Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33689 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33689 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Data Udienza: 16/09/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 02/12/2024 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 26 giugno 2020 dal Tribunale di Udine nei confronti di NOME, per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME, a mezzo del proprio difensore, articolando quattro motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’art. 27 Cost., dell’art. 3, direttiva UE 2016/343 (recepita dal d.lgs. n. 188 del 2021), dell’art. 6, §2 CEDU e dell’art. 533 cod. proc. pen.
I giudici di appello avrebbero ritenuto la responsabilità dell’imputato, sulla base di una mera valutazione di verosimiglianza della condotta contestatagli, così contraddicendo il canone del ragionevole dubbio, senza confrontarsi effettivamente con la versione offerta dall’imputato.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura – sotto il profilo della violazione dell’art. 648 cod. pen. e dei congiunti vizi di motivazione – la ribadita sussistenza dell’elemento soggettivo, sulla base di un’irrituale inversione dell’onere della prova, postulandosi in sentenza un dovere di provare la propria innocenza in capo all’imputato e obliterando, anche sotto tale profilo la sua credibile narrazione (confortata da plurimi elementi oggettivi, quali l’assenza di telefonate a lui sicuramente attribuibili).
2.3. Il terzo motivo Ł diretto a sollecitare la riqualificazione del fatto a titolo di furto di cosa smarrita (con conseguente improcedibilità dello stesso, per remissione di querela).
2.3. Con il quarto motivo, si eccepisce la mancanza assoluta di motivazione in ordine
alla invocata applicazione dell’art. 131bis cod. pen., nonostante di tale richiesta subordinata, presentata in sede di conclusioni, la stessa sentenza impugnata avesse dato espressamente atto.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
I primi tre motivi risultano meramente reiterativi di questioni già correttamente disattese dalla Corte territoriale con motivazione congrua, e, comunque, manifestamente infondati.
2.1. I giudici di merito, con apprezzamento schiettamente fattuale e con compiuto apparato argomentativo, hanno ritenuto implausibile quanto riferito dall’imputato in ordine al suo casuale ritrovamento del cellulare presso la stazione ferroviaria, poco prima di essere controllato dalle Forze dell’Ordine. Questa conclusione Ł intangibile in questa sede, siccome ampiamente illustrata in termini tutt’altro che illogici o contraddittori (cfr. pp. 4-5, ove si pone in evidenza il comportamento di COGNOME, soggetto tutt’altro che inesperto, affatto incompatibile con l’intenzione di riconsegnare successivamente il telefono alla proprietaria tramite i canali istituzionali).
Peraltro, la regola di giudizio compendiata nella formula «al di là di ogni ragionevole dubbio» rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva del discorso giustificativo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen. ovvero si fondi su un’incompletezza o inesattezza dei dati probatori utilizzati per la decisione tale da ridondare nella contraddittorietà della motivazione. Per ravvisare una simile violazione Ł necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata (Sez. 4, n. 34385 del 27/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 32065 del 11/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801-01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280245-01; Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278237-01).
2.2. La prova dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione, per consolidata giurisprudenza, può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente; ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un vulnus alle guarentigie difensive, in quanto Ł la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della res , il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120-01; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713-01).
Risulta dunque pienamente in linea con l’esegesi di legittimità il percorso argomentativo della Corte giuliana che valorizza i chiari segni di altruità della res e il silenzio serbato al momento del controllo, oltre alla già sottolineata inattendibilità delle dichiarazioni rese durante il processo.
Il motivo Ł dunque non consentito, in quanto confutativo in ordine alla consistenza degli elementi a carico e di mera contrapposizione dimostrativa, nonchØ manifestamente infondato.
2.3. Infine, la sussunzione dei fatti nella fattispecie di cui all’art. 624 cod. pen., sollecitata dalla difesa, non postula in effetti un errore di diritto da parte della Corte di
appello, ma muove semplicemente in concreto da una diversa ricostruzione della vicenda storica, come già sottolineato, argomentatamente esclusa dai giudici di merito.
Quanto alla richiesta di riconoscimento della particolare tenuità del fatto, occorre rilevare in primo luogo, come – prima ancora della novellazione dell’art. 131bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c) , n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – tale causa di non punibilità era già applicabile al reato di ricettazione attenuata ai sensi dell’art. 648, quarto comma cod. pen., a seguito della sentenza della Corte costituzionale, 21 luglio 2020, n. 156 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 del 22 luglio 2020 e, dunque, avente efficacia, ex art. 136 Cost., dal successivo 23 luglio).
L’atto di appello, datato 23 settembre 2020, risulta depositato il 28 settembre 2020.
L’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto Ł stata sollecitata formalmente ai giudici di appello solo con le nuove conclusioni depositate per l’udienza del 27 novembre 2023, ad integrazione delle precedenti note difensive, proprio al fine di aggiungere alle originarie richieste anche l’ulteriore sollecitazione ad «assol ai sensi e per gli effetti dell’art. 131 bis c.p.», alla luce dell’intervento della Corte costituzionale.
La deduzione – che avrebbe dovuto essere oggetto, ratione temporis , di uno specifico motivo di gravame – risulta, dunque, manifestamente tardiva, vertendo su un punto della sentenza non devoluto alla cognizione della Corte di merito (peraltro, in totale assenza di specifiche censure in tema di gravità del fatto o di trattamento sanzionatorio).
La decisione impugnata recepisce correttamente la deduzione difensiva (p. 2), anche se poi non svolge alcuna considerazione sul punto.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi tardivi, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poichØ tali doglianze restano viziate da inammissibilità originaria, quand’anche non espressamente riscontrata dal giudice di secondo grado (cfr. Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808-01, in tema di genericità delle censure, e Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME Scalora, Rv. 261616-01, in tema di tardività dell’intero atto di impugnazione).
Il quarto motivo di ricorso non Ł, quindi, consentito.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME