Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18716 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18716 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Tunisia il 26/05/1978 avverso la sentenza del 25/06/2024 della Corte di Appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 25 giugno 2024 con cui la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 02 marzo, dal Tribunale di Rimini, lo ha condannato alla pena di mesi 2, giorni 20 di reclusione ed euro 280,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Con il primo motivo di impugnazione si lamenta violazione dell’art. 648 pen. nonché carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di furto semplice.
La motivazione sarebbe contraddittoria laddove le dichiarazioni rese dall’imputato verrebbero ritenute inattendibili nella parte in cui il Jomai riferiva di aver ricevuto il monopattino di provenienza delittuosa in prestito da un amico di cui si rifiutava di fornire le generalità ed al contrario attendibili le dichiarazioni con cui l’imputato negava di aver sottratto il bene alla persona offesa.
La motivazione sarebbe, inoltre, del tutto apparente non avendo fornito alcuna delucidazione in ordine alle ragioni poste a fondamento della decisione ed avendo omesso di valutare gli elementi forniti dalla difesa in ordine alla vicinanza spaziale e temporale tra la commissione del furto ed il controllo posto in essere dalle forze dell’ordine che ha condotto alla denuncia del ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce violazione degli art. 65 cod. pen. e 442 cod. proc. pen. nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
3.1. La Corte territoriale, nel diminuire la pena per la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, avrebbe applicato un diverso criterio con riferimento alla pena detentiva e alla pena pecuniaria, senza in alcun modo indicare i motivi di tale sperequata determinazione della riduzione della pena.
In particolare, sarebbe stata operata una diminuzione pari a un terzo per la pena detentiva e di un quindicesimo per la pena pecuniaria, diminuzione che, oltre a vanificare la specifica ratio sottesa all’istituto delle attenuant generiche in considerazione della sua irrisorietà, si pone in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale che “impone una riduzione dell’intera pena ai sensi dell’articolo 65 cod. pen.” (vedi pag. 4 del ricorso).
La motivazione sarebbe manifestamente illogica tenuto conto dell’enorme differenza tra la riduzione operata per la pena detentiva e quella per la pena pecuniaria nonostante lo scarso valore del bene ricettato e la tenuità del danno causato alla persona offesa, come argomentato dagli stessi giudici di appello.
3.2. La difesa ha, infine, eccepito l’erronea applicazione dell’art. 442 cod. proc. pen. in quanto il giudice dell’appello avrebbe omesso di operare la corretta riduzione della pena imposta in caso di definizione del giudizio con le forme del rito abbreviato.
La Corte distrettuale avrebbe, infatti, ridotto la pena finale, determinata a seguito della concessione delle attenuanti generiche, in mesi 3 di reclusione ed euro 420,00 di multa, in misura inferiore ad un terzo.
Il difensore del ricorrente, in data 26 marzo 2025, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del Jomai in ordine al reato di cui all’art. 648 cod. pen. (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perci insindacabili in questa sede.
La Corte territoriale, inoltre, ha correttamente aderito al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (vedi Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120- 01; da ultimo Sez. 2, n. 26881 del 25/05/2022, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 6682 del 12/01/2023, Chiaveggati, non massimata).
I giudici di appello, con percorso argomentativo coerente con le evidenze istruttorie e privo di manifesta illogicità, hanno, inoltre, rimarcato l’assenza di elementi probatori indicativi del coinvolgimento del Jomai nella
commissione del reato presupposto di furto ed il fatto che lo stesso ricorrente ha negato il suo coinvolgimento nell’illecita sottrazione del monopattino rinvenuto nella sua disponibilità (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
La Corte distrettuale, in tal modo, ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui il giudice di merito può contrapporre all’elemento della contiguità temporale tra la sottrazione e l’utilizzazione delle cose sottratte, l’assenza di indicazioni sul punto da parte dell’imputato, con apprezzamento insindacabile in questa sede di legittimità (vedi Sez. 2, n. 5522 del 22/10/2013, Proietto, Rv. 258264 – 01, in motivazione; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270120-01, in motivazione; da ultimo Sez. 2, n. 9818 del 12/01/2024, COGNOME, non massimata).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato in ordine all’eccepita violazione dell’art. 65 cod. pen. ed al vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena conseguente alla concessione delle attenuanti generiche.
Il Collegio intende, preliminarmente, ribadire il principio di diritto secondo cui la misura della riduzione della pena per effetto del riconoscimento di circostanze attenuanti rappresenta un tipico aspetto della discrezionalità attribuita al giudice del merito e non può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME Rv. 281217-01, in motivazione; Sez. 2, n. 43893 del 29/09/2022, COGNOME, non massinnata), vizi non ravvisabili nel caso oggetto di scrutinio.
Sotto altro profilo, inoltre, è consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte, l’affermazione secondo cui, nel caso di reati puniti con pene congiunte, il giudice non è obbligato a seguire il medesimo criterio nella concreta determinazione della pena detentiva e della pena pecuniaria, con la conseguenza che la individuazione della massima riduzione per la prima non comporta, di per ciò stesso, che tale risultato debba riguardare anche la seconda (Sez. 3, n. 37849 del 19/5/2015, D.G. Rv. 265184; Sez. 4, n. 42144 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282069 – 02; da ultimo Sez. 3, n. 42212
del 04/05/2023, COGNOME, non massinnata). Dall’applicazione di tali principi di diritto consegue la manifesta infondatezza della doglianza difensiva.
4. Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato in relazione all’invocata violazione dell’art. 442 cod. proc. pen.
In caso di definizione del giudizio con le forme del rito abbreviato, il giudice di merito è, infatti, tenuto inderogabilmente a ridurre la pena in
concreto determinata nella misura fissa di un terzo, a norma dell’art. 442, comma secondo, cod. proc. pen. e qualora la riduzione sia stata invece
operata in misura inferiore, configurandosi un errore nel computo della stessa, la Corte di Cassazione può provvedere alla necessaria rettifica ed al
conseguente annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Nel caso di specie, il giudice dell’appello, dopo aver determinato, a seguito della concessione delle attenuanti generiche, una pena pari a mesi
3 di reclusione ed euro 420,00 di multa, ha ridotto la pena detentiva di soli dieci giorni e, quindi, in misura inferiore ad un terzo, con conseguente violazione dell’art. 442 cod. proc. pen.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio limitatamente alla pena detentiva inflitta, che deve essere rideterminata in mesi due di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena detentiva in mesi due di reclusione. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 2 aprile 2025
estensore GLYPH