Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34175 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34175 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME nato a Ribera il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa in data 07/01/2025 dalla Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art.
611, commi 1bis e 1ter
, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 05/09/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
preso atto che l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia in data 21/03/2024 emessa dal Tribunale di Sciacca nei confronti di NOME COGNOME, così statuiva:
-confermava il giudizio di responsabilità per i reati di ricettazione di prodotti informatici recanti il marchio Microsoft contraffatto e di n. 100 carica batterie recanti il marchio Samsung contraffatto;
-dichiarava non doversi procedere per gli ulteriori reati di tentata introduzione nel territorio dello Stato dei prodotti di cui sopra in quanto estinti per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, rideterminava la pena inflitta in mesi nove di reclusione ed euro 350,00 di multa, considerata la già concessa attenuante di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputat o, tramite il difensore di fiducia, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento agli artt. 648, 712 cod. pen. e all’art. 1, comma 7, decreto legge n. 35 del 2005 per non avere la Corte di appello riqualificato il fatto nell’illecito amministrativo di cui al citato art. 1 o, quantomeno, nella fattispecie contravvenzionale di incauto acquisto, estinta per prescrizione maturata già in epoca antecedente alla sentenza di primo grado.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., l’omessa motivazione in punto di riqualificazione dei delitti di ricettazione nell a forma tentata, con conseguente declaratoria di estinzione degli stessi per prescrizione, perfezionata in epoca antecedente alla sentenza impugnata.
Rileva il ricorrente che l’imputato non è mai venuto in possesso dei beni con marchio contraffatto i quali- dopo essere stati ordinati tramite la piattaforma Ali Express- una volta giunti dalla Cina in Italia sono stati sequestrati nel corso di un controllo doganale presso l’aeroporto di Roma Ciampino.
2.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento agli artt. 157 e 648 cod. pen. per non avere la Corte territoriale dichiarato estinti per prescrizione i delitti di ricettazione per i quali, anche ove ritenuti consumati e non tentati , il giudice di primo grado aveva riconosciuto l’ipotesi lieve .
2.4. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di ritenuta consapevolezza dell’imputato in ordine alla provenienza illecita de i prodotti contraffatti.
Rileva il ricorrente, quanto ai prodotti Microsoft, che essi sono stati acquistati tramite la piattaforma Ali Espress ,che è un canale di vendita abitualmente utilizzato e che il prezzo pagato
era congruo, tanto che l’imputato ha ottenuto il rimborso dello stesso pari ad euro 3.850,00, come documentato nel giudizio di merito.
Con riferimento ai carica batterie, COGNOME aveva richiesto al venditore oggetti compatibili con prodotti Samsung ovvero LG e privi di marchio, la cui commercializzazione è lecita e ciò emerge inequivocabilmente dall’ordine di acquisto effettuato on line e prodotto nel giudizio di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile e ragioni di priorità logico-giuridica impongono di invertire l’ordine dei motivi da esaminare.
Non consentito e comunque manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di ritenuta consapevolezza dell’imputato della provenienza delittuosa dei prodotti contraffatti oggetto delle imputazioni.
Le prospettazioni difensive svolte sul punto si risolvono nella pedissequa reiterazione delle censure dedotte con l’atto di appello (si vedano le pagine 2 e 3 d i tale gravame), già motivatamente disattese dalla Corte di appello, così di fatto invocando la rivalutazione degli elementi di prova, non consentita in questa sede.
Il collegio di merito, con un costrutto argomentativo pienamente adeguato, ha ritenuto provata la piena cognizione da parte di COGNOME di avere acquistato prodotti Microsoft e Samsung non autentici (90 programmi Office, varie licenze e codici numerici e 36 kit di installazione, nonché 100 carica batterie) valorizzando congiuntamente alcuni elementi fattuali richiamati nel provvedimento impugnato che ha valutato secondo corretti criteri di natura logica.
E’ stato , infatti, evidenziat o che l’acquisto dei beni, per stessa ammissione dell’imputato, era avvenuto tramite una piattaforma non riconducibile a Microsoft o a rivenditori autorizzati, che il prezzo pagato (130 dollari) indicato nella fattura proforma allegata al pacco di spedizione doveva considerarsi irrisorio rispetto al valore di mercato della merce e che l’imputato, all’epoca dei fatti, esercitava da anni l’attività di commercio al dettaglio di telefonia ed era pertanto in grado di distinguere prodotti autentici da quelli con marchio contraffatto.
La sentenza impugnata (pagine 2 e 3) ha anche compiutamente confutato, in modo non manifestamente illogico, la rilevanza degli elementi documentali introdotti a supporto della tesi difensiva della buonafede e richiamati anche nel presente ricorso per ottenerne una diversa valutazione, non scrutinabile in questa sede.
In particolare, è stato osservato che la ricevuta di rimborso della somma di euro 3.592,00 non risultava riconducibile alla fornitura dei prodotti apparentemente a marca Microsoft acquistati e sequestrati e che era dubbia la data di emissione e comunque la correlazione tra i carica batterie
contraffatti e l’ordine di acquisto contenente la richiesta di oggetti senza marchio ma compatibili con prodotti Samsung e LG.
Manifestamente infondato è anche il primo motivo di ricorso con il quale si invoca la riqualificazione delle contestate ricettazioni nell’illecito amministrativo di cui all’art. 1, comma 7, D.L. 35/2005, convertito nella Legge 14 maggio 2005, n. 80 o, quantomeno, nella fattispecie contravvenzionale di incauto acquisto, estinta per prescrizione.
La Corte di appello ha dato conto della consapevolezza dell’imputato in ordine alla provenienza delittuosa dei prodotti acquistati con motivazione esaustiva e immune da vizi logici, ha conseguentemente escluso ogni diversa qualificazione giuridica dei fatti contestati in senso più favorevole, in particolare n ell’ipotesi contravvenzionale di incauto acquisto.
Va ricordato il consolidato orientamento di legittimità, che qui si ribadisce, secondo cui il criterio distintivo tra il delitto di ricettazione e la contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza prevista dall’art. 712 cod. pen. consiste proprio nell’elemento psicologico nel senso che nel primo caso l’agente, come nel l’ipotesi di specie, ha la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta (o comunque si rappresenta la concreta possibilità in tal senso, con relativa accettazione del rischio), mentre nel secondo caso in capo all’agente si configura una condotta colposa e cioè una mera mancanza di diligenza nel verificare l’origine del bene (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv 246325; Sez. 2, n. 45256 del 22/11/2007, COGNOME, Rv. 238515, Rv. 246324; Sez. 2, n. 41002 del 20/09/2013, COGNOME, Rv. 257237; Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, COGNOME, Rv. n. 270179).
Né si configura l’illecito amministrativo di cui all’art. 1, comma settimo, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella Legge 14 maggio 2005, n. 80 che le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto integrato esclusivamente nel caso di acquisto di cose di provenienza altrimenti illecita, vale a dire di cose non provenienti da reato (Sez.U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, Rv. 232304-01). A seguito della modifica di tale norma introdotta dall’art. 17 della legge 23 luglio 2009, n. 99, questa Corte, nella sua più autorevole composizione (Sez.U n. 22225 del 19/01/2012, Micheli, Rv. 252453), ha affermato che l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata è colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso strettamente personale, ipotesi che non ricorre nel caso di specie in quanto i beni contraffatti acquistati dall’imputato, titolare di un esercizio commerciale di vendita di dispositivi telefonici, erano inequivocabilmente destinati alla vendita.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso con il quale si deduce l’omessa motivazione in ordine alla invocata riqualificazione dei contestati delitti di ricettazione nella forma tentata (anziché consumata), da cui avrebbe dovuto discendere l’estinzione degli stessi per intervenuta prescrizione, effettivamente la Corte territoriale non si è pronunciata al riguardo.
Al fine di stabilire se l’omessa pronuncia su uno dei motivi dedotti al giudice di appello sia vizio deducibile in sede di legittimità non è sufficiente il solo dato del mancato esame della censura specificamente devoluta, ma occorre verificare se essa rispondeva ai richiesti canoni di ammissibilità.
Va infatti ricordato il consolidato principio affermato da questa Corte secondo cui è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello “ab origine” manifestamente infondato, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 6, n. 47222 del 6/10/2015, Arcone, Rv. 265878, Sez. 3, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745; Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281).
Nel caso di specie, il motivo sul quale la sentenza impugnata ha omesso di statuire era inammissibile sia perché privo di specificità, sia perché, comunque, manifestamente infondato.
