Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6253 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6253 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/9/2022 emessa dalla Corte di appello di Bologna visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello, pronunciando in sede di rinvio, confermava la condanna del ricorrente in ordine ai reati di ricettazione contestati ai capi 20) e 21) L’annullamento della precedente sentenza di appello (si veda Sez.2, n. 10983 del 12/1/2022) era stato determinato dalla mancanza di motivazione in relazione a tali imputazioni, vizio cui la Corte di appello rimediava, argomentando sulle ragioni dalle quali desumere la provenienza delittuosa dei beni di lusso rinvenuti nella
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disponibilità dell’imputato.
Il ricorrente ha formulato un unico motivo di impugnazione, con il quale deduce il vizio di motivazione ed il travisamento della prova.
In particolare, si evidenzia che la Corte di appello avrebbe desunto la provenienza delittuosa dei beni rinvenuti nella disponibilità dell’imputato valorizzando le condizioni economiche di quest’ultimo, ritenute incompatibili con l’acquisto lecito dei beni in questione.
Peraltro, non sarebbe stata neppure accertata l’esistenza e la tipologia del reato presupposto.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello, con motivazione immune da vizi censurabili in sede di legittimità, ha valorizzato plurimi elementi indiziari, idonei nel loro complesso a dimostrare sia la provenienza illecita dei beni, che la ricettazione da parte dell’imputato.
In particolare, è stato sottolineato come l’imputato – all’epoca ventunenne e privo di occupazione – era stato trovano in possesso di plurimi beni di lusso (principalmente borse femminili di note marche), senza che lo stesso avesse fornito alcuna giustificazione circa la loro provenienza.
Ad ulteriore riprova della colpevolezza dell’imputato, inoltre, la Corte di appello evidenziava che la coimputata COGNOME, in sede di interrogatorio, aveva riferito che i beni in questione erano provento di furti cui i correi erano abitualmente dediti.
Il quadro complessivo che emerge, pertanto, è ampiamente idoneo a fondare la condanna per il reato di ricettazione, non emergendo elementi dai quali desumere la manifesta illogicità o contraddittorietà del ragionamento probatorio seguito dalla Corte di appello.
Né è sostenibile, come censurato dalla difesa, che la Corte di appello avrebbe realizzato una sorta di inversione dell’onere probatorio a discapito dell’imputato.
Invero, la Corte di appello ha semplicemente individuato plurimi e significativi elementi indiziari, univocamente denotanti la commissione del reato di ricettazione, a fronte dei quali l’imputato non ha fornito, in sede di merito, alcuna giustificazione.
Infine, non è corretta l’affermazione secondo cui la Corte di appello non avrebbe accertato i reati presupposto della ricettazione, posto che nella sentenza si dà espressamente atto che i beni erano provento di furto, fornendo anche elementi a supporto di tale conclusione.
Sulla base di tali osservazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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