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Ricettazione marchi contraffatti: quando è reato

Una commerciante veniva condannata per ricettazione di profumi con marchi contraffatti. In Cassazione, sosteneva che l’acquisto con fattura e l’evidente falsità dei prodotti escludessero il reato. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che per la ricettazione marchi contraffatti non rileva la modalità d’acquisto né la natura ‘grossolana’ della falsificazione, poiché il reato protegge la fede pubblica. Ha inoltre respinto la questione di costituzionalità sul calcolo della prescrizione.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Marchi Contraffatti: Anche l’Acquisto con Fattura è Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5890 del 2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di ricettazione marchi contraffatti, stabilendo che né un acquisto supportato da fattura, né la natura ‘grossolana’ della falsificazione possono escludere la responsabilità penale. Questa decisione offre importanti chiarimenti per gli operatori commerciali sulla diligenza richiesta nell’acquisto di merci.

I Fatti del Caso: La Vendita di Profumi Contraffatti

Il caso ha origine dalla condanna di una commerciante per detenzione a scopo di vendita di 57 confezioni di profumo con marchi contraffatti e per il connesso delitto di ricettazione. La Corte di Appello, pur dichiarando prescritto il primo reato, aveva confermato la condanna per la ricettazione.

L’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali:
1. La falsificazione era talmente evidente (c.d. ‘falso grossolano’) da non poter ingannare nessuno sulla genuinità dei prodotti.
2. La consapevolezza della provenienza illecita della merce era da escludere, dato che l’acquisto era avvenuto tramite una transazione commerciale regolare, con tanto di fattura e pagamento con assegni.
3. Il reato di ricettazione si era prescritto, sollevando una questione di legittimità costituzionale sulla norma che regola il calcolo della prescrizione.

L’Analisi della Corte sulla ricettazione marchi contraffatti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive con motivazioni nette e precise.

La questione del ‘falso grossolano’

Secondo i giudici, il reato di detenzione di prodotti con marchi contraffatti (art. 474 c.p.) è un ‘reato di pericolo’. Ciò significa che la legge non punisce solo l’inganno effettivo del consumatore, ma tutela un bene giuridico più ampio: la ‘fede pubblica’, ovvero la fiducia collettiva nei marchi e nei segni distintivi che garantiscono l’origine e la qualità dei prodotti. Di conseguenza, il fatto che la contraffazione sia evidente non rende il reato ‘impossibile’, perché la circolazione stessa di tali beni mina la fiducia del mercato.

La consapevolezza e le modalità di acquisto

La Corte ha ritenuto ‘generico e manifestamente infondato’ il motivo relativo alla mancanza di consapevolezza. I giudici di merito avevano già adeguatamente motivato come le modalità di acquisto, sebbene formalmente regolari, non fossero sufficienti a escludere la consapevolezza dell’imputata. La presenza di una fattura o di pagamenti tracciabili non costituisce una prova automatica di buona fede, specialmente quando altre circostanze (come il prezzo o la natura della merce) avrebbero dovuto insospettire un commerciante diligente.

Il Calcolo della Prescrizione

Infine, la Corte ha respinto la questione sulla prescrizione. Il termine per la ricettazione, nel caso di specie, era di 10 anni e non era ancora decorso. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 157 del codice penale, nella parte in cui non considera le attenuanti speciali nel calcolo, è stata definita ‘manifestamente infondata’. La Corte ha ricordato che si tratta di una scelta di discrezionalità del legislatore, già ritenuta non irragionevole in precedenti pronunce.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione di inammissibilità si fonda sulla constatazione che il ricorso non faceva altro che riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni di quella sentenza. La Corte ha ribadito che il delitto di ricettazione marchi contraffatti tutela primariamente la fede pubblica e l’affidamento dei cittadini nei segni distintivi. La logica del legislatore è quella di prevenire la circolazione di beni falsi a prescindere dalla possibilità che il singolo acquirente venga tratto in inganno. L’acquisto tramite canali apparentemente ufficiali non è sufficiente a esonerare da responsabilità se le circostanze complessive suggeriscono la provenienza illecita dei beni.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione serve come un importante monito per tutti gli operatori commerciali. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale per la ricettazione marchi contraffatti è concreta e non facilmente eludibile. Non ci si può nascondere dietro la formalità di una fattura per giustificare l’acquisto di merce sospetta. È richiesta una diligenza attiva nel verificare la provenienza dei prodotti, poiché la legge protegge l’integrità del mercato prima ancora del singolo consumatore. La buona fede deve essere provata nei fatti e non può basarsi solo su apparenze formali.

L’acquisto di merce contraffatta con fattura regolare esclude il reato di ricettazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le modalità di acquisto, anche se apparentemente lecite come una fattura regolare e il pagamento con assegni, non escludono di per sé la consapevolezza dell’imputato di acquistare prodotti con marchi contraffatti e, di conseguenza, il reato di ricettazione.

Se una contraffazione è ‘grossolana’, cioè facilmente riconoscibile, si commette comunque reato?
Sì. La detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto è un reato di pericolo che tutela la fede pubblica. Pertanto, la grossolanità della contraffazione non esclude il reato, poiché il bene giuridico protetto non è la libera determinazione del singolo acquirente ma la fiducia collettiva nei marchi.

Le attenuanti speciali vengono considerate nel calcolo della prescrizione del reato?
No. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 157 del codice penale, per calcolare il tempo necessario alla prescrizione si tiene conto solo delle circostanze aggravanti e non delle attenuanti, anche se ad effetto speciale. Questa scelta rientra nella discrezionalità del legislatore e non è ritenuta incostituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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