L’invocata riqualificazione (proposta con motivi nuovi) non era infatti corredata da alcuna specifica deduzione essendosi limitata la difesa appellante ad affermare apoditticamente ‘che gli eventuali reati ipotizzati avrebbero dovuto essere contestati nella forma del tentativo’, senza in alcun modo illustrare le ragioni a sostegno di tale assunto (si vedano le pagine 1 e 2 dei motivi nuovi).
Va aggiunto che la prospettazione era comunque ictu oculi priva di ogni consistenza.
C on riferimento ai beni contraffatti rinvenuti presso l’esercizio commerciale di cui l’imputato era titolare , è del tutto evidente l’avvenuta materiale ricezione di cose di provenienza delittuosa con conseguente consumazione del reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi anche in relazione agli oggetti sequestrati presso l’aeroporto di Ciampino a seguito di controllo doganale e spediti in Italia con destinazione presso la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE facente capo a NOME, dovendosi richiamare il consolidato principio secondo cui, ai fini della consumazione del delitto di ricettazione, non è necessario che all’acquisto, perfezionatosi in virtù dell’accordo intervenuto tra le parti, segua materialmente la consegna della res (cd . traditio ), poiché l’art. 648 cod. pen. distingue l’ipotesi dell’acquisto da quella della ricezione (Sez. 2, n. 33957 del 14/06/2017, COGNOME, Rv. 2707734; Sez. 2, n. 40382 del 12/06/2015, COGNOME, Rv.264559; Sez. 3 n. 31023 del 26/06/2013, COGNOME, Rv. 256843; Sez. 4, n. 14424 del 02/02/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253302; Sez. 2, n. 4689 del 07/12/2011, COGNOME e altro, Rv. 251454).
Manifestamente infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione di legge per non avere la Corte territoriale dichiarato estinti per prescrizione i delitti di ricettazione per i quali, anche ove ritenuti consumati, il giudice di primo grado aveva riconosciuto l’ipotesi lieve.
Questa Corte, con argomentazioni che il collegio condivide, ha da tempo chiarito che l’ipotesi del fatto di particolare tenuità, prevista, in tema di ricettazione, dall’art. 648, secondo comma (ora quarto), cod. pen., non costituisce una figura autonoma di reato, ma una circostanza
attenuante della ricettazione (Sez. 7,ord. n. 39944 del 08/07/2022; Sez. 2, n. 25121 del 13/05/2021, COGNOME, Rv. 281675), e che, per tale ragione, ai sensi dell’art. 157 cod. pen., di tale diminuente non può tenersi conto ai fini della determinazione del termine di prescrizione, il quale va computato con riferimento al limite edittale massimo previsto per l’ipotesi-base (pari ad anni otto, aumentato fino ad un massimo di anni dieci in presenza di eventi interruttivi, oltre ad eventuali sospensioni).
Va inoltre considerato che anche la Corte costituzionale è ferma nel ritenere la natura di circostanza attenuante della “particolare tenuità” di cui all’art. 648, secondo comma ( ora quarto), cod. pen., avendo dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., l’art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 648, secondo comma, cod. pen. sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, dello stesso codice (n. 105 del 18/04/2014), ed avendo successivamente ribadito che «la particolare tenuità del danno o del pericolo è cosa diversa dalla “particolare tenuità del fatto”, che integra l’attenuante dell’art. 648, secondo comma, cod. pen. (Corte cost., n. 156 del 21/07/2020 e n. 207 del 24/05/2017).
Ne discende, nel caso di specie, che per i contestati delitti di ricettazione consumati il termine minimo di prescrizione è pari ad anni otto di reclusione dovendosi avere riguardo al tempo corrispondente al massimo della pena edittale; in presenza della causa interruttiva rappresentata dai decreti di citazione a giudizio emessi rispettivamente in data 20/08/2018 e 14/03/2019, tale termine base deve essere ulteriormente aumentato, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., di un quarto e cioè nella misura di anni due, giungendo così ad un tempo massimo di anni 10 decorrente dalle date del 1/05/2015, 6/08/2015 e 10/11/2016, al quale vanno ulteriormente aggiunti giorni 176 a seguito della sospensione ex lege (dal 17/05/2021 al 21/03/2022), sicché i reati in questione, alla data della pronuncia di secondo grado, non erano estinti per intervenuta prescrizione.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Così deciso il 24/09/2025
La Consigliera estensore NOME COGNOME