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Ricettazione: pena e doppia conforme in Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per ricettazione di parti di motore. La Corte ha ritenuto infondate le doglianze sulla responsabilità penale, valorizzando la ‘doppia conforme’ dei giudizi di merito e il ruolo professionale dell’imputato. È stato inoltre chiarito che la riduzione del numero di beni oggetto di ricettazione e il riconoscimento di un’attenuante in appello non obbligano il giudice a diminuire la pena base, ma solo la pena complessiva, nel rispetto del divieto di ‘reformatio in peius’.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione: Quando la Pena non si Riduce in Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di ricettazione di parti di autoveicoli, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità e sulla discrezionalità del giudice d’appello nel determinare la pena. La pronuncia analizza il valore della cosiddetta “doppia conforme” e il corretto bilanciamento delle circostanze, confermando che una parziale riforma della condanna non comporta automaticamente una riduzione della pena base.

I Fatti di Causa: Il Trasporto di Parti di Motore di Provenienza Illecita

Il caso ha origine da una condanna per il reato di ricettazione. L’imputato era stato accusato di aver ricevuto e trasportato cinque motori, nove collettori e due turbine di provenienza illecita. Inizialmente accusato di riciclaggio, il reato era stato riqualificato in ricettazione già in primo grado.

La Corte d’Appello, pur confermando la responsabilità penale, aveva riformato parzialmente la sentenza. Aveva infatti limitato la condanna al possesso di soli tre motori, assolvendo l’imputato per le restanti parti. Inoltre, aveva concesso l’attenuante dell’ipotesi lieve di ricettazione, ritenendola però equivalente alla recidiva contestata. Il risultato finale era una riduzione della pena, ma non attraverso una diminuzione della pena base, bensì tramite il bilanciamento delle circostanze.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava la logicità della sentenza nell’affermare la colpevolezza dell’imputato. La difesa sosteneva che egli fosse un semplice passeggero sul furgone che trasportava i pezzi e che non fosse consapevole della loro origine illecita, chiedendo l’esclusione del dolo o la derubricazione del reato in una contravvenzione meno grave.
2. Illogicità della dosimetria della pena: Si lamentava che, nonostante la riduzione del numero di beni ricettati e il riconoscimento di un’attenuante, la Corte d’Appello non avesse ridotto la pena base, limitandosi a bilanciare le circostanze.

La Valutazione della Responsabilità e la “Doppia Conforme”

La Cassazione ha dichiarato il primo motivo di ricorso generico e inammissibile. La Corte ha sottolineato la presenza di una “doppia conforme”, ovvero due sentenze di merito (primo grado e appello) che erano giunte alla medesima conclusione sulla responsabilità dell’imputato. In questi casi, le due sentenze si integrano a vicenda, creando un unico corpo decisionale difficilmente scalfibile in sede di legittimità, se non per vizi manifesti.

La Corte ha ritenuto che la motivazione dei giudici di merito fosse solida e priva di illogicità. La responsabilità dell’imputato non derivava solo dalla sua presenza sul furgone, ma da un elemento circostanziale decisivo: egli era l’amministratore della società proprietaria del veicolo, un’azienda che operava nel commercio all’ingrosso di pezzi di ricambio per auto. Questa qualifica professionale e il legame con il mezzo di trasporto sono stati considerati indicativi di un interesse diretto e di una piena consapevolezza dell’operazione, rendendo implausibile la tesi del semplice “trasportato inconsapevole”.

La Corretta Determinazione della Pena per la Ricettazione

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte Suprema ha chiarito alcuni principi fondamentali sulla determinazione della pena in appello.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la riduzione del numero di oggetti facenti parte di un reato unitario come la ricettazione non obbliga il giudice a diminuire la pena base. La valutazione per la determinazione della pena (dosimetria) si basa su una serie di parametri indicati dall’art. 133 del codice penale, che includono la gravità del fatto, la personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano legittimamente considerato la tipologia dei beni, il ruolo apicale dell’imputato nella vicenda e le risultanze del suo casellario giudiziale.

Inoltre, la Corte ha ribadito che il riconoscimento di un’attenuante non impone una riduzione della pena base. L’art. 597 del codice di procedura penale richiede solo che la pena complessiva sia diminuita. Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha correttamente applicato la norma bilanciando l’attenuante della lieve entità con l’aggravante della recidiva, giudicandole equivalenti. Questo meccanismo ha comunque assicurato un “impatto” favorevole all’imputato, nel rispetto del divieto di reformatio in peius (divieto di peggiorare la condanna in appello su ricorso del solo imputato). L’unico limite per il giudice d’appello è non irrogare una pena finale superiore a quella inflitta in primo grado.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: la discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena è ampia e non è soggetta a un calcolo matematico. La riduzione parziale dell’addebito o il riconoscimento di circostanze a favore non si traducono automaticamente in uno “sconto” sulla pena base, specialmente quando altri elementi, come la personalità del reo e il suo ruolo nel reato, depongono per una maggiore gravità. La decisione della Cassazione riafferma la solidità del giudizio basato su una “doppia conforme” e delimita con chiarezza i confini del sindacato di legittimità sulla dosimetria della pena.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico” e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei gradi di merito, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza d’appello. In pratica, non assolve alla sua funzione di critica, ma si limita a ripetere doglianze già valutate.

Se in appello si riduce il numero di beni oggetto di ricettazione, il giudice è obbligato a diminuire la pena base?
No. La riduzione del compendio dei beni ricettati, all’interno di una condotta unitaria, non obbliga il giudice a ridurre la pena base. La determinazione della pena si fonda su una valutazione complessiva che include altri fattori, come la personalità dell’imputato, il suo ruolo nella vicenda e i suoi precedenti penali.

Cosa significa “divieto di reformatio in peius” in relazione alla pena?
Significa che, se solo l’imputato presenta appello, il giudice non può infliggergli una pena finale più grave di quella decisa in primo grado. Tuttavia, questo divieto riguarda il risultato finale del calcolo della pena, non i criteri intermedi. Il giudice d’appello può quindi non ridurre la pena base, ma applicare le attenuanti in modo diverso (ad esempio, bilanciandole con le aggravanti) purché la pena complessiva non sia superiore a quella precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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