Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3837 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3837 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FASANO il 15/08/1984
avverso la sentenza del 20/12/2023 della CORTE di APPELLO di LECCE lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 20 dicembre 2023 la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza emessa il 26 gennaio 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi con la quale l’imputato COGNOME NOME era stato dichiarato colpevole dei due reati di ricettazione ascrittigli e condannato alle pene di legge. j
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza con il quale deduceva erronea applicazione della
legge penale e mancanza o contraddittorietà della motivazione in relazione agli artt. 546 e 530 cod. proc. pen., 81, 648 e 99 cod. pen.
Assumeva, in particolare, che la Corte d’Appello non aveva reso una motivazione adeguata in punto di responsabilità dell’imputato in ordine a entrambi reati ascrittigli, evidenziando, quanto al reato di ricettazione della vettura Fiat Panda di cui al capo A) dell’imputazione, che era stato provato che il Conversano, a distanza di due giorni dal furto dell’auto, ne avesse avuto la disponibilità, ma non anche che ne avesse avuto la disponibilità nei giorni successivi, e, quanto al reato di ricettazione di altra vettura Fiat Panda di cui al successivo capo B), che era stato provato che l’imputato aveva avuto la disponibilità della detta ultima vettura, anch’essa provento di furto, solo per circa sette ore, tra il 16 e il 17 novembre 2019, laddove il furto era avvenuto tra le ore 17,30 e le ore 18,15 del 16 novembre 2019.
Concludeva sul punto assumendo che il Conversano, come dimostrato dalla quasi contemporaneità fra il furto delle vetture e la disponibilità delle stesse che presentavano il blocco di accensione ancora manomesso – in capo al Conversano, nonché dal rinvenimento delle impronte papillari dell’imputato sotto il cruscotto di una delle vetture, era stato l’autore del furto di entrambe le auto, e che la Corte territoriale aveva, al riguardo, argomentato in maniera apodittica, ritenendo inattendibile la ricostruzione dei fatti offerta dall’imputato in ragione della ritenuta tardività della sua confessione, resa solo successivamente all’interrogatorio di garanzia nel corso del quale si era avvalso della facoltà di non rispondere, nonché della ritenuta genericità della stessa, con riferimento alla mancata indicazione delle circostanze di tempo e di luogo relative all’impossessamento delle due autovetture.
Quanto alla ritenuta insussistenza del vincolo della continuazione fra i due reati contestati, la difesa assumeva che ancora una volta la Corte d’Appello aveva reso in proposito argomentazioni apodittiche, a fronte della versione fornita dall’imputato, che aveva dichiarato di avere deciso, in virtù di una unica determinazione, di impossessarsi delle due autovetture poiché si trovava in condizioni economiche estremamente disagiate, nonché della sussistenza di ulteriori elementi quali la contiguità temporale e l’identità delle norme violate, dei luoghi di commissione dei reati e delle modalità delle condotte.
Infine, la difesa assumeva che era privo di adeguata motivazione anche il diniego dell’esclusione dell’operatività della recidiva, essendosi risolte, ancora
una volta, le argomentazioni rese dalla Corte d’Appello sul punto in mere affermazioni apodittiche.
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Va evidenziato in premessa come la Corte territoriale si sia espressamente confrontata con le fondamentali deduzioni difensive e l’omessa specifica valutazione degli altri dati richiamati nel ricorso non configura il vizio denunciato: va ribadito, infatti, che il giudice di appello, in presenza di una “doppia conforme” (è il caso di specie), nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593; Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841; di recente v. Sez. 2, n. 31920 del 04/06/2021, COGNOME, Rv. 281811, non mass. sul punto).
Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all’esito di una verifica sulla completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l’impianto della decisione (cfr., Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227; Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267723; Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 253445). Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (cfr., Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; da ultimo, cfr. Sez. 2, n. 26870 del 12/05/2022, Gioè, non mass.).
Ritiene il Collegio che nel caso di specie la Corte territoriale abbia reso una motivazione immune da vizi in ordine alla pretesa riqualificazione dei fatti nel delitto di furto, ritenendo non credibile le affermazioni rese dal riguardo dall’imputato e richiamando in maniera congrua i caratteri di tardività e genericità delle dichiarazioni del medesimo, e inoltre affermando in maniera congrua la compatibilità dell’impronta papillare del Conversano rinvenuta su una delle due autovetture oggetto di ricettazione con la disponibilità della stessa da parte dell’imputato.
Deve, pertanto, ritenersi che correttamente il giudice di merito abbia escluso la configurabilità del reato di furto, in mancanza di precise indicazioni da parte dell’imputato sul fatto. Il semplice possesso ingiustificato di cose sottratte, in assenza di altri elementi probatori ed in presenza di elementi favorevoli ad ipotesi alternativa (come, nel caso di specie, la genericità e la tardività della confessione resa, con la quale il COGNOME aveva affermato di essere l’autore del furto di entrambe le autovetture), più che indurre all’affermazione di colpevolezza a titolo di furto, consente la configurazione del delitto di ricettazione (Sez. 2, n.52271 del 10/11/2016, COGNOME, RV. 268643; n.5522 del 22/10/2013, Proietto; Sez. 5, n.19453 del 20/01/2010, Calabrese; sez.II 13 maggio 1983 n.10417, COGNOME; sez.I 29 ottobre 2004 n.46006, COGNOME).
Quanto, poi, alla doglianza relativa alla dedotta sussistenza del vincolo della continuazione fra i due reati contestati, deve ancora una volta ritenersi che la Corte territoriale abbia reso sul punto una motivazione immune da vizi, avuto riguardo al congruo richiamo, effettuato dal giudice del merito, alla circostanza che la seconda autovettura era stata sottratta solo successivamente al ritrovamento della prima, così che doveva ritenersi che il Conversano avesse ricevuto la seconda vettura dopo aver perso la disponibilità della prima, ciò che ha indotto la Corte d’Appello a ritenere, in maniera del tutto ragionevole, che l’imputato avesse commesso i due reati in ragione di due successive e autonome determinazioni criminose, del tutto slegate da un disegno unitario.
Ritiene, infine, il Collegio che la Corte d’Appello abbia reso adeguata motivazione anche con riferimento alla ritenuta recidiva, avendo la stessa Corte, del tutto congruamente, ancorato la propria valutazione relativa alla accresciuta pericolosità dell’imputato all’esistenza di due precedenti penali per reati della stessa indole.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186 e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato present senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in v equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 05/11/2024