Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18915 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 16/02/1983
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’ 648 cod. pen., lamentando, in particolare, l’insussistenza dell’elemento soggettivo, non è consentito poiché non risulta connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. 591, comma 1, lett. c), cod. pro pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si veda pag. 3 della sentenza impugnata);
che il giudice di appello ha correttamente applicato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui «ai fini della configurabilit del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente» (In motivazione, la S. C. ha precisato che ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un “vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice ch richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita dell il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa)» (Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 01); “res”
considerato che il motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidiva è manifestamente infondato;
che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata dove correttamente si fa riferimento a plurimi reati della stessa indole commessi in un arco temporale circoscritto) dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si p e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influit quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
osservato che il terzo motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena è manifestamente infondato in quanto inerente al trattamento punitivo benché
sorretto da sufficiente e non illogica motivazione (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);
che, invero, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice
del merito, la graduazione della pena – sia con riguardo alla individuazione della pena base che in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previste per le
circostanze e per i reati in continuazione – sfugge al sindacato di legittimità
laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, in particolare, l’onere argomentativo del giudice può ritenersi
adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod.
pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una
specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, peraltro, l’uso del potere discrezionale non deve essere espressamente
giustificato nell’ipotesi in cui venga irrogata una pena in misura corrispondente al minimo edittale o prossima a tale minimo in quanto, proprio in ragione della ridotta
entità della sanzione determinata, è possibile desumere, anche implicitamente, in quale modo abbiano influito i criteri fissati dall’art. 133 cod. pen.;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso, che lamenta la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione previa esclusione della contestata recidiva, è manifestamente infondato, atteso che, alla luce di quanto precedentemente esposto, la circostanza aggravante di cui all’art. 99 cod. pen. è stata correttamente contestata ed applicata; pertanto, il reato ascritto all’odierno ricorrente non può ritenersi prescritto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 aprile 2025.