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Ricettazione prodotti contraffatti: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per commercio di prodotti contraffatti e ricettazione. L’ordinanza ribadisce che il reato sussiste anche in caso di contraffazione ‘grossolana’, poiché la norma tutela la fede pubblica e non solo l’acquirente. La Corte ha inoltre precisato che, nel caso di ricettazione prodotti contraffatti, il delitto presupposto è la contraffazione stessa (art. 473 c.p.) e non la loro commercializzazione (art. 474 c.p.), e che l’eventuale prescrizione del primo non esclude la punibilità della seconda.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e Prodotti Contraffatti: la Cassazione Conferma i Principi Chiave

Con l’ordinanza n. 3887/2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di ricettazione prodotti contraffatti, offrendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del reato e sul suo rapporto con altre fattispecie criminose. La decisione ribadisce principi consolidati, sottolineando come la tutela della fede pubblica prevalga sulla potenziale ingenuità dell’acquirente finale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di cui agli artt. 474 (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e 648 (Ricettazione) del codice penale. L’imputato aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello, sollevando diverse questioni di legittimità dinanzi alla Suprema Corte.

Le Argomentazioni del Ricorrente e la Ricettazione Prodotti Contraffatti

Il ricorso si fondava su quattro motivi principali, volti a smontare l’impianto accusatorio:

1. Errata interpretazione del rapporto tra i reati: Il ricorrente contestava l’interpretazione del nesso tra il delitto di commercio di prodotti falsi (art. 474 c.p.) e quello di ricettazione (art. 648 c.p.), proponendo una lettura alternativa contraria alla giurisprudenza consolidata.
2. Contraffazione ‘grossolana’: Si sosteneva che la falsificazione dei prodotti fosse talmente palese da rendere impossibile l’inganno dell’acquirente, configurando così un’ipotesi di reato impossibile.
3. Motivo inammissibile: Un terzo motivo di censura è stato dichiarato precluso in partenza, in quanto non era stato sollevato nel precedente grado di appello.
4. Prescrizione del delitto presupposto: Infine, si argomentava che l’estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 474 c.p. dovesse avere effetti anche sulla configurabilità della ricettazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Le motivazioni della Corte sono state chiare e si sono mosse nel solco di un orientamento giurisprudenziale ormai granitico.

In primo luogo, riguardo alla contraffazione grossolana, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il reato di cui all’art. 474 c.p. non protegge la libera determinazione dell’acquirente, bensì la fede pubblica. Quest’ultima è intesa come l’affidamento che la collettività ripone nei marchi e nei segni distintivi, i quali garantiscono l’origine e la qualità dei prodotti. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non è necessario che si realizzi un inganno effettivo. La semplice immissione in commercio di prodotti falsi mette a rischio il bene giuridico tutelato, a prescindere dal fatto che un consumatore possa o meno accorgersi del falso.

In secondo luogo, la Corte ha smontato l’argomentazione sulla prescrizione, chiarendo un equivoco di fondo. Il delitto presupposto della ricettazione di merce contraffatta non è il commercio di tali beni (art. 474 c.p.), ma il reato a monte, ovvero la contraffazione stessa del marchio o del prodotto (art. 473 c.p.). In ogni caso, la Corte ha specificato che, ai sensi dell’art. 170 del codice penale, l’estinzione del delitto presupposto (ad esempio per prescrizione) non impedisce la punibilità del reato di ricettazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi in materia di lotta alla contraffazione. Primo: la tutela penale è rivolta a un bene collettivo, la fede pubblica, e non all’interesse del singolo. Pertanto, la riconoscibilità del falso non esclude il reato. Secondo: la catena criminale viene analizzata distinguendo chiaramente l’atto originario della falsificazione dalla successiva ricezione e commercializzazione della merce. La condanna per ricettazione prodotti contraffatti rimane valida anche se il reato di contraffazione si fosse nel frattempo prescritto. La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La vendita di prodotti con una contraffazione palese è comunque un reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il reato di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) sussiste anche se la contraffazione è ‘grossolana’ e facilmente riconoscibile. Questo perché la norma protegge la ‘fede pubblica’, cioè la fiducia dei cittadini nei marchi, un bene che viene messo in pericolo dalla sola circolazione di prodotti falsi, a prescindere dal fatto che il singolo acquirente venga ingannato.

Qual è il ‘delitto presupposto’ nella ricettazione di prodotti contraffatti?
Il delitto presupposto, cioè il reato originario da cui proviene la merce, non è la commercializzazione dei prodotti falsi (art. 474 c.p.), ma l’atto stesso di contraffazione del marchio o del prodotto industriale (previsto dall’art. 473 c.p.). La ricettazione punisce chi riceve beni provenienti da questo illecito originario.

Se il reato di contraffazione si prescrive, si può essere comunque condannati per la ricettazione di quei prodotti?
Sì. La Corte ha chiarito che, in base all’art. 170 del codice penale, l’estinzione per prescrizione del delitto presupposto (la contraffazione) non esclude la punibilità per il reato di ricettazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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