Ricettazione Online: La Cassazione e l’Onere della Prova
Il commercio online ha aperto infinite opportunità, ma nasconde anche insidie legali significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce la linea sottile che separa un acquisto incauto dal grave reato di ricettazione, specialmente quando non si è in grado di dimostrare la legittima provenienza della merce. Questo caso offre spunti cruciali su come i giudici valutano la consapevolezza dell’origine illecita di un bene e sull’importanza di presentare ricorsi specifici e non generici.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato dalla Corte di Appello per il reato di ricettazione aggravata. La condanna scaturiva dal fatto che l’imputato era stato trovato in possesso di merce di cui non sapeva giustificare la provenienza e che metteva in vendita su piattaforme online con la chiara intenzione di ricavarne un profitto. Non accettando la sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sperando di ottenere una riqualificazione del fatto in un reato meno grave.
La Tesi Difensiva: da Ricettazione a Incauto Acquisto
La difesa dell’imputato puntava a derubricare il reato contestato, ossia la ricettazione (art. 648 c.p.), nella più lieve contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza, o incauto acquisto (art. 712 c.p.). Secondo la tesi difensiva, la motivazione della Corte di Appello era viziata. Tuttavia, il ricorso presentato si limitava a riproporre le medesime argomentazioni già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza sollevare critiche specifiche e puntuali contro la sentenza impugnata.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso per Ricettazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella sua “genericità”. I giudici hanno sottolineato che un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle doglianze già avanzate in appello. Deve, invece, contenere una critica argomentata e specifica del ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice precedente. Poiché il ricorso in esame era privo di questa specificità, è stato rigettato senza un’analisi del merito della questione.
Le Motivazioni
La Corte ha confermato la correttezza del ragionamento seguito dai giudici di appello. L’elemento distintivo che ha fondato la condanna per ricettazione è stato individuato in un preciso comportamento dell’imputato: la mancata indicazione della provenienza della merce. Quando un soggetto viene trovato in possesso di beni e non è in grado di fornire alcuna spiegazione plausibile sulla loro origine, e al contempo cerca di trarne profitto vendendoli, si presume la sua consapevolezza dell’origine illecita dei beni stessi. I giudici hanno ritenuto che questa condotta fosse incompatibile con un semplice acquisto incauto e dimostrasse, invece, l’accettazione del rischio che la merce provenisse da un delitto, integrando così pienamente il dolo richiesto per il reato di ricettazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chiunque venda beni, specialmente online, ha una sorta di onere di conoscerne e, se necessario, dimostrarne la provenienza lecita. L’incapacità di fornire giustificazioni sulla detenzione di un bene destinato alla vendita è un indizio grave che può portare a una condanna per ricettazione. Inoltre, la decisione evidenzia un importante aspetto processuale: un ricorso per Cassazione deve essere uno strumento tecnico e mirato, non una sterile riproposizione di tesi già sconfessate, pena l’inammissibilità e la condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘generico’, ovvero si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte dalla Corte di Appello, senza formulare critiche specifiche e nuove contro la motivazione della sentenza impugnata.
Qual è l’elemento chiave che ha portato alla condanna per ricettazione?
L’elemento decisivo è stata la mancata indicazione da parte dell’imputato della provenienza della merce trovata in suo possesso. Questo fatto, unito all’intenzione pacifica di trarne profitto attraverso la vendita online, ha convinto i giudici della sua consapevolezza riguardo all’origine illecita dei beni.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva dell’imputato, il quale è obbligato a pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35085 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35085 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a MELZO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che confermava la responsabilità del prevenuto per il delitto di ricettazione aggravata, riducendo il trattamento sanzionatorio;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del reato contestato nella contravvenzione ex art. 712 cod. pen., è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifiche;
che, con motivazione esente da vizi logici, i giudici di appello hanno esplicitato le ragioni del proprio convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della sussistenza del reato di cui all’art. 648 cod pen. e della conseguente responsabilità dell’imputato (si vedano, in particolare, le pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, ove si valorizza la mancata indicazione da parte del ricorrente della provenienza della merce trovata nella sua disponibilità, che veniva dallo stesso messa in vendita on line con la pacifica intenzione di trarne profitto);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il giorno 23 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presid nte