Ricettazione: Quando la Mancata Prova d’Acquisto Conferma il Dolo
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sulla prova dell’elemento soggettivo del reato e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea come la genericità dei motivi e la semplice riproposizione delle argomentazioni già respinte in appello conducano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, confermando l’importanza di una difesa tecnica e specifica.
I Fatti di Causa: Dal Ricorso in Appello alla Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione emessa dalla Corte di Appello di Napoli. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a tre motivi principali. Contestava la sussistenza del dolo, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita del bene, chiedendo in subordine la derubricazione del reato in incauto acquisto. Inoltre, contestava l’applicazione della recidiva, ritenuta ingiustificata.
I Motivi del Ricorso: Una Difesa tra Dolo e Recidiva
La difesa dell’imputato si concentrava su due punti cardine:
1. L’elemento soggettivo: Si sosteneva l’insussistenza del dolo di ricettazione, argomentando che non vi era prova della piena consapevolezza della provenienza delittuosa della merce. Le argomentazioni, tuttavia, erano state già presentate e disattese dalla Corte d’Appello.
2. La recidiva: Si contestava l’aumento di pena derivante dalla recidiva, ritenendo che il giudice di merito non avesse valutato correttamente il rapporto tra il fatto in giudizio e le precedenti condanne.
La Decisione della Cassazione sul Reato di Ricettazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutti i motivi proposti. La decisione si basa su principi consolidati sia in materia processuale che sostanziale.
Inammissibilità dei Motivi Generici e Ripetitivi
Innanzitutto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del giudizio di legittimità: il ricorso non può essere una mera ripetizione dei motivi già presentati in appello. Deve, invece, contenere una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata, evidenziandone gli errori di diritto. Nel caso di specie, i primi due motivi sono stati considerati non specifici, ma solo apparenti, in quanto non assolvevano a questa funzione critica.
La Prova del Dolo nella Ricettazione
Sul punto centrale della ricettazione, i giudici hanno confermato che la prova del dolo può essere raggiunta attraverso qualsiasi elemento, anche indiretto. L’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte dell’agente è un fattore cruciale. La Corte ha valorizzato la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva sottolineato:
– La mancata prova del pagamento del prezzo da parte dell’imputato.
– L’assoluta genericità delle sue allegazioni difensive.
– La tempistica sospetta dell’acquisto rispetto al reato presupposto (truffa).
Questi elementi, complessivamente considerati, costituiscono una base solida per affermare la piena consapevolezza dell’origine illecita del bene, escludendo la possibilità di derubricare il fatto a incauto acquisto.
La Valutazione della Recidiva
Anche il terzo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che la valutazione sulla recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale, ma deve esaminare in concreto il rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti, secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale. La Corte d’Appello aveva correttamente analizzato i numerosi precedenti specifici dell’imputato, considerandoli indicativi di una spiccata e aumentata propensione criminale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. I motivi del ricorrente, risolvendosi in una richiesta di nuova valutazione delle prove, erano al di fuori del perimetro del giudizio di Cassazione. La Corte ha riaffermato che, ai fini della configurabilità della ricettazione, l’onere della prova dell’elemento soggettivo può essere assolto tramite presunzioni e indizi gravi, precisi e concordanti, tra cui assume un ruolo centrale l’incapacità dell’imputato di fornire una spiegazione plausibile e verificabile sulla provenienza del bene.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, il ricorso per Cassazione deve essere specifico e criticare puntualmente la sentenza di secondo grado, senza limitarsi a riproporre le stesse difese. Sul piano sostanziale, viene ribadito che nel reato di ricettazione la prova del dolo può legittimamente fondarsi su elementi indiziari, e spetta all’imputato che si trova in possesso di un bene di provenienza illecita fornire una giustificazione credibile, pena la conferma della sua responsabilità penale.
È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi già respinti in Appello?
No. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché i motivi erano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi, senza formulare una critica argomentata specifica contro la decisione di secondo grado.
Come si prova l’intenzione (dolo) nel reato di ricettazione?
Secondo la Corte, la prova del dolo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto. Un elemento decisivo è l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa da parte di chi la riceve. La mancanza di prova del pagamento e la genericità delle giustificazioni sono state considerate prove sufficienti della consapevolezza della provenienza illecita.
Come viene valutata la recidiva dal giudice?
Il giudice deve esaminare in concreto, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne. Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha correttamente analizzato i numerosi precedenti, anche specifici, dell’imputato, considerandoli indicativi di una ‘spiccata propensione criminale’ che giustificava l’applicazione della recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36873 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36873 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/04/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME; ritenuto che i primi due motivi di ricorso non sono consentiti perché fondati su argomentazioni che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01) e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso al fine di introdurre una lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
che, inoltre, il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui si deducono rispettivamente l’insussistenza del dolo di ricettazione e, in via subordinata, la derubricazione nel reato di incauto acquisto, sono manifestamente infondati, perché prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente (ex multis, Cass. sez. 2, sent. n. 53017 del 22/11/2016 – dep. 14/12/2016 – Rv. 268713; in motivazione, questa Corte ha precisato che ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un vulnus alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della res, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa; in tal senso si veda anche pag. 3 dove la Corte di appello ha valorizzato la circostanza del non avere l’imputato fornito prova del pagamento del prezzo e la assoluta genericità delle allegazioni sul punto, la tennpistica dell’acquisto rispetto all’episodio di truffa presupposto della ricettazione, l’irrilevanza delle argomentazioni relative alle attività svolte presso agenzia di pratiche automobilistiche, con conseguente rigetto della richiesta di riqualificare il fatto come incauto acquisto);
che il terzo motivo di ricorso, che contesta la sussistenza della recidiva è manifestamente infondato, avendo il giudice di merito fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui
questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per procede e le precedenti condanne (si veda in tal senso pag.4 dove la Corte di appello ha analizzato la pendenza di numerosi precedenti, anche specifici, riferibili al ricorrente, considerando tali dati indicativi di una spiccata propensione criminale, con capacità in tal senso da ritenere aumentata attesa la piena prova della condotta contestata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 10 ottobre 2025.