnata).
Si ribadisce infatti che, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la ma giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270120; Sez. 2 n. 41423 del 27/10/2010, COGNOME, Rv. 248718; Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, Azzaousi Rv. 235897)
1.2.11 terzo motivo di ricorso, con il quale si contestava la subordinazione della sospensione condizionale all’esecuzione di lavori di pubblica utilità, invece che a risarcimento del danno, è infondato.
Invero la doglianza si incentra sulla legittimità della condizione della sospensione condizionale, senza considerare che – come rilevato dalla Corte territoriale – era stata concessa la “terza” sospensione condizionale, sicché si vedeva in un caso di prevedibile revocabilità del beneficio in sede esecutiva.
1.3.11 quarto motivo di ricorso, che contesta il difetto di motivazione in ordine alla richiesta di applicare le pene sostitutive, non supera la soglia di ammissibilità in quanto, contrariamente a quanto dedotto, la motivazione offerta a giustificazione del diniego non si presta ad alcuna censura. La valutazione in ordine alla concedibilità del beneficio veniva infatti effettuata considerando i precedenti vantati, indicativi della tendenza a delinquere attraverso la consumazione di reati contro il patrimonio (pag. 8 della sentenza impugnata), attraverso un esercizio della discrezionalità coerente con i parametri indicati dall’art. 5 della I. n. 689 del 1981.
1.4.La doglianza rivolta nei confronti della motivazione relativa al rigetto della revoc di provvisionale non supera la soglia di ammissibilità in quanto non si confronta con la consolidata giurisprudenza secondo cui le statuizioni in materia di provvisionale non sono ricorribili per Cassazione.
Si riafferma, infatti, che il provvedimento con il quale il giudice di merito, pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G, Rv. 261536; Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990 – dep.1191, Capelli, Rv. DATA_NASCITA–DATA_NASCITA).
1.5.L’ultimo motivo di ricorso con il quale si invoca l’illegittimità della decisi assunta senza assumere la testimonianza della NOME, da un lato, rilevando come le ricerche della teste non fossero state effettuate fuori dal territorio nazionale e, dall’al come non sia stato revocato il rito a prova contratta.
Si tratta di doglianze entrambe inammissibili: con riferimento alla prima doglianza, relativa al difetto di ricerche, la Corte di appello correttamente rilevava che le ricerche no avrebbero potuto essere compiute tenuto conto che non era stato identificato il luogo, in Europa, dove poterle effettuare, non essendo stata localizzata la teste (pag. 7 della sentenza impugnata).
Con riferimento invece alla mancata “retrocessione” il collegio riafferma che l’ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria non è revocabile nel caso in cui l’acquisizione della prova dedotta in condizione divenga impossibile per circostanze imprevedibili e sopraggiunte, atteso che il vincolo di subordinazione insito nella richiesta condizionata è utilmente assolto con l’instaurazione del rito e con l’ammissione della prova sollecitata dall’imputato (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253211 – 01).
2.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
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Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma, il giorno 21 febbraio 2024.